Capitolo 12 pezzi di lei

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"E ora che cominci il tuo volontariato alla struttura."
Ecco la bella notizia, notare l'ironia, ricevuta due giorni prima dal preside.
Oliver credeva davvero che bastasse alzare la media per risolvere ogni problema.
Ma aveva dimenticato quel misero dettaglio.
Il volontariato nella fattoria, per sollevare la sua condotta.
È sabato mattina e, invece di allenarsi per l'incontro di stasera, deve andare a questa dannata struttura.
"È un istituto di lusso, il migliore del suo genere.
Si occupa di aiutare e dare una istruzione adeguata a ragazzi con deficit.
Che siano fisici o psichici."
Aveva continuato il preside, mostrando foto della immensa struttura.
Ricca di accessori e spazi per attività divertenti.
Come equitazione, la sala degli scacchi e chi più ne ha più ne metta.
Oliver non ha mostrato chissà quale interesse.
È cresciuto in scuole ad alto conto finanziario.
Quindi tutto questo oro, mascherato da buone intenzioni, non lo tocca minimamente.
Tranne che per il suo ruolo in quel posto.
La fattoria.
Una riproduzione della "vecchia fattoria, ia ia o."
Per giovani con difficoltà, ma soprattutto per portafogli grandi.
Parcheggia sbuffando nella zona riservata.
Sbuffando ancora per lo spettacolo che si ritrova davanti.
Non c'è soluzione, i ricchi più sono ricchi, più hanno un ego smisurato.
Un po' come un uomo impotente, che si rifà con una bella macchina.
Finisce la sigaretta, schiacciandola sotto la suola della scarpa.
Sapendo che la sua giornata sarà simile ad essa.
Cioè una schifezza.
"Guarda tu che mi tocca fare."
E’ in ritardo di qualche ora.
Di fatto le attività sono già iniziate, ma poco gli importa.
La voglia di stare qui è pari a zero.
In realtà è da giorni che il suo umore è questo.
E non c'è bisogno di dire che come sempre la colpa è di Emma Lopez.
Scuote il capo, come se potesse far uscire dalle orecchie quella ragazza.
Ormai ha preso la sua decisione.
Emma Lopez sarà la sua tutor, nulla di più.
E lei gliel’ha fatto capire molto bene.
Passando dall'ingresso principale, mostra il cartellino che porta al collo.
Un pezzo di carta plastificato, di gentile concessione del preside, che ha un solo scopo.
Dire a chi lo incontra di non rompere le palle.
Diciamo che questo è il significato che da Oliver all'oggetto.
E lo esprime perfettamente, guardando negli occhi chiunque provi a chiedergli qualcosa.
Infatti il ragazzo, che per sfortuna quel giorno si occupa dell'accoglienza, ingoia a vuoto.
Chiedendogli solo se vuole informazioni.
"Si.
Dimmi dove devo andare.
E poi non rompere più le palle."
Lo sguardo letale è chiaro, e il ragazzino non se lo fa ripete.
Sulla lista cerca il nome di Oliver, affiancato al suo lavoro.
Fattoria.
Be’, in fondo ha un animale davanti che lavorerà con animali.
Ma questa battuta di poco gusto, il ragazzo se la tiene per se.
Si limita ad alzare il braccio, indicando un portone aperto dall'altra parte dell'entrata.
Che porta direttamente al giardino, dov'è già in corso il discorso del presidente dell'istituto.
Oliver raggiunge con calma il giardino.
Dove nota subito un piccolo palco, su cui un uomo sta parlando di chissà quale cazzata.
Oliver è abituato a questi personaggi.
Che in genere usano disgrazie, naturalmente altrui, per fare brillare la loro bella maschera morale.
Puttanate insomma.
"Come presidente di questo luogo, voglio presentarvi mio figlio.
Diventato da pochi giorni socio del consiglio studentesco, addetto alle iscrizioni.
Andreas Anderson."
Non è possibile.
Che cazzo di stronzata è mai questa?
