29. Voglio rinascere dalle ceneri del mio passato

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Assorta nei miei pensieri tra gli scaffali della libreria attendendo qualcuno che abbia voglia di prendere un libro, inizio a sfogliare i libri nella sezione dei miti, soffermandomi su un libro dalla copertina blu e al centro una fenice in volo. Stringo il libro al petto e vado a sedermi su una delle piccole sedie dei bambini iniziando a leggere svogliatamente alcune parti in modo casuale sentendo quell'animale molto affine a me. «  La fenice è spesso nota anche con l'epiteto di araba fenice e chiamata anche uccello di fuoco. L'araba fenice, secondo il suo principale mito, è il simbolo della morte e della resurrezione, per questo si usa dire "come l'araba fenice che risorge dalle sue cenere". Dopo aver vissuto per circa cinquecento anni la fenice sentiva sopraggiungere la morte, ritirandosi in un luogo appartato dove costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma, all'interno del quale accumulava le più pregiate piante balsamiche, intrecciando un nido a forma di uovo nel quale si adagiava lasciando che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme.» Prendo istintivamente uno dei fogli bianchi dal mucchio al lato del tavolo e una matita iniziando a disegnare linee discontinue in modo molto leggero, come se stessi accarezzando il foglio con la mina, prima di riportare la mia attenzione al libro. Ora inizio ad essere affascinata da quest'uccello grande ed estremamente maestoso a tratti simile all'aquila reale. «A causa della cannella e della mirra che bruciano all'interno del nido, la morte di una fenice è accompagnata da questo gradevole profumo che emanano le piante accanto a lei. Dal cumulo di cenere emergeva una piccola larva, o un uovo, che baciato dai raggi del sole cresceva rapidamente diventando la nuova fenice nell'arco di tre giorni, dopodiché la nuova fenice volava a Eliopoli posandosi sopra l'albero sacro, dove si narra che nella sua gola giungeva il soffio della vita ovvero il suono divino.» Sorrido e chiudo il libro che produce un piccolo suono grazie alla copertina rigida e dal barattolo posto al centro del tavolo prendo alcuni colori cercando di riprodurre delle sfumature di colori che sembrassero essere fatta con della pittura molto diluita.

Inclino la testa di lato immergendomi completamente nel disegno alternando i colori tra le mani sentendo crescere dentro di me una forza mai provata prima, fin quando un tonfo non mi fa sobbalzare e per poco sbavare il disegno. Mi alzo con un'aria interrogativa sul volto guardandomi attentamente in giro inseguendo il suono, che si ripete e quando scopro il motivo, decido di essere malvagia e incrocio le braccia al petto schiarendomi la gola.

«Vorrei informare i signori qui presenti, che vi trovate in un luogo pubblico!» Cerco di utilizzare un tono autoritario ed entrambi si voltano verso di me.

«Io sarei l'erede, quindi al momento è anche mia.» Inarco un sopracciglio nell'udire le parole di Joel che tiene ancora stretta Rachel contro il suo corpo.

«Mi scusi, ma io sono una dipendente assunta da Arline e mi attengo a ciò che lei vuole che faccia, tra qui impedire atti osceni in luogo pubblico.» Decido di tenere vivo il gioco ma a entrambi viene da sorridere nonostante il nostro cercare di trattenerlo.

«Potrei parlare con mia zia e licenziarla.»

«Non credo ne sarebbe capace.» Continuo ad avere le braccia incrociate al petto e lo sguardo torvo.

«Su questo hai ragione!» E finalmente entrambi scoppiamo a ridere mentre Rachel cerca di allontanarsi dal suo amato, che la tiene stretta guardandola profondamente negli occhi e probabilmente per i troppi libri letti, film visti o il mio lato malizioso che cerco di tenere nascosto, riesco a capire quello sguardo e alzando le mani al cielo scuoto la testa divertita.

«Io ritorno nella sezione dedicata ai bambini, vi prego, non gettate a terra l'intero scaffale!» Sorrido maliziosa e mi allontano da loro sedendomi nuovamente su quella sedia bassa e fin troppo piccola per me ma che fa sorridere la parte infantile dentro di me.

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