Limen vuol dire soglia ed è facile confonderlo con limes, che significa confine, proprio com'è facile sovrapporre i due concetti, anche se sono diametralmente opposti.
La soglia è qualcosa da varcare, il confine è qualcosa da non attraversare, se no...
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- Cinque minuti, Signor Moore. -
Alle mie spalle, un breve rintocco sulla porta, anticipa il richiamo di qualche assistente. Eppure la situazione non cambia, noi continuiamo a baciarci senza staccarci di un millimetro. E con più foga.
Mi sento come sospesa: dove finisce la prova e dove inizia la volontà di scambiarci questo bacio? Non lo so. In quest'istante non so più niente, ma va bene così. È tutto confuso, come sono mescolati i nostri respiri ed i nostri sapori, come sono intrecciati le nostre lingue e i nostri corpi.
Porca Sonia, che bacio. Potrei davvero andare a fuocoda un momento all'altro. Non me ne stupirei affatto.
- Signor Moore? - chiede ancora la voce, ad un volume più alto, stavolta; ed è in questo momento che con dolcezza il bacio termina e lui appoggia la fronte sulla mia, mentre ha ancora gli occhi chiusi e le mani circondano i miei fianchi con una presa così salda che mi fa rabbrividire.
- Sì. Grazie - dice con voce roca e, nel frattempo, chiunque ci abbia interrotti si allontana.
Quando riapre quegli occhi taglienti mi osserva in silenzio, per un momento lungo un'eternità. Non c'è sfida, non c'è dispiacere, nel suo sguardo: c'è sorpresa.
- Ti ringrazio, V -
- Fi-figurati - è tutto quello che riesco a rispondere, tentennando, per giunta. Facciamo che questa è la terza Vivianata, porca Sonia.
- Ovviamente, stiamo sognando - aggiungo, per rimediare.
Uno di quei sogni che ti fa svegliare col sorriso sulle labbra e ti lascia il buon umore per l'intera giornata, ma è pur sempre un sogno.
- Chiaro. È lavoro - mi dice lui, accompagnando la risposta con il suo sorriso mozzafiato.
Non sorridermi così, che qui continuiamo a lavorare, altrimenti.
- Dovresti... dovresti mettermi giù - dico distogliendo lo sguardo, e abbozzando un sorriso per dissimulare l'imbarazzo, mentre lui annuisce e mi posa a terra gentilmente.
- Grazie davvero. E scusa se ho fatto lo stronzo - continua, aprendo lentamente la porta e facendomi trovare, ancora una volta, tra lui e l'uscio del camerino, visto che il suo braccio teso è appena dietro di me.
- Tu lo sei, Sky Moore - ribatto sorridendo e andando via, lasciandomi alle spalle il suo sorriso e il suo profumo da spaccone.
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