Un ragazzo affianca il padre, sorridente e educato.
Ma Oliver conosce bene la sua faccia di merda.
Altro che se la conosce.
E’ il ragazzo di Emma.
Ma quanto può essere puttana il destino.
Si promette di non pensare a lei, e si ritrova davanti il bastardo che gliela strappata via.
"Vi auguro una buona giornata.
E spero ci possiate perdonare se non saremo con voi.
Ma purtroppo i doveri di capo consiglio chiamano."
E’ il pezzo di merda a parlare.
Tutto perfettino e di buone maniere.
Un motivo in più per odiarlo, la sua falsità.
La cosa positiva è che lo vede andare via.
Così non dovrà più vedere la sua faccia di merda.
"Ehi tu, spilungone?"
Sente una mano, che con fatica gli tocca la spalla.
Girandosi si trova davanti una ragazza, che sarà alta un metro e un tappo di bottiglia.
Lo guarda con braccia incrociate, sicuramente infastidita dallo sguardo divertito di lui.
"No, non sono una nana.
Né una bambina, né una folletta.
E se vuoi usare la battuta della pioggia, evita perché è passata di moda.
Quindi se non hai una battuta originale, taci."
Oliver quasi gli scoppia a ridere in faccia.
Che lingua biforcuta che la tipetta.
"Sai, sei alla giusta altezza per..."
Lei gli pesta il piede, non facendogli concludere la sua bellissima poesia.
"È vecchia che manco mia nonna.
Quindi ti sei giocato il jolly.
Ora andiamo, che non ho tempo da perdere."
Si volta, incamminandosi tra la folle.
Facendo ridacchiare Oliver.
Infondo quella nana da giardino gli ha illuminato la giornata.
"Guarda che non ti bastano i tacchi.
Ti servono i trampoli da circo."
Gli urla dietro di lui, aspettando che si incazzi.
Così, giusto per trovare un bel passatempo.
Invece lei si gira, con pollice alzato.
Sorridendo divertita.
"Questa mi è piaciuta, ma devi fare di meglio spilungone.
E mi sa che per essere così alto, il trampolo a te non l'hanno messo ai piedi."
Ritorna a dargli le spalle, facendogli segno di accelerare il passo.
Difficile prenderla sul serio, anche se sembra una nana malefica.
Si allontanano dalla folla, entrando nel vivo del suo scopo.
La fattoria.
E’ divisa in due zone.
Una parte dove ci sono animali da fattoria come capre, pecore, ecc...
Un'altra dove ci sono cavalli e poni e si può vedere già qualche ospite a cavalcarli.
Per quanto questo posto puzzi di ipocrisia è davvero ben fatto, notevole.
"Tu sei addetto ai pesi grossi.
Con la muscolatura che ti ritrovi, sei perfetto.
Quindi puoi iniziare da li."
La nana gli indica la stalla, dove quasi sicuramente ci saranno mangime e fieno, dall'odore che si sente.
"Comunque io sono Oliver, e tu come ti chiami?
Pisolo o dotto?"
Ok, è pessima.
Ma infondo gliel'ha detto lei di poter osare.
"Tesoro io sono uno dei sette nani, quanto tu sei bianca neve.
Comunque puoi chiamarmi Isa."
Sorride, porgendole la mano con fare teatrale.
"Anche il tuo nome è un diminutivo?"
Gli stringe la mano, facendo un inchino anche lei teatrale.
"Ebbene sì.
Il destino mi ha tirato un colpo basso."
Scoppiano entrambi a ridere.
È fantastico come questa ragazza usi su se stessa la stessa ironia creata per ferirla.
"Ora vado gigante, mi raccomando non sentire troppo la mia mancanza."
Lo saluta con una mano, lasciandolo al suo lavoro.
"Tranquilla, la mancanza sarà minima."
Ok, questa volta se si gira e lo manda a quel paese, ne ha tutte le ragioni.
E invece si limita a un bel medio, fatto di schiena.
"Pessima."
