Mi sveglio battendo ripetutamente le palpebre per cercare di abituarmi alla luce e subito una voce raggiunge il mio udito «Buongiorno, fanciulla indifesa!» Mi volto verso di lui e il sorriso beffardo sul volto, mi fa battere una mano sul volto.
«Ma di prima mattina, hai voglia di prendere in giro le persone?» Mi volto dal lato opposto, dandogli le spalle.
«Solo con te.» Afferma e io alzo gli occhi al cielo, ma lui non può vedermi. Vorrei alzarmi dal letto, ma non ho un minimo di forza. Di nuovo nella stanza cala il silenzio, nel quale con attenzione si può sentire in lontananza il cinguettio degli uccelli sugli alberi circostanti alla casa. Sposto il cuscino da sotto alla mia testa alla mia pancia, abbracciandolo. «Tutto bene?» la sua voce interrompe il silenzio che si era formato in camera e annuisco in risposta alla sua domanda.
«Ragazzi, posso entrare o siete impegnati? In tal caso ritorno dopo!» La voce di George che arriva dall'ingresso di casa, mi fa scattare a sedere al centro del letto.
«Ha le chiavi di casa?» Scuoto la testa in segno di negazione. «Quindi ieri sera ti sei dimenticata di chiudere la porta?» Anche lui si siede al centro del letto accanto a me. Eliot sbadigliando, scende dal letto con un balzo raggiungendo, sicuramente George all'ingresso.
«Non la chiudiamo mai, anch'io all'inizio ero alquanto basita da questa abitudine di Meredith, soprattutto per come ero abituata io dove vivevo.» Sospiro passandomi una mano tra i capelli tutti annodati.
«Ragazzi?» La voce di George interrompe il nostro piccolo dialogo.
«Arriviamo!» Dopo la sua esclamazione, Nolan si alza dal letto e a piedi nudi raggiunge suo padre. Con un sospiro, mi lascio cadere all'indietro sul letto, mentre i dolori alla pancia ritornano. Buongiorno Mirea! Mi lancio uno schiaffo mentalmente e mi decido ad alzarmi dal letto. In modo del tutto disinteressato, afferro qualcosa da indossare dall'armadio, l'intimo e quello che per altri giorni, sono costretta ad utilizzare se non voglio lasciare alcuna traccia dove mi siedo.
Mi reco in bagno e in modo del tutto automatico, come se fossi un robot impostato per fare solo quello, apro il getto d'acqua della doccia e accendo la piccola radio che Meredith aveva in bagno. Amava averne una in ogni camera, in salone aveva anche un piccolo jukebox, sul mobile in legno di ciliegio accanto al camino. Mi lascio trasportare dalla musica iniziando a canticchiare mentre l'acqua accarezza il mio corpo. Non riesco a rendermi conto del tempo che passo sotto il getto d'acqua ma quando esco dal bagno, Eliot mi aspetta fuori dalla porta scodinzolando. «Dove sono padre e figlio? Ti hanno dato da mangiare?» Apre la bocca ed inizia a respirare con la lingua che penzola da essa. Arrivo in cucina e sulla penisola, sotto a un bicchiere, c'è un biglietto. Lo afferro e ne leggo il contenuto. «Sono andato con mio padre a prendere il letto. Eliot ha mangiato!» Mi volto verso Eliot con un sopracciglio inarcato. E accanto alla ciotola, guardandomi come suo solito quando è ora di uno dei suoi pranzi. «Tu, piccolo birbante, volevi prenderti gioco di me, ma questo...» mi avvicino a lui sventolandogli il biglietto davanti al muso «Biglietto ti ha impedito di farlo!» Esclamo sorridendo con finta cattiveria e al suo piccolo ululato di tristezza sorrido dolcemente prima di inginocchirmi di fronte a lui per accarezzarlo dolcemente. «Sei un piccolo birbante, ma non posso non volerti bene.» Affermo continuando a sorridere. Poi ritorno in bagno per lavare le mani e afferrare, una volta tornata in cucina, una mela dal cestino al centro della penisola. La mordo e insieme ad Eliot esco fuori, sul portico e mi perdo ad osservare attentamente i fiori, che hanno bisogno di concime. Finisco la mela in piccoli morsi che ingoio velocemente e accendendo la radio sul portico, accanto all'altalena, inizio a togliere dalle piante, i fiori e le foglie secche. Uno delle cose che abbiamo scoperto di avere in comune io e Meredith era quella di perderci nelle parole delle canzoni, anche quelle che non riuscivamo a capirne il significato. Mi lascio avvolgere dalla dolce melodia che fuoriesce dalla radio, una canzone dalla melodia dolce e molto lontana, una di quelle melodie che ti calma e ti fa distendere i nervi, ma dal suono delle parole forti, nonostante anch'esse vengono pronunciate con una dolcezza nel tono, indescrivibile. Pian piano riesco a riconoscere la canzone e inizio a cantarla, ricordando il momento in cui, mentre dipingeva Meredith la cantava con la sua bellissima voce. Aveva tante doti e tanti sogni che non ha potuto portare a termine. Continuo a prendermi cura delle piante sul portico e insieme ad Eliot, vado nella piccola stalla sul retro avvicinandomi all'enorme sacco in tela marrone, dal quale prelevo una buona quantità di concime, grazie all'apposito dosatore comprato da Meredith per non andare avanti e indietro con il sacco fra le braccia. Ritorno alle piante e fischiettando lentamente a ritmo della nuova canzone che viene trasmessa, lascio cadere piccole palline blu all'interno delle piante. Quando porto a termine il mio piccolo lavoro, con un cenno della testa, sfido Eliot ad una gara. « Eliot, vediamo chi arriva prima? » Quando la sua testa si alza a guardarmi, inizio a correre verso la stalla, con lui che subito mi arriva riuscendo anche a superarmi, con poche falcate. Sorrido e rimetto il contenitore nel sacco del concime, chiudo le porte e come sempre, andiamo nel nostro posto preferito. A volte mi capita di perdermi in chissà quale assurda realtà e non rendermi conto delle ore che passano, fino al momento in cui non vedo il cielo cambiare colore. Sospiro e non appena il mio piccolo compagno di fiducia, appoggia la testa sulle mie gambe inizio ad accarezzarlo. «Oggi, ci hanno lasciati soli, vero?» sorrido continuando a muovere la mano sulla sua testa, facendogli piccoli grattini e sentendo in leggera lontananza la musica che continua a fuoriuscire dalla radio, nella mia testa balena un piccolo ricordo che mi fa sorridere. Sin da piccola, ho sempre sognato, che come mio padre dedicava continuamente canzoni a mia madre, un giorno qualcuno, anche uno sconosciuto, le avesse dedicate a me.
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Aiutami a volare
Romance[completa] Per Mirea Huber e Nolan Beckham la vita era un susseguirsi di istanti. L'istante, quella frazione minima di tempo, in cui è possibile fare qualsiasi cosa si voglia come ritornare a vivere, imparare ad amare ma soprattutto amare se stessi...