Decisioni

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Iniziava a fare buio sulla città dell'amore e continuava a piovere a dirotto da almeno tre giorni.
Sembrava non ci fosse rimedio alla tristezza del cielo, che in quei giorni aveva deciso di piangere tutto quello che si teneva dentro, a lungo e senza fine si stagliava quel grigio manto a tratti sfumato da nuvole nere di rabbia.
I tuoni erano uno sfondo dalla potenza brutale e sinistra che sembrava camminassero accanto alle povere anime che correvano in cerca di riparo e frantumassero la strada stessa ad ogni singola esplosione.
Nathalie camminava di ritorno verso la mansione a testa bassa stringendo nel pugno i manici della borsa che portava appena sotto l'ascella, i capelli lunghi legati da una crocchia improvvisata e lente, con le ciocche gocciolanti che le ricadevano ai lati del viso, le vesti fradicie e trasparenti che aderivano al suo corpo evidenziando la sua carnagione bianca come il latte e la figura scolpita.
Aveva le labbra rosse dopo averle morse per ore, leggermente più incurvate verso il basso del solito e gli occhi fissi intenti a non mostrare molto di sé.
In quel momento nemmeno era sicura di sentire tristezza o altro...
Aveva una sola domanda: Perché?
Perché ogni volta che voleva essere felice quella felicità le veniva strappata via come solo può una lama lacerare il petto?
E in più sembrava la volessero strappare dalla sua anima nella maniera più atroce possibile. Si sentiva davvero come se prima avesse qualcosa e dopo averglielo tolto lo ricucivano allo stesso posto di prima... con la differenza che lei non era più la stessa di prima.
E questo togli e restituisci la stava lacerando dentro, rodeva le parti più occulte e sensibili della sua anima lasciando spazio alle delusioni e ai rimpianti, che, andandosene avrebbe voluto sotterrare.
Rimpiangeva di essere Mayura, di volere il male di due ragazzini innocenti, di aver iniziato tutta quella giostra infernale della Miracle boxe e aver perso chi aveva di più caro nel tragitto: prima Emilie, poi Leo, adesso Abel.
Era talmente abituata alle mancanze che ormai nemmeno ne soffriva, di più strano le era qualcuno che tenesse a lei:
di fatto, Gabriel in tutto ciò si era rivelato essere, in questo senso, la colonna portante della sua vita.
Una vita che amava: compiacerlo, svegliarlo ogni mattina, preparargli il caffè e sedersi con lui, abbracciarlo quando lo vedeva collassare, anche solo ordinare le sue cose oppure consegnargli le cartelle come solo lei sapeva fare. Ripensandoci amava tutto di quella vita, dipendere da lui in quel modo avrebbe però aumentato, nemmeno a tanto lungo andare quel senso di malessere che pervadeva negli angoli vuoti della sua anima. Sembrava che Gabriel controllasse i battiti del suo cuore, il suo umore, persino quando lo voleva lontano lui trovava sempre il modo di starle vicino. Era un legame unico e raro il loro... anzi, inimitabile. Era sempre stata chiara con sé stessa a riguardo...
Non voleva legami.
E quello con Gabriel la spaventava oltremodo perché il disegnatore trovava sempre la maniera di farle infrangere le promesse che si faceva, non le serviva a niente imporsi delle distanze se le inseriva il dubbio ogni tal volta che solo la guardava.
Aveva dei sentimenti? Non lo spaeva nemmeno più. Era arrivata a quel punto di non ritorno dove non capiva se il non mostrare le emozioni fosse un vantaggio o uno svantaggio... non era riuscita nemmeno a fare a tempo a dire alla sua migliore amica o al suo amore quello che provasse realmente che l'aveva già perso.
Non è stata capace in quel lasso di tempo a dimostrare a Gabriel o al giovane Adrien quanto tenesse a loro: sentiva qualcosa dentro di lei dirle che presto la lotta per i Miraculous sarebbe terminata e sarebbe stata di troppo nella grande mansione.
E dopo che avrebbe fatto? Avrebbe cercato Abel? Avrebbero formato una famiglia?
Gran parte dei suoi pensieri andavano al Marine... era un soldato che girava per il mondo senza una meta fissa, almeno non per troppo tempo, in voce alla sua promessa sarebbe tornato sempre da lei, in qualunque remoto angolo si fosse mai potuta ritrovare.
E se le avesse chiesto di seguirlo? Lo avrebbe fatto?
Scosse la testa a quei pensieri rinnegandosi la risposta e guardò le sue mani pallide, le nocche sbiancate per la forza con la quale aveva stretto i manici.
Anche se... andarsene avrebbe reso possibile l'avverarsi dei suoi desideri? Lo voleva davvero?
Un tuono. due.
Seppur a piccoli passi aveva sempre coatruito sé stessa sui principi che credeva giusti, mattone dopo mattone, lottava sempre a guardia alta, con entrambe le mani.
Il rumore Non si trovava a suo agio da nessuna parte, non voleva parlare con nessuno per non doversi giustificare, almeno, non oggi.
Non avrebbe mai dovuto tentare di sottrarsi al passato e portarsi via quello che la rendeva felice, lo avrebbe recuperato con o senza altre voci in capitolo. Chiudersi in quella mansione che fungeva da prigione per la vera lei era invece stata un esempio dal quale apprendere e fortificarsi, le aveva limitato il contatto con la realtà, ma senza no avrebbe compreso mai quale fosse l'amore.
Camminò negli angoli della periferia dove si percepiva una palese puzza di marcio e fumo... superato quel quartiere passò svelta tra gli edifici e si appiattì per i vicolì stretti addossandosi alle mura umide dal profumo di muschio, una via rapida per aver accesso a quella parte nascosta della città, che avevano coronato, per certo i momenti più belli della sua vita quando era piccola.
Si calò da una scaletta in ferro arrugginita parte della parete grigia e priva ormai dell'intonaco da tempo caduto...dette un piccolo salto sorridendo allo stesso tempo che prendeva un respiro e si strinse in un abbraccio a sé stessa mentre passava per le stradine desolate che facevano trasalire, dall'asfalto, il calore di quella giornata atrocemente caldo umida.

〖Shallow𝄞〗 𝑮𝒂𝒃𝒆𝒏𝒂𝒕𝒉 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora