20. Essere diversi è un dono

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La mattina arriva velocemente e la stessa strada che abbiamo percorso poche ore fa di notte, quasi all'alba dopo aver passato tutto il pomeriggio a vagare per il villaggio e a cenare in un piccolo pub per poi perderci nelle strade di notte, ci ritroviamo a percorrerla di nuovo con la stanchezza sul volto di entrambi ma anche con un sorriso che sembra non voler abbandonare il volto di nessuno dei due, soprattutto il mio sul quale era da un po' di tempo che non vedevo il sorriso così presente per così tanto tempo.

Lascio aderire la testa al vetro perdendomi come sempre nelle parole delle canzoni che vengono riprodotte dalla radio e guardando Nolan di sottecchi. Sorrido timidamente e sento le gote divampare quando lui nota il mio sguardo furtivo sorridendo divertito dalla mia ingenuità. In questi giorni ho potuto constatare sulla mia pelle quanto sia bello averlo accanto e non posso non ammettere che sia anche molto bello e inizio ad aver paura di questo calore che avvolge il mio cuore quando le nostre mani si sfiorano delicatamente, quando i nostri occhi si intrecciano e sembra che esistiamo solo noi.

Sposto lo sguardo oltre al finestrino perché questo calore se pur piacevole da provare oltre a creare dentro di me una forte paura inizia a fare anche male e non riesco a capire il perché, perché quello che ti fa star bene senza alcun dubbio inizia a farti anche male? Sembra tutto un alternarsi di stare bene e stare male continuo, come una montagna russa che sale e scende, senza avere mai una fine: mentre sei felice stai male, mentre stai bene inizi a provare un dolore deleterio.

Sospiro e chiudo per un istante gli occhi aprendoli quando sento la macchina fermarsi. Guardo di fronte a me la biblioteca di Arline e l'entusiasmo cresce dentro di me, a breve posso immergermi in un mondo parallelo insieme ai bambini che verranno qui per sentirmi raccontare una storia.

Mi volto verso Nolan che mi guarda sorridendo e il sorriso che era scomparso dal mio volto ritorna, come se il suo sorriso attirasse il mio a venir fuori, a farsi vedere anche dagli altri e a non nascondersi in smorfie che dovrebbero avere le sue sembianze. Mi sporgo verso di lui e lasciandogli un bacio sulla guancia esco fuori dal suo pick-up sentendo le gote diventare ancora più calde di prima. Non so cosa stia succedendo al mio corpo ma posso solo sapere che io non sono mai stata una persona istintiva, prima di agire mi crogiolavo in mille pensieri, su quale fosse la scelta giusta e adesso questo mio cambio radicale mi fa sentire di nuovo bambina e non posso negare che mi piace, mi piace quello divento quando io e lui siamo insieme.

Con ancora il sorriso stampato sulle labbra entro in biblioteca e aggirando il bancone centrale, lascio cadere la borsa nel mobile sottostante prima di andare alla ricerca di Arline.

«Che bel sorriso che hai oggi!» Sobbalzo battendo la testa contro il ripiano in legno sul quale è poggiato il computer della biblioteca. Porto una mano nel punto dolorante sulla testa senza perdere il sorriso.

«Concordo con te!» Guardo torvo Joel che ormai si coalizza con sua zia per prendersi entrambi beffa di me.

«Buongiorno anche a voi.» Fuoriesco da dietro al bancone avvicinando ad Arline per regalargli un piccolo bacio come ogni mattina.

«Io non merito un tuo bacio?» Mi volto verso Joel scuotendo la testa divertita davanti al suo tenero broncio.

«Mi duole dirti che i miei baci sono per poche persone e che per quanto io possa volerti bene, non sei una di quelle persone.» Lo guardo e sorrido malvagiamente abbracciandolo davanti alla sua espressione ferita che mi intenerisce. Ricambia il mio abbraccio stringendomi contro il suo corpo e non posso che essere felice della piccola amicizia che si è creata tra di noi.

«Allora sono onorato di ricevere anche solo un tuo abbraccio.» Picchietta il suo indice sul mio naso che si arriccia.

«Io sognavo che voi potevate diventare una di quelle coppie che si vedono nei film e che si legge nei romanzi, ma davanti ai miei vedo solo un'amicizia che mi fa sorridere in egual modo poiché vede insieme le persone più importanti che ho.» Ci voltiamo sorridendo ad Arline che finalmente si è rassegnata a quella che potrà essere solo un'amicizia e contemporaneamente, io e Joel lanciandoci uno sguardo complice, ci fiondiamo su di lei stringendola fra i nostri corpi in un abbraccio. In questi anni ma soprattutto negli ultimi mesi posso dire di aver trovato una seconda famiglia. «Ora a lavoro!» Dopo essersi fatta soffocare per alcuni minuti ci conceda con una pacca sulle spalle.

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