3.

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<<Allora? Non mangiate?>> chiesi deglutendo a fatica alla vista dell'accendino sulla vernice bianca.

Non dovevo mostrarmi nervosa, erano dei ragazzi come tutti gli altri, dovevo stare tranquilla e aspettare che il più pericoloso tra loro si decidesse a rivolgermi la parola.

Gli occhi dei due gemelli passarono da me a Ryan, cercando di capire se ci fossimo messi d'accordo.
Ma lui guardava solo me e prima di allora avrei continuato a sostenere la mia tesi riguardo l'inesistenza degli occhi neri.

Erano strani, quasi disumani, così scuri che non riuscivo a capire il confine tra l'iride e la pupilla.
Alzó le sopracciglia con sguardo interrogativo, soffermandosi sulla macchia di senape della quale mi accorsi solo in quel momento.

<<Oh...>> abbassai lo sguardo sulla camicia sporca <<...la signora della mensa, sa essere molto ehm, aggressiva.>>

Fece una smorfia tornando a guardare il quaderno davanti a se, allungando lo sguardo mi accorsi si trattasse di uno spartito.

Questa era bella, stava davvero studiando uno spartito?

<<Hey tu.>> uno dei gemelli fece schioccare le dita davanti ai miei occhi.

<<Che cosa vuoi?>> chiese l'altro.

Bella domanda ragazzi, davvero intelligente, grazie per avermelo chiesto.

Vedete, sono una sfigata che passa il suo tempo giocando ai videogiochi, ma ahimè, ho perso, quindi adesso mi tocca rischiare la vita con voi idioti per far parlare il vostro amico e scontare una penitenza.

<<Ti ha fatto una domanda, sei sorda per caso?>>

<<Tutti i posti sono occupati.>> risposi con un'alzata di spalle.

Cazzata, avrei preferito mangiare in piedi o saltare il pranzo pur di non sedermi li.

In quel momento, Ryan chiuse il suo spartito e fece per alzarsi seguito dagli Anderson.

<<Josh, dille che non ho intenzione di assecondare i giochetti del capitano.>> disse.

Avrei giurato di vedere mezzo sorriso prima di andarsene.

Rimasi paralizzata.

Aveva una voce piatta e roca, che non avevo mai sentito prima.

Sapeva della scommessa, avevamo sbagliato a sottovalutarlo, dopotutto davamo spesso spettacolo in mensa con le nostre penitenze.

Non era stupido, sapeva che non mi sarei mai avvicinata, se non fosse stato per uno dei nostri soliti giochi.

————

Fuori dal condominio, le strade erano intasate dal traffico e il marciapiede gremito di persone.

La villa di Kayla si trovava lontano da Brooklyn, interamente progettata dal padre in qualità di ingegnere.
Subito dopo il cancello, aldilà della grande piscina, vi era l'ingresso.

I raggi del sole del primo pomeriggio rendevano splendente il prato tutt'attorno la struttura, nominata più volte dal New York Times come la villa più originale della città.

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