38.

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<<Da quanto tempo non passavamo la giornata quassù...>>

<<Già.>>

Amavo il punto esatto della giornata in cui il sole calava al livello del mare, avrei voluto ammirare tutti i giorni quello spettacolo, un giorno passato senza accorgersi del tramonto per me era un giorno perso.

Ryan si stava rivestendo.
Guardavo i suoi movimenti distrattamente, la mente ancora ai nostri corpi a contatto, al suo volto sempre più rilassati ad ogni minuto passato insieme.

<<Cosa stiamo facendo, Ryan?>>

Non mi guardò.
Non lo faceva mai quando gli parlavo.

<<Odio dare definizioni.>> mi rispose.

Era da sta mattina che la sua irrequietezza mi rendeva nervosa, non avevo avuto un minuto libero per chiedergli cosa non andava, avevamo passato tutta la mattinata a preparare la scaletta per il pomeriggio.

<<Problemi con Carter?>> tentai.

<<Mio padre.>>

Era la prima volta che menzionava il padre in una discussione.

<<Quel gran pezzo di merda.>>

<<Ryan!>>

<<Non giudicarmi, se lo conoscessi capiresti>>

Stette in silenzio un intero minuto, ironicamente era come se potessi sentire gli ingranaggi della sua testa girare.

<<Pensandoci...non è poi tanto folle come idea>>

<<Ok ora ho paura>>

<<Gestisce un'impresa abbastanza famosa in Giappone, Allen Company, mai sentita?>>

<<Direi di no>>

<<Vuole integrarmi nell'azienda il prima possibile>>

<<Ma...è assurdo! Non può farlo!>>

Conoscevo molto bene questo genere di situazioni, che rispecchiavano perfettamente il tipo di ambiente che frequentavo a scuola.

Avevo una mezza idea di quando i genitori potessero essere pressanti riguardo al futuro dei propri figli e, nel caso di Ryan, Carter mi aveva già parlato dei suoi rapporti con il padre.

<<Vieni con me.>>

Mi bloccai per un secondo, spiazzata.

<<Dove?>>

<<Alla cena di lavoro, ovvio.>>

<<Stai scherzando?>>

Buttò la sigaretta fuori dal terrazzo, strofinandosi distrattamente gli occhi infossati.
Inaspettatamente poggiò la testa sulla mia spalla, chiudendo gli occhi.

<<Ti prego, non ce la faccio da solo.>>

Ryan Allen, in persona, mi stava pregando?
Non era quindi una di quelle imposizioni senza possibilità di risposta negativa?

Quel ragazzo non finiva più di stupirmi e io non mi
sarei mai abituata alla sua imprevedibilità.

<<Che dirai a tuo padre se dovesse chiederti di me?>>

<<Credi davvero gliene importi qualcosa di chi porto a cena?>>

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