Parigi è più bella quando piove

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Gabriel guardò l'aereo sparire nel cielo e con lui quell'emozione potente, anche se da un pò aveva smesso di pensarci. Spinse la porta in vetro e fece un passo per uscire, chi lo presidiava si era allontanato per fronteggiare un altro problema, il resto del mondo era così vuoto eppure, con quella sola essenza lo faceva affogare. Ma non era colpa di nessuno se non era riuscito a fermarla, era solo sua e lo accettava. Che ne sarebbe stato di quella mansione già triste e austera? Ma soprattutto che ne sarebbe stato di lui? 
Come se si fosse trattato di un soldato ferito in guerra camminò, o meglio si trascinò, a passi stanchi e forzati su quell'asfalto che rigettava un calore infernale, assieme all'umidità tremenda tipica dei temporali di metà agosto; sembrava senza un'anima, come se avesse ricevuto l'ennesima sconfitta, dove stavolta gli era stato tolto qualcosa di veramente importante. Camminò fin quando la tettoia non fu terminata e la pioggia, a cascata libera e fredda, ricadutagli addosso con imponenza...
Sospirò e abbassò la testa, si perse nei palmi nelle mani: cos'avrebbe dovuto fare della sua vita d'ora in avanti? Avrebbe dovuto cogliere l'occasione e staccarsi da qualsiasi cosa potesse farlo finire come prima? O al contrario avrebbe dovuto riprendere con più decisione il progetto iniziale di riportare Emilie da lui? E se avesse avuto l'opportunità di cambiare le cose con Nathalie grazie al desiderio scaturito dall'unione di quei due Miraculous?
Sfiorò con un dito la spilla sotto al foulard e, ad alzare lo sguardo si perse nella nebbia che si stava facendo fitta attorno a lui:  i rumori ovattati e distanti, i passi e le grida della gente che occupavano un ruolo tanto futile dal sentirsi appena.
-"Maestro..."
La pioggia aveva ormai inzuppato completamente i suoi abiti e reso i capelli un disastro; si tolse gli occhiali e si massaggiò il setto nasale:
-"Ti prego non adesso..."
-"Ma è importa-"
-"Ho detto non ora!"
Tuonò indossando gli occhiali allo stesso tempo che la sua vista sembrava iniziare a tradirlo; Noroo solo si zittì e rientrò nel Miraculous.
I banchi di nebbia si riversavano attorno a lui, diradati appena dalla pioggia insistente che stava cadendo mentre iniziava a fare buio... 
Sentì alcuni passi avvicinarsi e, stringendo gli occhi cercò di definire la figura scura in lontananza farsi più vicina.
Sentiva una voce nella sua testa ripetere frasi incoerenti e parole poco capibili, un ammasso di suoni che divennero ben presto un vortice. Scosse la testa e tentò di guardare oltre... un banco di nebbia gli impediva di vedere chiaramente, quindi ignorò quelle voci calde e allo stesso tempo tetre, voltandosi disposto ad andarsene: era troppo per lui, lo sarebbe stato anche chiedergli solo di restare.
Un silenzio tombale aleggiava: quei passi si erano fermati, quelle voci nella sua testa si erano zittite, il vuoto era tornato ad instaurarsi dentro di lui con aggressività... 
Strinse i pugni e improvvisamente, quando tutto sembrava aver ripreso la propria pace, in un inquietante e oscuro silenzio sentì una voce trafiggere quell'aria atroce e colpirlo con un impatto fuori dal normale.
-"Gabriel!"
Gli si gelò il sangue e si bloccò incapace di muovere un muscolo: dietro di lui non c'era nessuno.
Iniziò a tremare con forza... Non poteva essere possibile, stava impazzendo o doveva essere uno scherzo dato dalla fatica e dalla ferita della sconfitta... quell'ultima delusione lo aveva reso vulnerabile e non se la sentiva di girarsi e trovare solo il vuoto, come innumerevoli volte, negli ultimi giorni era capitato.
-"Gabriel..."
Quella voce soave che amava tornò a chiamarlo, e con ogni singola cellula del suo corpo che solo desiderava rispondere a quella chiamata e tremava scioccata si voltò lentamente, sforzandosi di non crollare, di rimanere forte, con una postura retta adesso ridotta a un fascio di nervi.
La figura era ancora lontana, circa una cinquantina di passi: come lui la pioggia l'aveva colta bagnandole gli abiti e i capelli che ricadevano sciolti e ammazzettati sulle spalle ma quegli occhi turchesi avrebbe potuto riconoscerli ovunque.
Un sorriso rapido, triste ed effimero gli attraversò le labbra, ma sparì quasi istantaneamente... per quanto non volesse ammetterlo a sé stesso era un sogno e lo sapeva.
