Capitolo 18

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Appena tornai a casa la prima cosa che feci fu buttarmi sul letto, un enorme senso di pentimento mi tormentava. La testa mi scoppiava di pensieri. In quei casi sapevo bene a chi rivolgermi, la Maestra Francesca.

Senza pensarci tre volte uscii di nuovo di casa e presi la metro. Mentre viaggiavo in quella scatola di latta, ascoltavo la musica e pensavo quello che avevo fatto. Forse avevo agito senza pensare? Avevo fatto qualcosa di troppo sbagliato? Forse avevo davvero esagerato. Volevo liberarmi di tutto e per un momento non pensare più a niente.

Volevo avere la mente libera, volevo essere liberato dai miei stessi pensieri. In fondo sentivo che avevo fatto la cosa giusta ma non ne ero sicuro. Le mie riflessioni furono spazzate via quando mi accorsi che ero arrivato alla mia fermata. Scesi dal treno e mi guardai attorno, le persone camminavano come piccole formiche. Salii i gradini della metro ed iniziai a camminare a passo svelto. I clacson delle auto si facevano sentire tra il fiume di gente che vagava nella città.

Tutte quelle persone indaffarate nel lavoro mi facevano pensare molto, tutti bruciavano la loro vita con i loro doveri, senza lasciare spazio ai diritti.

Percepivo la tristezza in tutti quei volti impegnanti, non era quella la felicità che cercavano. Ma purtroppo il mondo oggi è così, e sarebbe difficile cambiarlo.

Finalmente arrivai al palazzo della maestra Francesca e picchiai al citofono.

-Chi è?-

-Io-

Risposi.

Il portone condominiale si aprì ed io con le mani in tasca entrai. Come al solito salii le scale e mi ritrovai nell'uscio della porta la persona che cercavo.

-Andrea... Che bello, sei di nuovo qui?-

Disse la maestra guardandomi con i suoi occhi azzurri.

-Beh, si. Avevo bisogno dei tuoi consigli-

-Io sono sempre a tua disposizione Andrea-

Sorrise.

-Dai entra, non stare lì impalato!-

Esclamò facendomi l'occhiolino.

Con timidezza entrai e mi morsi il labbro. La casa della maestra Francesca era molto accogliente. Uno stile molto vintage ed un po' shabby. Divanetti bianchi e sgabelli di legno erano riposti lungo la parete. Quadri e foto arano appesi sul muro. Un appartamento contenente tantissime tonalità di bianco, il tutto ravvivato con un po' di vegetazione qua e la.

Come al solito la maestra mi preparò la mia bevanda preferita con latte e caffè. Da una tazza fumante si annusava l'odore di quella squisitezza unica. Lei me la porse ed io la accolsi tra le mie mani facendo trapassare il calore in tutto il mio corpo.

-Dai, raccontami tutto-

Disse la mestra dolcemente.

-Ho fatto un casino. La mia prof mi ha provocato più volte lividi, io ne volevo parlare con il preside. Ma Asia mi ha fermato perché il suo ex (figlio della mia prof) la ha minacciata di non farmi aprire bocca. Allora noi per trovare delle prove abbiamo allagato la scuola ed abbiamo preso le registrazione delle scene in cui la prof mi faceva del male. Ma adesso non so se ho fatto la cosa giusta...-

La maestra rimase a bocca aperta ma senza poter pronunciare parola. Poi prese coraggio, fece un respiro profondo per metabolizzare la cosa e disse:

-Ascolta... Tutto questo è assolutamente bizzarro, ma ti credo. Hai fatto un enorme cazzata, ma non si torna più indietro, quel che è fatto è fatto. Quindi se hai compiuto una cazzata adesso portala a termine-

-Hai ragione, porterò a termine questo sbaglio, perché ormai quel che è fatto è fatto, l'importante è che io la prossima volta non mi comporti nello stesso modo-

-Bravo, è così che ti voglio! Ma... come avete fatto ad allegra era scuola, Andrea?-

-Beh, lunga storia-

Risposi.

Finii di bere la mia tazza e continuammo a parlare dei dettagli dell'irruzione nell'ufficio del preside. I minuti passarono, uno seguito dall'altro. Si era fatto tardi, presi le mie cose abbracciai la maestra, la salutai ed andai via.

Scesi le scale del palazzo una dopo l'altra con tutte le mie energie. Mentre ero in metro ripensai a Cris, non si faceva sentire ormai da troppo tempo, era voluta uscire dalla mia vita. Anche se eravamo vicini di casa lei non si faceva mai vedere. Si era distaccata da me perché forse aveva capito che io provavo qualcosa per lei anche se adesso quei sentimenti che mi facevano battere il cuore per lei erano spariti ormai da tempo. Questa cosa mi aveva turbato molto, spesso siamo costretti rovinare amicizie per amore.

A volte ci troviamo davanti ad un bivio, dobbiamo scegliere tra amore e amicizia.

Non vedevo da tempo nemmeno Matteo e Gaia, Matteo si era comportato malissimo nei confronti di Gaia, la quale ultimamente era diventata molto strana. Avevo perso molti amici in quel periodo, questa cosa mi faceva sentire male. Forse ero io sbagliato, forse avevo commesso troppi errori, forse ero stato troppo scortese con tutti. Mille domande su di me si accalcavano facendomi sentire insicuro.

Portai le mani alla testa, ed alzai lo sguardo. Davanti a me trovai un ragazzo sulla sedia a rotelle. Era felicissimo, sorrideva e scherzava con i suoi amici. Quella cosa mi riempì il cuore, nonostante la sua disabilità lui riusciva ad essere la persona più felice del mondo.

A volte basta davvero guardarsi attorno per poter capire che grande dono è la vita. Spesso la disprezziamo, ma non ci rendiamo conto che siamo noi a renderla così triste. Si può essere felici anche nella disperazione. Se si ha la motivazione ed un sorriso sul viso è tutto più facile.

Voltai di nuovo la testa, trovai poi davanti a me un bambino estremamente povero, vestito di stracci. Aveva con se una piccola trottola, era così gioioso con quel gioco. In un piccolo aggeggino lui riusciva a trovare la felicità. Questo ci fa capire che la felicità può trovarsi spesso nelle piccole cose e noi non ce ne accorgiamo. Tutti se vogliamo possiamo essere felici, ma solo se lo vogliamo, solo se ci alziamo la mattina e siamo speranzosi in una nuova giornata. Quel giorno capii tante cose, ed ebbi uno spunto per essere felice. 

Prima O Poi Sorgerà Il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora