Steps ~

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La mattina seguente, Remiel si recò sul luogo di lavoro senza riuscire a smettere di pensare, nemmeno per un attimo, a Crowley. Si chiedeva continuamente come stesse; se si fosse risvegliato; se provasse dolore e se avesse avuto voglia di rivederlo.
Con aria assente guardava un punto indefinito della metro nella quale era seduto, attendendo con apatia che arrivasse alla sua fermata, ossia Piccadilly.

Sbuffò un sospiro socchiudendo gli occhi ed appoggiò la nuca al finestrino. I suoi piani erano sull'orlo di andare del tutto in fumo ed iniziò persino a dubitare di se stesso.
E pensare che stava per rinunciare all'Eden solo per Crowley, lo stesso che, dopo essere caduto, si era innamorato di un altro angelo, dimenticandosi di lui. E questo gli spezzava ancora di più il cuore.

Proprio in quel momento, le porte anteriori della metro si aprirono ed entrarono alcuni passeggeri, tra cui una donna dai tratti asiatici con un bebé tra le braccia, la quale si sedette proprio accanto a lui. Remiel si spostò distrattamente per farle posto, ignorandola fino a quando il suo pargolo non incominciò a piangere a dirotto.

"No, Steven. Non adesso, ti prego." mormorò la donna con un tono disperato, cercando di calmarlo cullandolo lentamente. Ma il bambino non voleva saperne di smettere, lanciando degli acuti pazzeschi che attirarono l'attenzione del resto dei passeggeri su di sé.

Remiel roterò gli occhi al cielo, decidendo, tuttavia, di intervenire.
"Cos'ha il tuo bambino?" le chiese diretto, come se la conoscesse da una vita. La maggior parte degli angeli - ad eccezione di uno - erano soliti dare del tu agli esseri umani, per motivi del tutto sconosciuti. Probabilmente per acquistare più velocemente la loro fiducia o, semplicemente, per rassicurarli.

"Da quando è nato gli è comparsa una macchia rossa sulla fronte che è costantemente infiammata. Le ho provate di tutte per curarla, ma non va via in alcun modo." gli disse, mentre continuava a cullarlo avanti ed indietro.

"Posso tenerlo un momento?" Remiel la guardò dritta negli occhi, convincendola senza aggiungere altro. Una delle sue caratteristiche principali era proprio quella di essere dannatamente rassicurante. Tratto che traeva in inganno la maggior parte dell'intero creato e non.

Così, la donna consegnò suo figlio nelle mani di quel perfetto sconosciuto ma che, inspiegabilmente, le sembrò degno di tutta la sua fiducia.

"Steven, noi tutti teniamo ai nostri timpani, quindi smetti di piangere." gli disse con un tono serio e sarcastico allo stesso tempo, per poi scoprirgli la fronte e baciarla timidamente.

La donna lo guardò incantata ed impotente di compiere qualsiasi azione, restando, poi, di stucco non appena suo figlio smise di piangere.

"C..come hai fatto? Di solito le crisi durano ore." balbettò poi, riprendendosi velocemente suo figlio.

"Lavoro come educatore in un asilo nido, ci so fare con i bambini." le rispose mentendole con un sorriso, mentre la voce registrata all'interno della metro annunciava la sua fermata. "Oh, credo di essere appena arrivato." aggiunse poi, alzandosi di scatto sotto gli occhi increduli della donna, la quale stringeva suo figlio al petto.
"Non dovrebbe più piangere. Gli faceva davvero tanto male." concluse, per poi scendere non appena le porte elettriche si spalancarono davanti a sè.

Non appena la metro ripartì, la donna, ancora stupefatta per l'accaduto, scoprì la fronte del piccolo Steven e per poco non svenne.
La macchia rossa, che fino a qualche minuto prima ricopriva interamente la sua fronte, era del tutto svanita.

Un piccolo miracolo angelico non avrebbe di certo ripulito la sua coscienza, sebbene Remiel non fosse ancora del tutto "caduto". Di conseguenza, non aveva perso né i suoi poteri, né l'amore che, nonostante tutto, nutriva ancora per il prossimo.

Good Omens || Nobody KnowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora