sei anni dopo...
«Buongiorno mamma cara!» dissi entrando in cucina, dirigendomi al frigo e prendendo del latte per prepararmi la colazione.
«Alice, tesoro, perché sei così attiva?» mi chiese e, di rimando, la guardai storto ottenendo un suo sguardo disgustato.Beh, iniziamo bene.
«Oggi inizia l'ultimo anno...» dissi pensandoci, e una volta versato il latte nella tazza mi diressi al bancone dove lei, ancora assonata, stava bevendo una tazza di caffè.
«E sei felice?»
«Si, penso di sì» dissi iniziando a mangiare e così, in rigoroso silenzio, consumammo la. sotta colazione avvolte nel tipico sonno da lunedì.
Dopo circa mezz'ora mi ritrovai sulla porta, intenta a prendere le chiavi per uscire finalmente di casa.
«Tesoro stai...»
«Si mamma, starò attenta, tranquilla ok?» dissi posandole un bacio sulla guancia, per poi correre verso la porta ed incamminarmi verso la fermata del bus.
Erano passati anni, l'arma era migliorato, ma ciò non la tranquillizzava comunque. "Alice attenta; Alice hai preso le medicine?; Alice non puoi andare..."
Erano queste le tipiche frasi che sentivo costantemente, nonostante il tempo passato. La comprendevo, non era certamente facile per lei, ma avevo pur sempre il diritto di provare ogni tanto a vivere senza l'ansia della mia malattia.Dopo poco mi ritrovai seduta sull'autobus, con la musica nelle orecchie che mi teneva compagnia per gran parte del viaggio. Le note di "Rewrite the stars" riecheggiavano nelle mie orecchie, beandomi di quelle parole che tanto adoravo. Passarono i minuti, nei quali il bus raggiunse la fermata dove sarebbe salita Allison. Come un richiamo infatti, le porte si aprirono, ma a differenza del solito una schiera più numerosa di studenti fece capolinea nel mezzo tanto da riempirlo. Io, seduta nei posti centrali, vidi un'anziana a cui nessuno aveva ceduto il posto e così, alzandomi e facendole vedere lo spazio, la aiutai ad avvicinarsi senza farsi male.
«Ti ringrazio cara» mi disse lei. Uno sguardo dolce le caratterizzava il viso ormai invecchiato, dei corti capelli grigi le decoravano la nuca e un paio di occhiali la faceva sembrare ancor più buona.
«Si figuri, è il minimo questo» dissi con un sorriso cordiale. Lei mi prese la mano tra le sue mentre l'autobus ripartì, per poi rivolgermi un sorriso dolcissimo che faceva trapelare tutta la sua bontà.
«Fossero tutti come te cara, sei una bellissima ragazza» disse facendomi imbarazzare e così, dopo averla ringraziata e salutata, mi dileguai tra le persone presenti nel mezzo andando verso Allison la quale, dopo avermi vista, mi fece un cenno con la mano per farsi notare.Sentivo una strana sensazione in quel momento, come se qualcuno mi stesse guardando, ma decisi di ignorarla. Infondo eravamo su un'autobus stra colmo di persone, era pressoché inevitabile che accadesse.
La raggiunsi e la strinsi a me, visto il numeroso tempo passato distanti. Infatti, per le vacanze estive, ogni anno lei partiva assieme ai suoi genitori nella loro seconda casa fuori città. I suoi occhioni color mare erano contornati da solito trucco, mentre i capelli castani sembravano più corti di quanto ricordassi, specialmente davanti.
Iniziammo a parlare, dopo aver passato tutte quelle settimane distanti, finché non mi fece cenno di avvicinarmi a lei per dirmi qualcosa.
«C'è qualcuno lì giù che non ti toglie gli occhi di dosso, amica mia» disse, facendomi sgranare gli occhi confusa. Mi girai seguendo la traiettoria del suo sguardo, incontrando poi uno sguardo nuovo, mai visto prima. Effettivamente, come disse lei, quel ragazzo mi stava scrutando da testa a piedi (nel limite del possibile visto che, comunque, ci trovavamo in un bus pieno di persone). Lui era accompagnato da un'altro ragazzo, alto più o meno come lui. Una chioma ricciuta gli copriva la testa, mentre lo sguardo era fisso sul ragazzo che aveva davanti che, però, delle parole che stava dicendo probabilmente non aveva capito nulla. Da lontano, mi rivolse un sorriso di sbieco, facendomi avvertire la nascita di un rossore sul mio viso chiaro. Mi voltai imbarazzata verso Allison che, guardandomi male, mi si avvicinò per non farsi sentire da altri.
