Capitolo 31

22 5 0
                                    

Finalmente l'aereo atterrò, con gli zaini in spalla scendemmo dal veicolo e ci dirigemmo verso il parcheggio in cui un taxi ci aspettava. Io seguivo Diego in ogni suo movimento, mi sentivo perso. Scorsi tra decine di macchine il taxi giallo. Dopo esservi saliti Diego disse al tassista:

-Via Torino 42-

Lui annuì e non esitò a partire. Appoggiai la testa al finestrino e improvvisamente mi ricordai che mi ero dato appuntamento con Asia all'aeroporto.

-Si fermi!-

Esclamai improvvisamente.

Il tassista frenò facendoci sobbalzare.

-Andrea cosa ti prende?!-

Esclamò Diego.

-ASIA!-

Dissi con tono alto.

Lui sgranò gli occhi ricordandosi di lei. Entrambe scendemmo dal taxi in fretta e furia. Nel frattempo sfilai il cellulare dalla mia tasca e digitai il numero di Asia. Avvicinai il telefono all'orecchio e aspettai qualche secondo poi sentii la voce arrabbiata della mia amica rispondere:

-Andrea che fine ai fatto?!-

-Scusa Asia, sto arrivando giuro-

-Tu dove sei?-

-Sono nel parcheggio!-

Esclamò.

-Anche io Asia! Ma non ti vedo-

-Andrea...voltati...sono a una decina di metri distante da te-.

Istintivamente chiusi la chiamata ed iniziai a correre verso Asia, inseguito da mio fratello. Finalmente raggiunsi la mia amica e caddi nelle sue braccia. Mi mancava il suo abbraccio, il suo profumo, la sua pelle...

Lei mi strinse forte, non la vedevo da molto tempo , e mi era mancato tantissimo, tanto quanto Emma...Emma...mi ricordai di nuovo di lei, mi era mancata un sacco, ma purtroppo non avevo il tempo di rivederla.

Mi distaccai da Asia e con voce debole dissi:


-Mi hai fatto venire fin qua!-

-Andrea...io non avevo il coraggio di vedere quei documenti, non potevo-.

Inspirai lentamente, poi risposi:

-Va bene, lo farò io...Ma ora dobbiamo prendere il taxi-.

Ci dirigemmo di nuovo verso il tassista che ci aspettava nel posto in cui si era fermato.

Salimmo tutti e tre sull'auto. Poi finalmente il veicolo ripartì. Ero talmente stanco che appoggiai la testa al finestrino e socchiusi gli occhi per riposare un po'. Un'improvviso dolore acuto iniziò ad irrompere nella mia testa. Avrei voluto buttarmi su un letto e dormire, abbandonare me stesso ai sogni. Solo quello era il modo per fuggire da tutto ciò. Infondo ciò che stava accadendo sembrava così surreale, la mia vita super noiosa a Milano era diventata una vera e propria danza di catastrofi. Erano molte le cose che mi mancavano delle giornate prima del trasferimento, ma una in particolare mi era rimasta incisa sul cuore, Emma, la gemella di Gaia. Più provavo a non pensare a lei e più il mio cervello continuava a stampare la sua immagine nei miei pensieri. Non potevo fare a meno di sentire la sua mancanza. MI MANCAVA. Dovevo ammetterlo, eppure odiavo l'amore.

"ODIO L'AMORE ODIO L'AMORE ODIO L'AMORE"

Queste erano le parole che continuavano ad affliggermi. Infondo l'amore ti fa solo star male, ti fa solo soffrire, e tu non puoi fare nulla per evitarlo, se non sorseggiare una tazza di te. Mi tornarono in mente le notti passate a pensare a Gaia, a pensare al modo in cui mi trattava, a pensare a come mi aveva ridotto. Eppure rimanevo impalato nel vuoto, a non fare nulla. Mi sentivo impotente, inutile, vuoto. É ancora più brutta la sensazione che si prova vedendo le altre persone felici, che vivono la propria vita. Ma spesso l'apparenza inganna, e quelle persone che noi vediamo felici, magari soffrono quanto noi. Quando lo comprendi non ti senti più solo, ti senti vicino a chi prova ciò che provi tu.

