capitolo 7

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" Non ti hanno insegnato che quando una persona parla al telefono, è maleducazione origliare?" un sorriso finto si aprì sul mio volto, mentre usavo le stesse parole che il ragazzo li davanti a me, aveva usato al nostro primo incontro casuale.

Mi voltai alzando lo sguardo sulla sua figura illuminata dai lampioni della strada. Solo allora riuscii a vederlo meglio, ed era la prima volta dal momento che l'altro giorno ero scappata velocemente, senza focalizzarmi troppo su di lui.

" Giuro di non averlo fatto volontariamente, a differenza di qualcun altra a cui piace andare addosso alle persone!" alzò le mani in segno di difesa, e a quel punto sbuffai incrociando le braccia al petto.

" Senti, non so neanche perché sono qui con te a parlare e non mi sembra di doverti alcuna spiegazione, quindi addio." girai i tacchi per ritornare nel locale, ma bastò un altro richiamo della sua voce morbida per fermarmi.

" Continui a scappare, principessina?"
" Io non scappo, cerco solo di non perdere altro tempo con cose inutili." ammiccai, riportando il mio sguardo nei suoi occhi verdi. Non ci fu scelta più sbagliata di questa, poteva rapirmi solo guardandomi. " E comunque ho un nome, usalo."

" Lo userei se solo sapessi quale fosse, tu che dici?" mi guardò, e con un passo veloce si avvicinò a me, spostando una ciocca dei miei capelli biondi dietro l'orecchio. Quanto avrei voluto che si allontanasse, ero già fin troppo in soggezione e non avrei pensato alle conseguenze delle mie azioni.

" Brooklyn." risposi, lasciandomi andare in un sospiro.
" io sono Daniel, Daniel Lachowski." mi porse una mano come si faceva nelle presentazioni più formali, ma appena sentii bene il suo nome spalancai entrambi gli occhi. Stavo collegando tutti i punti, e beh ora che ci facevo caso, la somiglianza c'era.

" Aspetta tu sei il fratello di Mathilde e Jason?"

" Come conosci loro?" mi domandò, questa volta con aria seria, come se avessi detto qualcosa che non avrei dovuto dire.

" Ecco io.. sono venuta qui con loro, sono la coinquilina di Mathilde." ammisi, e lo vidi indietreggiare di qualche passo per guardarsi intorno.

Non dissi nulla, ma continuai a guardarlo cercando di capire dalla sua espressione quel che stava pensando; ciò che avevo rivelato lo aveva turbato davvero così tanto?

" Abbassati!"

" Cosa?" non ebbi il tempo di capire quello che stava succedendo, che dei fari luminosi illuminarono la nostra visuale, e venni subito strattonata dal ragazzo al mio fianco giù dietro un'auto.


" Dobbiamo andarcene da qui." Mi sussurrò all'orecchio, e solo allora mi accorsi di quanto fossimo vicini. Teneva ancora la presa sul mio polso, e la mia schiena era vicina al suo petto, così tanto da poter sentire il suo respiro sul collo. Io rimasi in silenzio, incapace in quel momento di far uscire qualsiasi sillaba dalla bocca.

Non avrei dovuto seguirlo, non era giusto, mi sarei messa nei guai ed era la prima cosa che avrei voluto evitare. Eppure per qualche strana ragione lo feci, lo seguii verso una moto nera parcheggiata lì vicino della quale non mi ero accorta la presenza, e in meno di un secondo mi ritrovai con il suo casco in testa, pronta a salire in sella di quel veicolo.


" Tieniti stretta, dobbiamo seminarli." Un rombo forte riecheggiò per quella strada deserta, o quasi, e nell'istante dopo stavamo già sfrecciando fuori da lì, tentando di seminare alcuni motociclisti che da dietro ci seguivano. La velocità con cui sfrecciava superava i centocinquanta all'ora e fui costretta a stringermi a lui, con le mani incrociate sul suo torace e la testa poggiata sulla schiena coperta solo dal tessuto di quella camicia nera.

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