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Cecil

Lo so, non dovrei farmi castelli in aria e paranoie; ma è più forte di me, sono super pensierosa riguardo alla possibile idea che io sia incinta di Dre.
Mi immagino un piccolo bimbo che corre in giro per la nostra casa, ma a volte mi capita anche di immaginare una bambina con dei stupendi riccioli marroni e dagli occhi verdi.
<Senti qualche sintomo?> Mi chiede, ormai da qualche giorno a questa parte.

No, non sento niente. Sono passati cinque giorni, forse è ancora presto.
<No, Dre. Sto bene> sospiro, sorridendo alla sua preoccupazione.
Le mie sorelle lo sanno, e quando gliel'ho detto ho ricevuto un espressione impaurita.
Non credo che fossero pronte a diventare zie, ma hanno già incominciato a fantasticare sui nomi, quindi si, si stanno abituando ad una possibilità.

<Tu, insomma... Come ti senti al riguardo? Cioè, pensi a qualcosa? > Chiedo, un po' impaurita.
<Si, a volte>, dice.
<Cosa?> Continuo con il mio terzo grado. <A come potremmo essere in tre. Se magari tu fossi davvero incinta o no>. Si gratta la nuca imbarazzato, e io cerco di rassicurarlo, prendendogli la mano sopra il tavolo.
<Ci sono volte in cui penso che sarebbe meglio se io non lo fossi, e poi ci sono altre in cui fantastico un po'> ridacchio, lasciandomi un po' trasportare dal momento.

Diventare mamma è un grande impegno e responsabilità.
Io non avendone mai avuta una del tutto 'vera', vorrei che i miei figli potessero ricevere tutto l'affetto che meritano.
Non vorrei metterli in difficoltà, non gli alzerei le mani come ha fatto Adelaide con me.
Non li offenderei, ma piuttosto accetterei tutte le loro idee.
Più o meno tutte.
<Lo so, pensi che le tue sorelle non mi abbiano detto che state fantasticando sui nomi?> Mi stupisce, facendomi divertire.

<Oh, ma andiamo! Anche tu lo fai ci scommetto>, dichiaro, incrociando le braccia al petto.
Attualmente sono a casa mia, nella mia camera con lui, che parlo della mia presunta 'gravidanza'.
<Non sempre, perché c'è comunque la possibilità che tu non lo sia>.A volte non capisco se lui voglia davvero un figlio oppure no: a volte tende a fantasticare, e a volte invece vuole ritornare di colpo con i piedi per terra, rimettendo anche me in fondo.

Mi scoraggia molto questo suo atteggiamento 'anti gravidanza'.
<Lo so, ma sono una donna; è impossibile non pensare ad un eventualità per me. Sono io che lo porterò in grembo in caso, sono io che gli darò la vita, non tu. Quindi si, penso spesso a questa eventualità e a tutti i cambiamenti che può portare>, ribatto, con un tono un po' irritato.

La fa facile lui; se tutto gli va bene può anche scappare, ma io no, non lo farei mai.
<Credi che per me sia facile forse? Lo so, so benissimo che dovrò affrontare il tutto insieme a te, è che... non è facile>. Mi alzo dal letto, colpita dalle sue parole insicure e incerte ancora un'altra volta.
Ecco, è in questi momenti che non capisco se lo voglia davvero.
<Perché non è facile? Potrebbe esserlo se solo ci mettessi un po' di buona volontà. Secondo me, tu pensi, anzi speri, che io non lo sia: non vuoi avere nessun figlio>.

Non sono stupida, lo conosco meglio di chiunque altro; so quando qualcosa non gli piace: cerca sempre in tutti i modi di negare l'evidenza.
Si passa una mano fra i capelli, sospirando esausto.
<Vuoi una risposta sincera?> Chiede, facendo aumentare la mia paura.
Nonostante la mia paura, non posso non affrontare la verità, soprattutto ora.
<Si>, deglutisco.
<Non sono sicuro di potercela fare, non sono pronto per poter fare il padre. Cazzo, ho solo ventidue anni>, esclama.

Scuoto la testa delusa, sentendo già salirmi le lacrime agli occhi.
Non mi serve a niente la speranza con lui. <Mio padre ha avuto tre gemelle a ventun'anni, perciò prima di dire di non poter fare qualcosa pensaci due volte, stupido>, lo insulto, non curandomi per niente della sua tensione. Crede che io sia perfetta forse?
Che voglia ripetere gli errori di mia madre?
Non voglio essere come lei, soprattutto non con i miei figli, un giorno.

Esco dalla camera con il nervosismo a mille, scendendo le scale di fretta per andare a farmi un bel caffè.
Magari mi può aiutare con lo stress. <Che succede?> Domanda Danielle, guardandomi dal divano con un giornale in mano.
<Sono incazzata e delusa, ma poi ti spiegherò>, le comunico, accendendo la macchinetta.
<È per il bambino? O bambina, sempre se sarai incinta>, commenta, alzando le mani in aria.

<Esatto>, annuncio, mettendo la tazzina in posizione corretta.
Suonano al campanello, quindi Danielle va ad aprire.
<Buongiorno stronzette>. Buongiorno anche a te, cara Regina.
<Ho preso dei muffin caldi, anche se ormai sono le sette del pomeriggio> commenta, togliendosi gli occhiali da sole quando non c'è sole.
<Come sta il mio futuro nipotino? > Sogghigna, mia sorella, facendomi alzare gli occhi al cielo.

<Non sono incinta, o almeno, non lo so ancora>, dico, sospirando.
All'improvviso, Regina, riceve una chiamata da parte di nostra madre, quindi risponde: <dimmi, Adelaide> risponde, usando un tono beffardo per irritarla.
<Maledizione, mi sono dimenticata! Si, arrivo subito>. Ma dimenticata cosa?
Chiude la chiamata e prende le chiavi dal bancone. <Vado a prendere i nostri fratelli. Mi sono dimenticata, merda>, esclama, correndo fuori di casa.

È vero, gli avevamo promesso una serata insieme l'altro ieri, ma poi non ci siamo potuti vedere.

<Ehi>. entra in cucina, Dre, salutando Danielle.
<Ehi, come va?> Cerca di creare un discorso Danielle, tirando fuori le patatine fritte dal congelatore.
<Bene, i tuoi fratello verranno qui?> Mi domanda, appoggiandosi al bancone con i gomiti. <Si, dobbiamo preparare da mangiare per loro>, gli spiego.
Non mi va di lasciarli a digiuno: ci scommetto che mia madre li tiene a stacchetto.
Io e Danielle decidiamo di preparare qualcosa semplice ma buono: gli hamburger.

Dre è rimasto seduto nel divano, chattando al telefono come se tutto fosse normale tra di noi.
L'ho controllato parecchio durante le ore passate a cucinare, e non l'ho beccato a guardarmi neanche una volta.
<Io vado al dormitorio>, se ne esce così, alzandosi dal divano.
Non ha neanche voglia di chiarire con me, assurdo.
<Va bene>, sospiro, andando verso di lui per salutarlo.
Dre sta diventando incomprensibile per me, ogni volta che mi sembra di capirlo mi  ricredo subito.

<Ci vediamo domani>, mi lascia un bacio sulla guancia, per poi prendere la giacca sul divano e andare via, lasciandomi un peso nel petto non indifferente.

CecilDove le storie prendono vita. Scoprilo ora