«Tu, piccola stupida, puoi girarti quando un ragazzo simile di sorride? Davvero?» l
«Oh andiamo, sai già come sono» dissi io, facendole una linguaccia e scendendo dal bus una volta arrivate.Passarono le nostre quotidiane ore di lezione, fino a che non ci ritrovammo nel cortile interno assieme a Noah, nonché il nostro migliore amico. Lo conobbi qui, grazie al liceo, e sin dal primo l'omento fummo inseparabili. I suoi occhi scuri spiccavano sul resto del viso, visti soprattutto i disordinati capelli che gli avvolgevano la nuca. Quel luogo, solitamente, era il nostro ritrovo nei momenti di pausa, visto che potevamo stare all'aria aperta ma senza farmi correre nessun rischio visto che, polline o altre sostanze simili, erano più presenti nel cortile più esterno. Parlammo del più e del meno, fin quando non sentii nuovamente una pressione addosso, la stessa di quella mattina. Mi girai, notando poi da lontano la stessa chioma castana del ragazzo del bus, ma questa volta riuscii a mantenere il suo sguardo curioso, arrivando anche a salutarlo con un gesto della testa. Lui mi rivolse un sorriso compiaciuto, ma non indugiai oltre visto che, d'improvviso, Allison prese parola.
«Cosa stai guardando?» chiese seguendo la mia traiettoria, e non appena vide chi fosse si voltò verso di me incredula, iniziando ad esultare felice come fosse una bambina difronte ad un negozio di caramelle. «Non posso crederci!» disse lei, portandosi le mani sul viso sotto lo sguardo confuso di Noah.
«No ferme un secondo, non sto capendo nulla io» disse con sguardo confuso, e cosi iniziò a parlare Allison, dando una versione più esagerata alla storia, come sempre.
«Questa mattina, la nostra cara Alice ha fatto colpo su quel bel ragazzo che vedi lì giù e, come puoi ben osservare, lui continua a non staccarle gli occhi di dosso» disse dandomi una leggera spallata alla quale, fintamente scocciata, risposi alzando gli occhi al cielo.
«Io non ho fatto colpo, e poi...» iniziai a dire, ma venni interrotta dalla mancanza di fiato. Non sentii più l'aria nei miei polmoni, non riuscii più a respirare, sentii nuovamente quel senso d'impotenza. Un leggero soffio di vento, infatti, aveva sicuramente portato con sé un po' di polline che, ovviamente, scatenò in me tutto ciò.Mi portai una mano sul petto, iniziando a portarmi la mano sulla tasca per prendere l'inalatore che, però, non trovai.
«Ali, Alice che succede?» mi chiese Allison avvicinandosi e prendendomi un braccio ed io, gesticolando, provai a chiedere aiuto.
«Allison l'inalatore, forza!» disse Noah ma io, negando con la mano, gli feci capire che probabilmente lo avevo lasciato nell'armadietto.
«Noah corri a prenderlo, io la porto dentro» disse lei aiutandomi mentre, io, non sentivo più il respiro entrare nei miei polmoni. Così mi accompagnò dentro ma, in tutto ciò, il costante senso di essere osservata non mi passò inosservato e, nonostante non lo conoscessi, sapevo di chi fosse.Ma ciò non bastava per distrarmi dal mio pensiero più rumoroso, ovvero quello che mi urlava che, probabilmente, il mio asma stava peggiorando, ancora.
eilà, come state?
io spero che il capitolo vi piaccia, per chi lo ha già letto potrà notare che, tra le due versioni, c'è una differenza abissale, ma i contenuti sono rimasti gli stessi.cosa ne pensate?
a presto,
sharon.
xoxo
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Fino All'ultimo Respiro
Romansa«Perché quando nasci, cresci ed impari a vivere non dando per scontato nulla, impari che nulla conta di più che riuscire a farcela da sola» Nulla si deve dare per scontato, e lei lo sa bene. Lo sa chi, ora dopo ora, inala quell'aria per tutti sconta...