18. Vorrei restare bloccata in questo istante

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La musica leggera continua a tenerci compagnia mentre il venticello sposta le ciocche di capelli che prendono vita propria. Sospiro mentre la mia testa è poggiata ancora sulla sua spalla, nell'incavo del suo mentre il suo mente e poggiato sulla mia testa, intanto che guardiamo le ombre che si creano sul muro a seconda del vento come muove le piante penzolanti dal tetto o le foglie dell'albero di mele. Il silenzio viene interrotto dal brontolio che provoca la mia pancia che mi porta ad arrossire all'istante.

«Hai fame?» Nell'udire la sua voce così vicino al mio orecchio, il mio corpo viene scosso da un brivido. Annuisco con il capo alzando la testa e trovandomi il suo mento che tocca quasi il mio naso. «Allora alzati che ti preparo la colazione.» Sorridendo mi alzo dalle sue gambe ed entro in casa seguita da lui e da Eliot, fermandomi ad osservare l'orologio in soggiorno.

«Diavolo, sono in ritardo per il lavoro!» Mi volto verso Nolan che si ferma a guardarmi con un sopracciglio inarcato. «Mi accompagni a lavoro? Sono davvero in ritardo!» Corro in camera prendendo al volo dall'armadio qualcosa da indossare e un completo intimo, andando a sbattere contro il suo petto ancora nudo, quando esco correndo dalla camera per andare in bagno.

«Mirea, puoi fermarti un'istante?» Con uno sguardo omicida fisso i miei occhi nei suoi, che mi guarda come se fosse tutto normale. «Prima ti stavo cercando per dirti che aveva chiamato Arline, per concederti la giornata di riposo oggi invece di domani, poiché si è dimenticata che è la giornata della lettura e gli serve qualcuno che legga almeno una favola ai bambini.» Alle sue parole i miei occhi si spalancano e cerco di nascondere il mio sorriso.

«Perché non me l'hai detto prima?» Inarco un sopracciglio lottando contro il sorriso che vuole formarsi sul mio volto.

«Mi hai distratto con il tuo dipinto.» Il sorriso finalmente si fa largo sul mio volto e le gote si accaldano.

«Caro mio Nolan, non devi prendere questa brutta abitudine, non puoi sempre distrarti!» Alzo l'indice sventolandoglielo davanti agli occhi come si fa con i bambini quando sbagliano qualcosa.

«In mia discolpa posso dire che questa abitudine sta diventando una belle dipendenza.» Sorride, un sorriso diverso da tutti gli altri che mi regala quando pronuncia frasi del genere. Questo è un sorriso sincero diverso dai suoi soliti sorrisi beffardi.

«Posso solo dirti che può nuocere gravemente alla salute» pronuncio quelle parole istintivamente, restando al suo gioco di non dire se la distrazione fossi io o ciò che faccio. «Può essere complicata, difficile da gestire e può essere soprattutto deleteria» sorrido poggiando la testa contro lo stipite della porta sotto al suo gomito che sorregge la sua testa a pochi centimetri dalla mia. «Ma può anche farti del bene, dipende in che modo tu quanto controllo hai su te stesso e su di lei, o puoi accettarla in tutte le sue forme e quindi può farti di tutto.» Sorrido mordendomi il labbro senza distogliere i miei occhi dai suoi, una dipendenza che in questi ultimi giorni sta iniziando a crescere dentro di me.

«Se proprio deve essere una bella dipendenza allora deve fare sia bene che male. Se non fa bene non è bella, ma se non fa male non è una dipendenza.» Sorride anche lui avvicinando il suo volto al mio e lasciandomi un bacio sulla fronte dipinta di blu, con il colore ormai asciutto, che spero vada via senza irritarmi la pelle. Stacca le sue labbra dalla mia fronte tornando a guardarmi. «Ora, se vuoi rendere felice il tuo piccolo stomaco vai a fare la doccia che volevi fare e poi, a fare colazione, che è molto importante!» Mi pizzica il naso tra le sue dita dopo la sua esclamazione. Annuisco e mi allontano da lui, che mi richiama. Mi volto e le gote si accaldano in un modo indescrivibile e credo che siano più rosse delle fiamme in un incendio appena divampato. Compio i piccoli passi che mi separano da lui e prendo dalle sue mani la parte inferiore del mio intimo in pizzo nero, chiudendomi in bagno. Lascio aderire la schiena alla porta che chiudo a chiave, iniziando a respirare di nuovo in modo regolare e confermando di avere le gote rosse, quando nello specchio più che il mio volto mi sembra di star guardando il riflesso di un peperone rosso. Sorrido maggiormente davanti al riflesso del mio sorriso e accedendo la piccola radio, mi perdo nelle parole della canzone, nella melodia e nelle gocce d'acqua che bagnano il mio corpo. Sciacquo più volte il volto per far andare via il colore. Esco dalla doccia e indossando un vestito bianco e legando solo le ciocche più lunghe che cadono davanti al volto, dietro la testa con un piccolo foulard.

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