Scoppia di nuovo a ridere, per poi girarsi verso l'interno del magazzino.
Infondo questa giornata non sarà un fallimento.
Sarà un po' come allenarsi, e finendo verso le 16:00, ha tutto il tempo di riposarsi per la serata.
Su un muro, c'è una grossa lavagna
Su cui sono segnati i lavori giornalieri.
Quello di oggi è versare le sacche di mangime nelle giuste cisterne.
Su un tavolino malandato, appoggia la felpa con tutti gli effetti personali.
L'unica cosa che userà sarà MP3 e le cuffie, che si appresta a mettere in funzione.
In fondo prima finisce, prima potrà uscire da questo posto.
Sceglie con cura la giusta playlist, quella del "Imagine Dragon".
Ottima per sentirsi motivato.
I sacchi di mangime sono davvero tanti, quindi non perde tempo.
E inizia a lavorare.
Carica i sacchi, usando gli stessi moventi insegnati dà Al per sollevare i pesi.
Caricare sulle gambe e non sulla schiena.
La musica lo isola dalle urla di bambini al di fuori.
E gli permette di ripassare mentalmente le lezioni di Al degli ultimi giorni.
Si è presentato da lui ogni giorno, alla stessa ora.
In preparazione dell'incontro di stasera.
La sala era quasi sempre vuota.
O almeno vuota per quanto riguarda la persona che non voleva vedere.
Ed ecco che torna lei, che sia maledetta per ciò che ha fatto al suo cervello.
E evitarsi a scuola e al pub, non cancella assolutamente tutto.
Ma almeno sono sulla retta via della guarigione.
Anche se deve ammettere, che deve ringraziarla.
E’ grazie a lei se Al lo sta allenando, e sta facendo un ottimo lavoro.
Avere come addestratore un ex soldato, è un’ occasione più unica che rara.
Sa di non essere ancora perfetto.
Ma gli ha insegnato a non lottare con rabbia
Ma ad incanalarla in ogni colpo.
La disciplina, l'ordine, la tecnica.
Il tutto motivato dalle sue prestanze fisiche, e dalla rabbia accumulata dagli anni.
L'aria fredda che entra dagli spifferi, si scontra con il sudore, dando piacevoli brividi.
Non si fermo un attimo.
Carica, trasporta, scarica.
Un allenamento a catena ripetitiva.
Che dà il giusto effetto.
Infatti sente i muscoli bruciare e fortificarsi.
Sente la fatica, diventare una frusta.
Che lo spinge a lavorare ancora più duramente.
E così che si sente, per tutta la durata del lavoro.
Quando raggiunge la metà dei sacchi, si ferma, giusto per riprendere fiato.
Torna al piccolo tavolino, per bere in un sorso l'intera bottiglietta.
Gesto che gli graffia la gola, perché già lesionata da una forte respirazione.
Ma che gli dà un po' di sollievo dopo tutto il lavoro fatto.
Ed è pura casualità.
"THOMAS."
Una voce poco lontana urla, richiamando l'attenzione di Oliver.
Che si affaccia per cercare di capire perché quella voce gli è così famigliare.
Ma prima che possa collegare la voce alla donna.
Qualcos'altro attira l'attenzione.
Un bambino in ginocchio, stringe tra le braccia qualcosa.
Qualcosa che difende contro un cavallo imbizzarrito.
Che scalpita, pronto a colpirlo.
Oliver non ci pensa troppo, e corre verso di lui, parandosi tra l'animale e lui.
In un gesto veloce lo allontana, facendolo però cadere.
Ma non ha il tempo di preoccuparsi, che afferra le redini dell'animale, per spostarlo dalla direzione opposta.
Le tira verso il basso, diminuendo le capacità del cavallo di poterlo colpire.
"Buono, buono."
Continua a ripete, tirandolo giù con tutte le forze.
Finché il cavallo non si calma, grazie a chissà quale Santo che lo protegge da lassù.
Una volta sicuro, Oliver gli accarezza un punto tra gli occhi, che calma sempre di più l'animale.
