capitolo 54

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Daniel sfrecciava tra le strade di Los Angeles alla velocità della luce, obbligandomi a tenermi stretta a lui il più forte possibile. Il vento mi accarezzava i capelli e il profumo di muschio bianco del ragazzo davanti a me mi attraversava le narici, riportandomi alla mente tutte le altre volte in cui ero stata in moto con lui; momenti che sembravano passati da poco, quasi come a cancellare tutti quei mesi di distanza in cui io e il moro dagli occhi smeraldi non c'eravamo visti.

Per qualche secondo iniziai a domandarmi se la scelta di salire in moto con Daniel fosse stata la più sensata, infondo l'avevo fatto senza pensarci due volte, e non potevo smettere di chiedermi cosa gli avrei detto appena saremmo arrivati a destinazione. Dovevo parlargli, si, ma di cosa gli avrei parlato esattamente? Avremmo litigato di nuovo o avremmo discusso come due persone normali?

E mentre nella mia testa si insinuavano diecimila irragionevoli dubbi, le mie mani continuavano a stringere la giacca di pelle di Daniel, lasciandomi trasportare ad occhi chiusi da quel miscuglio di sensazioni che mi arrivava dritto in corpo.

Un'ora e mezza circa dopo sentii il motore della moto spegnersi, segno che eravamo arrivati; ma aperti gli occhi, mi trovai davanti ad una casa che non era né la mia, né quella del ragazzo al mio fianco; e soprattutto eravamo in un posto sperduto, fuori dalla città. Dove mi aveva portata?

Scesa dal veicolo mi guardai intorno: a circondarci c'erano diversi alberi, a pochi metri da noi si affacciava la distesa di un grande lago, che riuscii a intravedere solo dal riflesso della luna sull'acqua. Quel posto mi era familiare, anche se con il buio non si riusciva a vedere tutto molto chiaramente; provando ad indovinare mi chiesi se non eravamo a quel lago dove mi aveva portato tanti mesi prima, e guardando meglio, mi sa proprio che avevo indovinato.

" Che ci facciamo qui?" domandai al moro, il quale iniziò ad avanzare verso la casa di legno davanti a noi.

" Entri o vuoi stare lì fuori tutta la notte?" mi chiese Daniel con il suo solito tono scorbutico da sopra il portico. Io sospirai; solo per quest'ultima battuta mi aveva già fatto pentire di averlo seguito, ma rimanendo calma e paziente gli rivolsi un finto sorriso, raggiungendolo verso la sua direzione.

" Non sapevo che questa casa fosse tua." dissi una volta entrata, e appena accese la luce, girai con lo sguardo su tutto ciò che mi circondava. La casa, interamente in legno, aveva il classico arredamento di una casa qualunque di montagna: divano in pelle, cuscini rossi e verdi, la testa di un orso appesa alla parete, un televisore di vecchia generazione, una radio posta su un tavolino; c'era una cucina rustica divisa dal salone da alcune colonne portanti e per finire, una piccola rampa di scale che portava al piano superiore dove probabilmente, almeno come immaginavo, c'erano le camere da letto.

" È della mia famiglia, quando eravamo piccoli venivamo qui ogni estate." affermò Daniel, e lo ringraziai mentalmente per aver dato almeno questa volta una risposta sincera. " Allora, di cosa volevi parlare?"

Alla sua domanda, il panico mi trasalì in tutto l'organismo. Per tutto il viaggio in moto mi ero posta la stessa domanda, senza darmi una risposta, e ora che non era più nella mia testa, non avevo molte speranze di riuscir a dire qualcosa di sensato senza cadere nel ridicolo. Già Brooke, di cosa volevi parlargli? Ok c'è la posso fare.

" Non dovevi prendere a pugni Simon, non era un tuo problema." affermai senza pensare, maledicendo me stessa per aver tirato in ballo quell'argomento che forse sarebbe stato meglio non affrontare al momento.

" Davvero sei venuta qui per difendere il tuo amichetto?" scoppiò in una risata amara, e strinsi i pugni sui fianchi cercando di resistere dal non tirargli un pugno in faccia. Tirargli un pugno o saltargli addosso Brooke? Zitto inconscio; e bene come se non bastasse, iniziai anche a parlare da sola.

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