Desiderava fosse reale, desiderava più che mai essere arrivato a tempo, stringerla, ma non era stato sufficiente, forse niente sarebbe mai stato sufficiente per raggiungerla.
Allungò una mano come se volesse afferrarla e gridò:
-"Vorrei tornare indietro non lo capisci? Perché devi sembrare tanto reale?"
Replicò furioso e sull'orlo dell'esasperazione, con una lacrima ribelle che si faceva strada sulla sua guancia destra.
La mora sorrise e i lucciconi agli occhi diventarono lacrime... iniziò a fare qualche passo più vicino a lui e il disegnatore copiò inconsciamente la sua azione sempre più incerto se fosse un sogno o meno. Erano state una serie di illusioni a precedere quel momento e sapeva che anche questa lo sarebbe stato: erano state tutte visioni alimentate dall'alcol, dalla confusione tra ciò che il suo Super-io gli mostrava all'addormentarsi e ciò che lo portava a divagare quando rimaneva sveglio ma con la testa altrove... 
e si trovava in uno stato di tale miseria che era incapace di distinguerli e allora preferiva non farlo, piuttosto farsi cullare dall'effimero piacere dell'alcol. Era sempre lo stesso sogno ma in uno stato che andava dal dormi-veglia all'essere completamente sveglio: come se la vedesse lì ma quando arrivava a prenderla si scontrava con la realtà amara e fredda... 
E lo distruggeva.
Iniziò così a correre come se si fosse trattato di un bambino pieno di timori e speranze...
La voce gli si troncò e i suoi occhi si cristallizzarono mentre deglutiva a fatica: voleva crederci per un momento anche se si fosse trattato di una visione, mosso da quella presa sul cuore che si alleggeriva sempre di più.
-"N-ath?"
Balbettò.
La donna che se ne stava davanti a lui assentì, i passi si fecero una ventina circa; le guance bagnate dal commisto di lacrime e pioggia si fecero chiare e apparse quel suo meraviglioso sorriso, quello che la tradì, delimitato dall'intenso rossetto bordeaux.
Gabriel non potette più aspettare e corse verso di lei più rapidamente, Nathalie fece lo stesso per quella distanza che sembrava non finire mai: con il cuore di entrambi distrutto e determinato a scoprire se era solamente un gioco della mente contro il tempo maledetto che correva senza sosta e in quel momento si era di colpo fermato solo per loro due. Era un pò quella forza rara che nessuno sapeva spiegarne la provenienza: solo loro due, su quel piazzale, sotto la pioggia torrenziale, con il desiderio che gli divorava l'anima e il corpo, con i battiti del cuore a mille.
Nathalie si gettò tra le sue braccia con energia, con un leggero salto incrociò le gambe attorno al suo addome e lo stilista la strinse con forza, bisogno e amore al suo petto accarezzandole la schiena con le dita.
Non potettero più aspettare: Nathalie si strinse al suo collo e lasciò che le sue labbra ricadessero sulle sue in un bacio che entrambi avevano tanto atteso e desiderato con tutta l'anima; dapprima un bacio lento, poi affamato dove le loro lingue si cercarono disperatamente.
Si separarono per la mancanza d'aria ma Gabriel la guardò, col fiato corto, come se stesse contemplando un'opera d'arte tra le più inestimabili.
-"Sei tu..." 
Mormorò ancora incredulo intensificando quella stretta allo stesso tempo che nascondeva il viso nell'incavo della sua spalla, proprio dove sentiva perfettamente quell'aroma che ormai l'aveva fatto impazzire assieme al battito del cuore di lei: si sentiva morire di felicità al sentirla così vicino, così reale.
-"Non sei un sogno, sei quì..." 
Qualche altra lacrima gli rigò il volto stanco e stremato.
Appoggiò la guancia nello spazio tra la sua spalla e il seno e la guardò dritto negli occhi, nonostante gli occhiali di entrambi fossero pieni di goccioline brillanti che gli offuscavano la vista. La fece scendere ma Gabriel la mantenne ancorata al suo petto prendendola per i fianchi e poggiando la fronte sulla sua.
-"Com'è possibile Nath? Io... io ho senti-"
Fu zittito da un bacio rapido e profondo, le dita della segretaria accarezzarono gli angoli della bocca dello stilista e si posarono poi sulle sue guance dove gli regalò una carezza d'amore.
-"Nath..." Mormorò.
Nathalie aveva i battiti del cuore a mille e quel casino di sentimenti che fino a pochi minuti prima le martellavano nel petto per uscire adesso erano crollati, assieme alle difese e a qualsiasi altra barriera che l'avevano tenuta ancorata a una parte vuota di sé per troppo tempo, impedendole di mostrare la persona nascosta dietro a quella sua sfaccettatura apatica e quell'insulso tailleur firmato.
