CAPITOLO X revisionato

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Vengo svegliato e mi sembra che siano passati soltanto pochi minuti da quando ho chiuso gli occhi. Mi stiracchio svogliatamente e mi metto a sedere; la tenda è avvolta dalla penombra e i suoni esterni mi arrivano in modo ovattato.

Ha finalmente smesso di piovere e il sole illumina il fiume, portando nuova poesia e nuova speranza in questa giornata.

Mentre ammiro l'acqua fresca scorrere allegramente, si avvicinano il bambino di ieri sera e i suoi genitori e mi porgono un cestino con frutta e dolcetti, per ringraziarmi. Il loro sguardo vale molto più di qualsiasi dono materiale, ma accetto comunque il regalo e vado in cerca di Liam e del Comandante, per condividerlo con loro.

Liam è accovacciato sulla riva del fiume e si passa le dita sulla ferita al volto che gli ha causato l'inseguitore sulla nave.

«Che cosa fai?»

«Penso a cosa dirà mia moglie, quando vedrà questa orribile cicatrice»

«Secondo me, ti fa sembrare un duro»

Mi sorride e si allontana dall'acqua, mettendosi seduto più comodo.

«E la tua?» indica la mia spalla.

Questa? Sono caduto da un albero»

«Molto eroico. Ad ogni modo... che io sappia, ti stai addestrando al combattimento solo da poco. Eppure, è già la seconda volta che te la cavi contro un inseguitore»

Devo essere fortunato» faccio spallucce.

«Dici? Secondo me hai un'arma segreta. Magari sei l'inseguitore degli inseguitori»

Rido alle sue parole e mi siedo accanto a lui; chiacchieriamo e mangiamo insieme un po' di frutta e dolci. Sono ancora scosso per quello che è successo ieri notte, ma la compagnia di Liam è piacevole e mi fa stare bene.

Poco dopo mi alzo in cerca del Comandante e lo trovo vicino alla tenda principale, ad accarezzare Lexa.

Mi vede arrivare e mi saluta con un cenno della testa, ma i suoi occhi sembrano spenti. È stanco anche lui. Dopotutto, mi ha cercato per ore nella foresta.

«Continuerà lo stesso a farmi usare la spada, vero?» gli domando, porgendogli quello che sembra un tortino ripieno ai frutti di bosco.

Il suo sguardo interrogativo mi spinge a parlare ulteriormente.

«Il patto per cui io non mi allontano da solo e lei mi addestra ad usare la spada... Ieri sera non sono andato da solo per disobbedirle»

«Lo so, tranquillo» continua ad accarezzare la lupa, sospirando e prendendo con l'altra mano il dolcetto. «Hai fatto quello che andava fatto»

Gli tengo compagnia finché non finisce di mangiare, poi ci mettiamo in cammino insieme a Makenna e agli altri per raccogliere le provviste.

Ci alleniamo tutto il pomeriggio; non ho riposato bene stanotte e la stanchezza accumulata si fa sentire, così durante gli esercizi mi blocco spesso e mi innervosisco facilmente.

Mentre passo la lama davanti a me come mi ha mostrato il Comandante, faccio un movimento brusco con il polso e un'intensa fitta di dolore mi arriva fino al cervello, destabilizzandomi. Appoggio la sciabola e inizio a ruotare il polso prima in un verso, poi nell'altro, tentando di far passare l'indolenzimento all'articolazione. Non è come quando mi allenavo a mani nude, non la sento mia questa spada.

«Cosa c'è che non va?» il guerriero si avvicina, vedendo che mi sono bloccato.

«Niente, ho fatto un movimento sbagliato»

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