Capitolo 27:ti voglio ora

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Jorge's pov

Eccomi,ero qui all'ospedale seduto nella sala d'attesa con accanto mia sorella,stavamo aspettando di sapere come era andato il trapianto di nostra madre. Il mio piede non riusciva a fermarsi,mia sorella si mangiava le unghie. Quelle mura bianche azzurre e quell'odioso odore di disinfettante dava una sensazione di panico. Non ho mai sopportato gli ospedali,i dottori e i loro termini, l'odore,e poi in ospedale si va solo per qualche problema,quindi una cosa brutta. Vidi il dottore venire verso di noi con un sorriso soffocato.
Dottore: è andato tutto bene
Saltai da quella sedia e presi mia sorella per un braccio facendola girare. Ero così felice. Avrei potuto fare ancora un sacco di cosa con mia madre. Da quando avevo perso papà avevo sempre rimpianto il fatto di non aver fatto un mucchio di cose ed ora non poteva di nuovo accadere la stessa cosa. Andammo nella stanza dove c'era mia madre e la vidi lì,con un sorriso stampato sulle labbra e gli occhi chiusi. Quando ci vide aprì gli occhi e si alzò leggermente,io mi avvicinai a lei e la abbracciai piano. Poi arrivò mia sorella che fece lo stesso. Ora potevo lasciare di nuovo quello stupido lavoro e andare da Elisabeth, così saremo potuti stare insieme senza alcun pericolo. Presi la mia giacca e dopo aver salutate velocemente mia madre e mia sorella uscì da quell'ospedale pronto per riprendere la mia vita tra le mani. Entrai in auto ed andai a casa di Elisabeth,arrivai dopo 10 minuti,forse avevo corso un po'. Bussai più di una volta finché non mi venne ad aprire Diego,il fratello di Elisabeth. Come lo odio questo.
Io: dov'è Elisabeth?
Chiesi poggiando una mano allo stipite della porta. Il piede ricominciò a muoversi, perché questo stronzo non mi rispondeva?
Passarono minuti prima che entrai senza il suo permesso. Mi girai verso di lui.
Io: dov'è Elisabeth
Dissi scandendo bene ogni sillaba.
Diego: non c'è
Mi disse incrociando le braccia al petto e guardandomi con aria di sfida. Mi avvicinai velocemente controllandomi,non volevo far scoppiare una rissa nella casa di Elisabeth e per di più con suo fratello.
Io:e dov'è
Chiesi inalando una grande quantità di aria e facendola uscire lentamente.
Diego:la devi lasciare in pace
Disse avvicinandosi di più a me. Come lo volevo prendere a schiaffi.
Io:lei dov'è?
Non riuscivo a pensare ad altro se non a trovare Elisabeth e lui mi stava facendo alterare con il suo stupido giochetto.
Diego:non la devi più cercare,l'hai fatta solo soffrire
Disse puntandomi un dito contro
Mi passai le mani tra i capelli,non riuscivo a controllare la rabbia,ero venuto qui con tutti i buoni propositi.
Io:dimmi solo dove cazzo è Elisabeth,ti prego
Dissi inizialmente arrabbiato ma poi il mio timbro senza che lo controllassi divenne disperato,come se lo stessi supplicando. Lui mi guardò negli occhi e annuì comprensivo.
Diego: è alla Stanford Univesity
Sgranai gli occhi. Era già partita. Lilly aveva ragione,il tempo è una canaglia. Ripresi la mia giacca ed uscì da quella casa. Pensai per tutto il tragitto fino al bar di Lilly. Dovevo andare da Elisabeth? Forse lei l'aveva superato. Forse lei non mi voleva più. Forse l'avrei solo fatta soffrire ancora. Perché? Perché tutto questo? Perché non si può essere mai felici? Un per sempre. Entrai velocemente nel bar e mi sedetti al mio solito tavolo. Dopo poco arrivò Lilly.
Lilly:dimmi tutto
Disse sedendosi su quella poltrona rossa difronte a me.
Io:mia madre si è operata e sta bene
Lei mi guardò ed io abbassai lo sguardo
Lilly:ma?
Chiese capendo che c'era un "ma" nella mia frase.
Io: Elisabeth è partita per l'università e adesso io non so che fare
Lilly mi guardò comprensiva,ma dopo poco il suo sguardo divenne severo.
Lilly:stai ancora qui da me a chiedermi cosa fare? Jorge vai da lei,vai prima che si possa dimenticare del vostro amore,vai prima che qualcuno te la porti via,vai e non fare il mio stesso errore,non perdere la persona che ami di più al mondo,cercala e riprenditela perché tu senza di lei sei perso.
Aveva ragione,cazzo se aveva ragione. Le diedi un bacio in guancia e corsi fuori dalla macchina pronto per riprendermi l'unica donna che volevo nella mia vita, Elisabeth,l'unica di cui mi ero innamorato,l'unica di cui mi ero fidato,l'unica. Lei era l'unica cosa che volevo,con lei sarei potuto essere felice, veramente felice,dovevo per forza riprendermela perché senza di lei ero perso ed io volevo ritrovare la mia strada anche se dopo tanto tempo so che la mia strada è con lei e anche se ci saranno delle buche noi le passeremo tutte,una ad una ma insieme perché lei è mia ed io sono suo,noi siamo come calamite,come Paolo e Francesca,come Patsy e Liam,noi siamo inseparabili. Arrivai all'aereoporto e presi il primo volo per Stanford. Dopo un'oretta scesi e presi un taxi per l'università.
Arrivato fuori al cancello vidi la grande struttura e senza soffermarmi troppo preso un lungo respiro e varcai il cancello. Più avanti vidi Elisabeth,era proprio lei,aveva lo stesso taglio,gli stessi bracciali,lo stesso profilo ma le sue mani erano dietro al collo di uno mentre le loro labbra si univano. Lui la teneva stretta per i fianchi. La rabbia iniziò a salire in me,lei era mia,nessuno poteva toccarla. Volevo andare lì e spaccare la faccia a quel coglione ma non ne avevo il diritto,noi non stavamo più insieme infondo. Lei non era più mia,ora tutti la potevano toccare ed avere. Per me ora lei era una ex. Una ex che non avrebbe mai lasciato il posto nel mio cuore a nessun'altra. Una ex che avevo perso così facilmente. Mi girai ed iniziai a camminare verso l'uscita con il cuore a pezzi. Si dice che bisogna seguire il proprio cuore ma ora che pezzo dovevo seguire? Ora,come dice Jim Morrison,vorrei tornare bambino perché le ginocchia sbucciate fanno meno male di un cuore infranto.

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