-"Non ce l'ho fatta Gabe, non ho potuto..."
Un singhiozzo la interruppe:
-"Non ho potuto lasciarti andare."
Ammise abbassando la testa.
Gabriel sospirò e si avvicinò di nuovo alle sue labbra sussurrando:
-"Perché? Cosa ti ha bloccato?"
-"Io ti ho sentito Gabriel. Era come se la spilla sul petto mi facesse provare di nuovo tutto quello che cercavo di nascondere e...
ho sentito la tua voce chiamare il mio nome. Se avessi ascoltato la tua voce un'altra volta non ce l'avrei fatta, io..."
Gabriel colmò quel vuoto creatosi nelle sue parole con dei piccoli baci sul collo che sempre la facevano sciogliere e dimenticare tutto, rendendo le parole dette dall'assistente polvere.
-"Lo vedi Nath? Non possiamo stare lontano..."
-"Gabe-"
Mormorò mentre il disegnatore si perdeva sulla sua pelle nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla per poi scendere verso la scollatura con una carezza lenta e sensuale. La strinse di nuovo, stavolta non disse niente perché solo l'idea di perderla ancora lo spaventava a morte.
L'afferrò dalla mascella e le piantò un bacio tremendo mentre la pioggia ricadeva su di loro con la stessa insistenza:
-"Ti prego dimmi che hai preso una decisione... che resterai quì con me, con Adrien e che sarai mia. Io non posso dimenticare niente di quello che è successo, nemmeno se fosse Emilie a chiedermelo lo farei, sei entrata nel mio sistema Nath, sei semplicemente entrata in questo girone di pensieri e adesso nemmeno volendo riuscirei ad escluderti..."
Nathalie si separò da lui e strinse le sue mani fredde con calore, spalancando gli occhi al non sentire la fede al dito del suo capo: Confusa guardò la mano dell'uomo che amava avendo la conferma che le sue parole fossero sincere e sperò con tutta l'anima che anche i suoi gesti lo fossero e non dovesse poi pentirsene. Gabriel se ne accorse e strinse le sue mani con fermezza come per richiamare la sua attenzione e confermare quell'insicurezza.
-"Mi è chiaro che non posso e non voglio vivere senza di te, ma ho paura Gabe, ho paura di amare e soffrire ancora... io non ne sono capace io... non sono sicura di essere la donna che davvero vorresti al tuo fianco."
La baciò di nuovo con necessità e Nathalie si lasciò trasportare, lo amava irrimediabilmente tanto, come non avrebbe mai potuto amare nessun altro uomo, tra le sue braccia si sentiva al sicuro, al minimo contatto delle sue labbra sulla pelle i suoi dubbi sparivano... Gabriel Agreste era la cosa più bella che potesse essergli successa nella vita, e avrebbe dovuto affrontarla a testa alta nonostante facesse male non sentirsi all'altezza o sentirsi una traditrice...
Non le importava più: aveva scelto l'amore anche se le ferite non sarebbero guarite tanto in fretta. Gabriel si sarebbe incaricato di baciarne ognuna... che fossero ferite o cicatrici, sull'anima o nella pelle. 
-"Non voglio al mio fianco una copia di Em, voglio te. Mi ci è voluto tanto per capirlo: sono un cieco, un idiota ma voglio che tu capisca che non sei più sola Nath e che l'unica cosa che voglio indietro da questa vita bastarda è il tuo sorriso. Ti voglio come non ho mai desiderato niente, perché voglio essere l'unico che si sveglierà accanto a te d'ora in avanti, perché mi sono innamorato di Nathalie Sancœur e di Mayura: della mia stupenda pianista dagli occhi turchesi e i capelli cobalto."
Ispirò profondamente e le lasciò un bacio in fronte:
-"Per questo aspetterò tutto il tempo del quale avrai bisogno, ma nel frattempo..."
La portò di nuovo più vicino e le lasciò un succhiotto dietro all'orecchio che accellerò i battiti del cuore della segretaria in un solo sospiro:
-"Lascia che sia il tuo cuore a decidere." 
Sussurrò al suo orecchio mordicchiando quel pallido collo.
-"Questo è giocare sporco Agreste." 
Risero del loro piccolo gioco, pelle contro pelle, negandosi di potersi separare: Gabriel la strinse per la vita e le lasciò un rapido bacio sulle labbra allo stesso tempo che Nathalie poggiava le mani sui suoi pettorali:
-"Sei davvero tornata indietro per restare?"
Chiese con timore.
Nathalie giocò con la camicia fradicia dell'uomo spostandone le pieghe con gli indici e, così facendo toccando la pelle del suo capo che grugnì in risposta.

〖Shallow𝄞〗 𝑮𝒂𝒃𝒆𝒏𝒂𝒕𝒉 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora