13. Fanculo la paura di non piacere agli altri

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L'abbaiare in modo rauco di Eliot mi fa sbattere ripetutamente le palpebre non capendo inizialmente dove io mi trovi. Lentamente alzo la testa e mi ritrovo il volto di Nolan a pochi centimetri dal mio. Immediatamente le mie gote si tingono di rosso e cerca di muovermi ma il mio corpo è bloccato contro il suo, dalle sue braccia che mi tengono stretta. Versi indistinti escono dalle sue labbra facendomi sorridere come una bambina che si alza nel letto dei suoi genitori, sentendosi una principessa per quanto il letto sia grande.

«Buongiorno» sussurra con la voce roca e impastata dal sonno, aprendo i suoi bellissimi occhi e puntandoli sul mio volto.

«Perché sei qui?» Adesso che è sveglio, riesco a sgusciare fuori dalle sue braccia, nascondendo la testa sotto al cuscino a causa della situazione che mi imbarazza.

Anche la scorsa volta abbiamo dormito insieme, ma ognuno al suo corrispettivo posto.

«Ti sei addormentata subito dopo avermi abbracciato e per non svegliarti ho aspettato che fossi tu a muoverti, ma da quello che sto vedendo, anche i miei occhi hanno ceduto e mi sono addormentato.» Afferma mentre in sottofondo alle nostre parole Eliot continua ad abbaiare. Sento le gote diventare calde e girandomi verso di lui, con la testa ancora sotto il cuscino, cerco di sbirciare e vedere la sua espressione. «Lo sai che riesco a vederti vero?» Ridacchia togliendomi il cuscino dal volto e prontamente, lo copro con le mani. «Perché ti stai coprendo? Questo è il quarto giorno che vedo il tuo bellissimo viso!» Circonda i miei polsi con le sue mani, togliendo così le mie dal mio volto, nonostante il fatto che io pongo resistenza, riesce a vincere lui con la sua forza. Apro un occhio per guardarlo mentre tiene le mie mani bloccate sul mio ventre, e davanti al suo sopracciglio inarcato, capisco che aspetta solo ricevere una risposta alla mia domanda.

«Non mi hai mai visto nessuno appena sveglia, tranne la mia famiglia, qualche mia amica e Meredith. Non ho mai avuto un alto tasso di autostima, ma la mattina, appena sveglia, la mia autostima non è nemmeno percepibile per quanto io non mi piaccia.» Affermo aprendo entrambi gli occhi, ormai è inutile cercare di coprirmi in qualche modo.

«Perché non ti piaci?» Si posiziona di lato, mantenendosi su un gomito mentre con l'altra mano continua a tenere ferme le mie.

«Ho sempre odiato più che altro il mio corpo, non perfetto a causa del continuo circolo vizioso a cui lo sottoponevo, tra perdere e prendere chili. Poi pian piano ho iniziato ad accettare la cellulite che avevo sulle gambe, alla pancia a volte gonfia e non sempre piatta, i brufoli sul corpo. Ho cercato di accettarle poiché non avevo forze per migliorarmi e poi perché avevo passato troppi anni a cercare di sembrare perfetta, almeno per l'aspetto fisico, che ora volevo solo amarlo come mai nessuno aveva fatto. Volevo dare amore a me stessa, ne sentivo il bisogno viscerale di guardarmi allo specchio e dirmi: che bastava che a me piacesse ciò che i miei occhi vedevano riflesso dentro di esso. Volevo bastarmi perché ormai non sapevo su chi poter fare affidamento» sorrido timidamente sospirando a fatica per l'intensità del suo sguardo cristallino «Ma non posso negare che spesso i dubbi tornano, soprattutto quando qualcuno mi guarda troppo da vicino o per troppo tempo.» Giro la testa al lato opposto per non fargli vedere gli occhi che mi diventano lucidi.

«Alzati!» Mi volto con un sopracciglio leggermente inarcato verso di lui, che è in piedi e mi porge una mano. Con il suo sguardo fermo e impassibile, mi invita ad accettare la mano, così con la mia mano tremante la stringo e grazie al suo aiuto mi alzo. Mi posiziona davanti allo specchio a figura intera posizionandosi dietro di me. «Cosa non ti piace del tuo volto?» Intreccio i suoi occhi dal riflesso e lo vedo serio come mai prima d'ora.

«La faccia, la vedo sempre gonfia e a tratti noto il sottomento che aumenta le mie insicurezze per quanto riguarda il viso.» Poggia le sue mani sulle mie guance e io arrossisco.

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