Finalmente il taxi si fermò, e assieme a lui anche le mie riflessioni.

-Siamo arrivati!-

Esclamai a tutto fiato.

Diego dopo aver pagato il tassista aprì la portiera della macchina e con un saltellino atterrò.

Assieme a lui saltellai anche io fuori dall'auto, Asia fece lo stesso. Iniziammo correre verso il palazzo in cui si trovava il nostro vecchio appartamento. Diego sfilò dalla tasca un mazzo di chiavi, scelse quella giusta e la infilò nella serratura della porta per accedere al condominio. Finalmente riuscimmo ad entrare. Iniziammo a salire le scale in fretta e furia, le nostre scarpe risuonavano impetuose sui gradini. Il ritmo dei nostri passi era veloce quanto quello dei nostri cuori che in quel momento sarebbero voluti esplodere per la stanchezza.

Dopo quella che sembrò un'eternità ci trovammo finalmente davanti la porta d'ingresso del nostro appartamento. I miei occhi diventarono lucidi alla vista di quello che per me ormai era solo un ricordo. Feci un respiro profondo, presi il mazzo di chiavi dalle mani di Diego, scelsi la chiave giusta, e la usai per aprire la porta. Quando quest'ultima fu spalancata quella lacrima che era bloccata nel mio occhio si fece strada sulla mia guancia. La asciugai con la manica della felpa e cercai di non far tornare la nostalgia. Mi riconcentrai sul motivo per cui ero lì.

Entrai in casa e mi precipitai sul mobile in cui Asia aveva trovato lo strano documento. Aprii uno dei cassetti e trovai in cima a carte e documenti un foglio strappato su cui scritte testuali parole: "Documento di adozione".

-NO, NO, NO-

Dissi con voce rauca in lacrime, la tristezza che provai leggendo quelle parole fece smettere di battere il mio cuore per qualche secondo.

Continuai a leggere il documento, non si riusciva a capire a chi si riferiva il documento dato che mancavano parti strappate. Ma perché erano strappate?

Mio fratello accanto a me aveva la mia stessa espressione, non dovevamo scoprirlo...o almeno non così, non in questo modo. Di scatto mi alzai in piedi, mi asciugai le lacrime e incrociai lo sguardo di Diego, anche lui affranto.

-Andiamo, leggeremo con più attenzione il documento al ritorno-

Dissi deciso.

Mio fratello e Asia annuirono con un cenno.

Infondo era stato inutile arrivare a Milano, non avevamo scoperto nulla tranne che una persona in famiglia era stata adottata. La cosa che più mi faceva star male non era il fatto che avevano adottato qualcuno di noi, ma il fatto che me lo avevano tenuto nascosto. In quel preciso istante riuscivo a vedere i miei genitori solo con occhi diversi. Li riuscivo ad immaginare solo come quelli che nascondono i segreti. Non sapevo nemmeno chi dei 3 fratelli era stato adottato, ma infondo avevo uno strano presentimento.

Uscimmo di casa e scendemmo di nuovo le scale, ma 'sta volta non freneticamente, ma con gli sguardi bassi e la paranoia addosso. Si stava anche facendo tardi, dovevamo tornare a casa il prima possibile.

Uscimmo dal condomino, la pioggia era battente, ma non mi interessava di ciò che accadeva all'esterno, ero troppo preoccupato a ciò che accadeva all'interno di me.

Quando mi decisi ad alzare lo sguardo notai degli occhi, degli occhi che ormai conoscevo bene, forse troppo. Degli occhi color miele, splendidi. Erano di una signora, una signora che avevo visto tempo prima sotto casa mia, mi sembrava di averla sempre conosciuta.

-Ragazzo, un giorno lo scoprirai-

Disse con voce rauca.

Io rimasi impalato a fissare il vuoto, la. Sua voce rimbombava dentro di me. In men che non si dica la signora sparì e la persi di vista. Non sapevo il perché ma avevo uno strano presentimento, che nemmeno io riuscivo a comprendere. 

Prima O Poi Sorgerà Il SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora