capitolo 44 È meglio

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A metà aprile, Emma si trova a metà della terapia.
Ormai diventata più dura ogni giorno che passa.

Mentre il primo mese aveva solo nausea e stanchezza, nel secondo il malessere è peggiorato drasticamente.
Ma i dottori hanno detto che è normale, che deve sopportare.

Nonché Emma si sia lamentata, ma i suoi occhi non sono mai stati capaci di mentire.
Capaci di violare anche l'empatia di dottori e infermieri.

Sospirando, cerca una posizione decente, facendo attenzione alla marea di tubi che porta sul petto.

Dai primi di aprile ha dovuto rinunciare alla sedia, dovendo stare sdraiata per tutto il pomeriggio.
Cosa che non cambia una volta a casa.

Anche lì è costretta a stare stesa per via della stanchezza o in ginocchio davanti al water ha rigettare veleno e angoscia.

Questa situazione ha stravolto completamente la sua vita.
Ormai va a scuola tre volte a settimana, se va bene.

Situazione che all'inizio era preoccupante, ma il preside ha saputo calmare Caterina, dicendole che basta che lei mantenga voti nella media per mantenere la borsa da studio.

In più le ha detto che potrà rimanere a casa quando non ce la farà più, potendo comunque fare gli esami di fine anno e prendere il diploma.

Offerta che dovrà presto accettare, perché il suo corpo mostra già segni di cedimento.
La consapevolezza che l'idea di stare seduta per cinque ore e passare da una classe all'altra, la stanca già ora.

La cosa strana in questa storia è che Emma non se ne preoccupa.
Lei che ha basato la sua vita sullo studio ora non ci pensa proprio.
Concentrandosi sul vivere un giorno alla volta.
Una lama a doppio taglio.

Perché è bello vivere di occasioni, cogliere l'attimo.
Ma si può davvero creare un futuro se esso non è nei piani?

E quando è avvenuto questo suo cambiamento?
Durante quale giro di chemio?

Sospira, muovendosi ancora un po', stringendo il libro di letteratura tra le mani.
Cerca di concentrarsi sullo studio, per non pensare al sapore acido in bocca e al dolore che si posa sui muscoli.

Come può la cura fare così male, Emma non lo sa.
Per quanto quella goccia che scende sia la sua salvezza, il corpo sembra negarlo.
Creando angoscia e sofferenza sotto pelle.

Alcuni giorni si sente forte, decisa a lottare.
Altri si lascia abbattere dalla stanchezza, si perde a guardare il soffitto, chiedendosi se ne vale la pena soffrire tanto senza la sicurezza che tutto ciò porti al lieto fine.

Questo male, il cui nome gratta la gola bel pronunciarlo, ti consuma non solo il corpo.
Ma anche le speranze e le certezze.

Per questo Emma cerca di studiare, si concentrarsi sulle scritte nere impresse nel libro.
Aggrappandosi a un qualcosa, per non cadere nell'angoscia.

"Ei piccola.
Ti disturbo?"

La voce della madre richiama la sua attenzione.
Spostandosi poi subito sulla destra della donna, dove un piccolo ometto la saluta con la manina.

E la prima volta che Thomas le fa visita in ospedale.
Ed Emma sperava che non succedesse mai, era stata ben chiara con la madre.

Si solleva più che può, coprendo con il lenzuolo il petto dove il push è ben visibile, decorato anche dal tris e dai fili che arrivano fino alle bottiglie.

"Perché l'hai portato?"

Emma ama suo fratello e vorrebbe averlo intorno ogni momento.
Ma non così, non con le in questo stato.

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