15.

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1 mese dopo.

Ormai avevo perso il conto di quanti giorni ero qui, non avevo più la cognizione del tempo, ero smarrita nel silenzio più totale.
Faceva un po' paura come tutto poteva finire in un attimo, come le cose cambiavano, le persone.
In tutto questo tempo, davo voce ai miei pensieri, guardavo il soffitto e parlavo di qualsiasi cosa.
Non ricordavo alcune cose, avevo letteralmente dei vuoti di memoria ma era normale dato quello che mi aveva diagnosticato il medico.
Amnesia.
Buffo vero, come funzionava la memoria?
Certe cose non riuscivo a ricordarle e altre non le dimenticavo.
E non avevo smesso di pensare a quei dannati occhi neri come la pece, a quei capelli corvini che emanavano un profumo meraviglioso e che mi avevano solleticato il viso tante volte.
Pensavo alle sue labbra che si erano posate sulle mie non solo per salvarmi la vita ma anche per baciarmi e togliermi il fiato, giusto perché era stata una sua decisione.
Io e lei eravamo legate, ci avevano soprannominato le gemelle siamesi, come due anime fatte appositamente per stare assieme.
Ma io non parlavo di questo, parlavo di qualcuno che non ti sceglieva.
E non lo sceglievi.
Arrivava.
Di qualcuno che entrava nella tua vita e di cui poi non potevi più farne a meno.
Parlavo di un amore che cresceva senza che tu te ne accorgevi, dopo una vita passata ad odiarsi e a cercare di uccidersi senza sosta.
Un amore che quasi combattevi perché andavano di mezzo anche i sentimenti, dato che non volevi provare per la paura di soffrire.
E gli mettevi i bastoni tra le ruote.
Lo allontanavi, lo maltrattavi e alla fine lo ritrovavi ancora lì.
Davanti a te intatto, senza un graffio.
Lì che ti guardava e aspettava che tu capivi appieno.
Parlavo di qualcuno con cui il tempo non esisteva, che ti lasciava senza respiro e che te lo toglieva quando si allontanava da te.
Veleno e antidoto allo stesso tempo, parlavo di qualcuno che era i tuoi pensieri, i tuoi gesti, i tuoi respiri.
Parlavo di qualcuno che era te, di qualcuno che se lo guardavi in silenzio ci vedevi che eri tu, e che a volte ti faceva paura, perché era come guardarsi ad uno specchio, ti faceva riflettere, perché capivi che dovevi cambiare, dovevi essere migliore.
E stavo parlando proprio di lei.
"Fanculo." sussurrai serrando la mascella e mantenendo lo sguardo fisso sul muro davanti a me, ormai le mie giornate erano tutte così.
Passavo ogni secondo della mia vita a pensarla, a come potevo reagire una volta che l'avrei rivista però fortunatamente trovavo anche il tempo per allenarmi duramente, per cercare di sfogare la tensione e sopratutto tutta la rabbia che provavo.
Sussultai leggermente non appena sentii la serratura girare e successivamente la porta aprirsi, secondo i miei calcoli dovevano essere le 8 del mattino.
Mi misi subito seduta e sgranai gli occhi non appena mi trovai Castillo davanti.
"Fantastico, a cosa devo l'onore ispettore?" dissi ridendo leggermente e scuotendo la testa sarcastica, lo vidi avanzare goffamente con il suo solito bastone tra le mani e mi alzai andando davanti a lui.
"L'isolamento è finito Ferreiro, vieni con me." disse serio, sospirai e lo seguii nel mentre che una guardia mi portava ai bagni, dandomi degli indumenti nuovi e lo stretto necessario, notai la tuta nera e sorrisi.
L'avevo fatta bella grossa, ora loro mi consideravano una detenuta pericolosa.
"Hai 20 minuti." disse brusco e lasciandomi la giusta privacy.
"Posso almeno respirare?" sbottai acida e sistemando le cose.
"Fai silenzio e muoviti." mi rispose guardandomi male e chiudendo la porta, filai dritta in doccia e l'acqua calda mi rilassò subito i muscoli, ne avevo bisogno e insaponai con cura ogni centimetro del mio corpo e i capelli.
Una volta finito mi vestii e nel mentre che mi truccavo ne approfittai per squadrare il mio corpo tramite lo specchio, avevo il volto scavato e delle occhiaie enormi, dovute alle tante ore di sonno arretrate, facevo incubi e non riuscivo a dormire.
A volte neanche mi accorgevo di essere cambiata nell'arco del tempo, credevo di essere sempre io e che la mia vita era sempre stata la mia vita, mentre durante questi giorni mi ero guardata attorno tante volte e non ho saputo riconoscere niente.
Sospirai e finii di mettermi il mascara evidenziando ancora di più i miei occhi e le mie ciglia lunghissime, almeno ero più presentabile e più sicura di me.
"Ferreiro, andiamo." disse la guardia bussando ed entrando, lo guardai seria e afferrai le mie cose per poi consegnargliele e raggiungere Castillo.
"Ciò che hai fatto è stato molto grave lo sai questo? Non si deve mai colpire una guardia." disse nel mentre che ci incamminavamo, stavo al suo fianco e non dissi una parola guardando davanti a me.
"Devi mantenere la calma quando si tratta di lei, non devi perdere il controllo." aggiunse aprendo la porta e Palacios venne subito a farmi dei controlli, sgranai gli occhi non appena sentii quella frase, come faceva a sapere queste cose?
"Non capisco a cosa si sta riferendo." dissi brusca e toccandomi i capelli umidi a casa della doccia, Castillo mi guardò con il suo solito atteggiamento da chi sapeva tutto e ridacchiò facendomi solo innervosire ancora di più.
"Non dimenticarti mai di te." disse toccando il mio braccio amorevolmente, gli feci un debole sorriso e distolsi lo sguardo dal suo, aveva ragione.

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