Sento il brusco freno delle ruote del treno sulle rotaie, ed il treno si ferma qualche istante dopo, andando sempre più piano fino a fermarsi. La gente comincia ordinatamente a mettersi in fila e scendere dopo aver tirato fuori i propri bagagli, così come fa papà.
Prende le due valigie più grandi ed un borsone, indicandomi un altro borsone e i due trolley più piccoli a poca distanza. Li afferro saldamente per poi mettermi il borsone su una spalla, e scendere dal treno seguendo la fila.
Papà è accanto ad una panchina che mi aspetta sistemandosi il cappello nero che indossa.
Appena lo raggiungo ricominciamo a camminare, poi finalmente dopo qualche minuto ci sediamo in un taxi. Dopo che ha detto al tassista l’indirizzo della nostra nuova casa mi rivolge un sorriso e partiamo.
-Che ne pensi di New York?- mi chiede mentre ammiro i fiocchi di neve che scendono dal cielo fino a sopra i tetti. Ci sono così tante persone per strada e così tante luci, è davvero piena di vita. E a me piacciono i posti affollati, mi piacciono da morire.
-Davvero bella.- risposta semplice, come sempre d’altronde. Ogni città era ‘davvero bella’, ma mai nessuna è riuscita a catturarmi davvero. E non intendo solo la città in sé, parlo anche delle persone.
Papà non sa di lui, non sa che è qui. E nemmeno lui sa che io sono qui. Sbuffo e torno alla realtà, pensando a quanto sia crudele il destino.
-Ti prometto che non ci trasferiremo più per un po’.- sussurra l’uomo che mi somiglia molto, spostandomi una ciocca di capelli mori dietro l’orecchio rigorosamente infilato nel cappello di lana fatto da nonna.
Papà è un giornalista, quindi a causa del suo lavoro ci siamo trasferiti in vari posti. Siamo originari di Bristol, ma ci siamo trasferiti in America quando io avevo circa cinque anni. Ho vissuto poi a Dallas, Washington, Los Angeles e Seattle.
A New York non ci sono mai stata, ma mi piace l’idea di vivere nella grande mela tutto sommato.
Arriviamo davanti alla nuova casa dopo circa quindici minuti di tragitto, scarichiamo tutti i bagagli e li portiamo dentro man mano. La casa non sembra un gran che da fuori, è semplice. Bianca con la porta in legno scuro, poi una volta dentro posiamo i bagagli e ci guardiamo intorno.
Ci sono due piani: al primo ci sono cucina, salotto, sala da pranzo, uno studio e un bagno.
Invece a quello superiore un altro studio, due bagni, due camere da letto e una cabina armadio.
Mi fiondo nella stanza più grande, già arredata con i mobili che avevamo nell’altra casa.
Questa stanza mi piace molto, è metà in sottotetto e metà normale, con un parquet in legno chiaro che si abbina al bianco crema delle pareti. È un colore che mi piace tantissimo, mi fa calmare e l’ho scelto proprio io.
C’è una scrivania sulla quale appoggio subito il mio computer, e poi tiro fuori le luci a led dal mio trolley che contiene vari soprammobili e cose.
Un filo lo metto attorno ad una finestra, uno sull’altra e uno sopra la testiera del letto, perfetto. Al centro della stanza c’è un tappeto rotondo abbinato alle tende e al resto della stanza. È molto simile alla mia vecchia camera, ci mancano solo un po’ di foto da appendere alle pareti, ma me ne occuperò più avanti.
Dopo aver sistemato un po’ di cose vado a letto siccome sono molto stanca, abbiamo cenato in treno e ormai sono le dieci di sera.
Mi svegliano i raggi di sole che entrano dalla finestra disturbando i miei occhi ormai abituati al buio più completo.
Quando i miei occhi verdi possono finalmente intravedere qualcosa, anche se molto sfocato, mi metto seduta stiracchiandomi dopo la lunga notte di sonno rigenerante. Mi ci voleva proprio, era da un po’ di giorni che non dormivo così.
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Fanfiction-Parli davvero così tanto?- sbotta roteando gli occhi. Mi ha davvero detto una cosa simile? Che cazzo gli ho fatto io? Mamma mia, volevo solo essere gentile e magari fare conoscenza con qualcuno. ------------ -Perché nessuno ha davvero bisogno di me...