Creando un legame tra l'animo scuro di Oliver, e il pelo folto e nero, dell'animale.
"Scusate, è scappato dalla stalla.
Tutto bene?"
Una ragazzo che avrà più o meno la sua età, gli parla.
Porgendogli la mano, in attesa che gli dia le redini dell'animale.
"Fate più attenzione.
Qualcuno poteva farsi male."
Gli urla addosso, passandogliele.
Non è una novità la mancanza di gentilezza di Oliver.
Soprattutto se si trova davanti degli incompetenti.
Infatti al ragazzo non resta che andare via, mortificato e a testa bassa.
Ma fa bene a essere mortificato, infondo poteva finire peggio.
Ricordandosi dell'accaduto si gira verso il bambino, che si trova a terra, tra le braccia di una ragazza.
Pensa che il destino ce l'abbia proprio con lui.
Perché quella ragazza è Emma Lopez.
La ragazza che sta evitando come la peste.
E così vuole continuare a fare, dandogli le spalle.
"Grazie.
Se non fosse stato per te, chissà cosa sarebbe successo."
Cazzo, se gli è mancata la sua voce.
Soprattutto questo suo tono emotivo.
Pieno di vita, anche se ricco di preoccupazione e paura.
Ma è la sua voce, e non quella meccanica e fredda che usa da giorni.
Si arrende a questa attrazione, girandosi di nuovo verso di lei
"Non ho fatto nulla di che."
Guardandoli, scopre finalmente cosa proteggeva con tanta gelosia il bambino.
Tra le braccia stringe un piccolo cagnolino marrone, che trema ancora spaventato.
"Tutto questo trambusto, per una palla di pelo."
Piegandosi sulle ginocchia, parla al bambino che però non alza lo sguardo dal cucciolo.
Forse perché troppo timido, forse perché non l'ha sentito.
Alzando lo sguardo su Emma, nota che sta fissando il punto in cui il cavallo lo stava per colpire.
E a terra nota un piccolo oggetto di silicone forse.
Sollevandosi dalle ginocchia.
Va recuperare l'oggetto, scoprendo essere una specie di auricolare.
E guardando Emma chiede in silenzio spiegazioni.
"Lui è mio fratello Thomas.
Ed è sordo muto."
E così si spiega tutto.
Il perché entrambi siano qui.
Perché non ha sentito ne lui né la sorella.
Perché quell'oggetto in mano.
Che ora sa essere un auricolare per sordi.
Emma gira verso di sé il fratello, chiedendogli a gesti se sta bene.
Ricevendo un segno affermativo.
Così si calmar e gli dice di andare dalla mamma, per recuperare l'auricolare di riserva.
Che fortunatamente lo porta sempre dietro.
Il bambino così si solleva, senza abbandonare il piccolo cucciolo.
Ringraziando a gesti Oliver.
Che si limita ad annuire, intuendo semplicemente quel gesto.
Non sapendo il linguaggio dei segni.
Rimasti da soli, Emma si passa le mani tra i capelli, cercando di scaricare tutta la paura accumulata.
E bastato un momento per perderlo di vista.
Per poi morire di paura, quando l’ha visto a terra, con quel cavallo pronto a colpirlo.
Ha urlato e iniziato a correre verso di lui.
Tornando a respirare solo quando ha visto Oliver salvarlo.
Si è lanciata su Thomas, con il cuore pronto ad esplodere.
Pronta a ingoiare le sue pillole, se non fosse per la richiesta del fratello di non farlo oggi.
Perché odia vederla in quello stato.
Il piccolo non sa delle condizioni della sorella.
Sa solo che quelle caramelle a lui proibite, la cambiano in peggio.
E odia vederla in quel modo.
Perciò Emma si è limitata a stringerlo a sé, assorbendo il suo profumo e il suo calore.
Fino a riuscire a calmarsi naturalmente.
Cosa in cui riescono solo il fratello e Lucas.
Oliver riesce a intuire il suo turbamento.
E decide di mettere da parte i rancori, per dargli un po' di sollievo.
"Quante capacità Lopez.
Ora dovrò aggiungere anche linguaggio dei segni."
Lei gli sorride grata, capendo bene le sue intenzioni di farla distrarre.
E decide di fare il suo gioco.
"Tu non sei da meno Johnson.
Giocatore di football, lottatore, presuntuoso.
E ora anche sussurri ai cavalli."
Sorridono entrambi, avvicinandosi.
"Hai dimenticato.
Bellissimo, intelligentissimo, sexy, forte..."
Si ferma, sentendo il rumore più bello del mondo.
La risata di lei, potente come un uragano che distrugge la città.
Che distrugge ogni certezza.
"Sicuramente non si può dire che sei modesto."
Parla, ancora sotto l'effetto della risata.
Richiamando lo sguardo ammaliato di lui.
Che le brucia le guance per quanto siano intensi i suoi occhi grigi.
Distolgono entrambi lo sguardo, ricordando la scottatura che si sono già fatti.
Decisi a non ricaderci più.
"Perciò lui è tuo fratello?"
Che domanda stupida, dettata dal disagio.
E quasi, quasi, Oliver vorrebbe prendersi a schiaffi da soli.
"Si, ha sette anni.
Ed è molto pestifero, basta un attimo di distrazione che combina qualche guaio."
Gli occhi di lei si illuminano mentre parla del fratello.
Si vede che i due hanno un legame speciale.
"Ma è il mio primo e unico amore.
E per lui farei qualsiasi cosa, qualsiasi."
Anche rinunciare alla propria vita, ma questo lo pensa solamente.
Segreto nel suo cuore.
Oliver vorrebbe chiedergli della situazione del fratello.
Ma si morde il labbro, non volendo risultare curioso e fastidio.
E lei ancora una volta lo legge come se fosse un libro aperto.
"Non è nato con un sindrome.
È successo a tre anni, quando ha preso l'orecchioni.
In ospedale non hanno saputo trattarlo come si dovrebbe.
E ciò ha portato al trauma di entrambi i timpani.
Il fatto che fosse così piccolo, l'ha costretto a imparare in fretta a usare i segni.
Dimenticando quasi del tutto l'uso del linguaggio.
Se non per le parole: papà, mamma e Em."
I suoi occhi sono lucidi, con piccole lacrime nascenti da un angolo dello sguardo.
Che Oliver vorrebbe asciugare con le dita.
E custodire questa nuova emozione, anche se è un po' triste.
"E tu?
Hai fratelli o sorelle?"
Aia, un tasto dolente quello che ha sfiorato.
Un tasto che in genere tocca molto i nervi, fino a farlo infuriare.
Ma non con lei.
Perché sa che non è un domanda indiscreta.
Ma un aggancio per tirarsi fuori dai pensieri tristi.
"No."
Cerca di non mostrare quanto questa domanda lo turbi.
Quanto il parlare della sua famiglia lo rendi così nervoso.
"Hai una aurea di mistero intorno, che attira le persone Oliver.
Ed è forse una tua grande qualità.
Ma ci sono persone che attiri anche per la semplice voglia di conoscerti.
Di sapere cosa nascondi dietro la corazza."
Mentre parla, gli prende la mano, in un gesto istintivo.
Che non aveva mai fatto prima.
Questo è un lato di Emma, che disarma completamente Oliver.
Non sembra nemmeno lei, tanto da pensare che sia la sua gemella.
Qui, nella natura, tra i suoi cari.
Mostra un lato di lei, che non crede mostri a chiunque.
E questo è un onore ma anche un peso per Oliver.
Che ormai affoga nella completa confusione.
"E tu?
Quale categoria di persona sei?"
Occhi negli occhi, ancora una volta si rifugiano nel loro limbo.
Nei baci che si sono dati.
Nei litigi, nelle ferite che si sono inflitti.
"Io sono solo una persona che cerca di sopravvivere in una tempesta."
Sussurra lei, con il cuore in mano.
E il respiro fermo in gola.
Lasciando ancora una volta decidere a lui se essere la tempesta, o l'ancora che la terrà a galla.
Stanno per entrare nel solito turbine di emozioni, che li affoga ogni volta che sono così vicini.
Se non fosse per delle urla che li richiamano.
"EM.
EM.
EM."
Emma riconosce subito la voce di suo fratello.
E sa che quando urla così la situazione è grave.
Abbandona la sua felicità, per correre verso il bisogno del fratello.
Cosa che farà sempre nella vita.
Oliver la segua a ruota, molto preoccupato anche lui per il piccolo Thomas.
Lo ritrovano seduto a terra, con in braccio ancora la palla di pelo.
Come a difenderla dal mondo.
Appena vede la sorella inginocchiarsi davanti a lui
Inizia a parlare con i gesti.
Ma in un modo talmente frenetico, che ne meno Emma riesce a decifrare.
"Non capisco amore.
Piano, piano."
Ma il fratello sembra preso dalla frenesia, e non riesce a rallentare i gesti che si ripetono.
E la madre che fa un passo avanti, cercando di spiegare la situazione.
"Il cucciolo che stringe, è il più piccola della cucciolata.
Perciò l'associazione ha deciso di mandarlo in qualche canile.
Thomas non vuole che succeda, ed è da mezzora che dice che vuole portarlo a casa."
Una situazione classica per un bambino, che vede un cucciolo e vuole portarlo a casa.
La madre si passa una mano tra i capelli.
Mettendo sempre più in evidenza l'assomiglianza con la figlia.
"Come si fa Emma?
La casa è piccola ed entrambe lavoriamo, chi si prenderà cura di lui?"
La madre è disperata, e anche Emma vorrebbe avere una soluzione.
Il fratello non ha vita facile, non è capriccioso anzi, spesso mostra una maturità estranea alla sua età.
Ed ora, negargli uno dei pochi desideri che ha, gli spezza il cuore.
Oliver, intuisce la durezza della situazione.
E decide di intervenire.
Si inginocchia davanti a lui, sperando che abbia l'auricolare aggiustato.
"Mi senti?"
Gli chiede, facendo il segno con la mano.
Felice che il bambino annuisca sicuro.
"Legge anche il labiale."
Gli suggerisce Emma, tranquillizzandolo.
Anche se non sa le sue intenzioni.
"Io ho una immensa villa.
Con un giardino stupendo, e molto tempo libero.
Quindi che ne pensi se lo prendo io, e tu potrai venirlo a vedere quando vuoi."
Il bambino guarda le due donna.
Mentre Oliver guarda il piccolo cucciolo tremante.
Un pastore tedesco, sicuramente di pura razza dato il luogo in cui si trovano.
Non gli dispiacerebbe avere la sua compagnia.
Il bambino, dopo aver "parlato", con la madre annuisce.
Sorridendo finalmente.
"Allora, come lo vogliamo chiamare?"
Il bambino si posa un dito sotto il mento.
Pensando al nome che più gli piace.
Fino a dirglielo a gesti.
Per fortuna c'è Emma come traduttore.
"Axel.
Vuole chiamarlo Axel."
Oliver sorride, prendendo tra le mani la piccola palla di pelo.
"Axel.
Si, mi piace."
Il piccolo Thomas di slancio abbraccia Oliver.
Lasciando tutti sorpresi.
Emma e la madre, perché non hanno mai visto Thomas così espansivo.
E Oliver, perché non si aspettava un gesto del genere.
Gli arriva ai fianchi, quindi Oliver si limita a scompigliargli i capelli con dolcezza.
Alza lo sguardo, incrociando quello lucente e brillante di Emma.
E prende una decisione.
Come il piccolo si allontana, Oliver si avvicina ad Emma.
Sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
"Se stasera vincerò.
Ti mostrerò cosa si nasconde, sotto la mia maschera di ferro."

Macchiati di Me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora