CAPITOLO XI revisionato

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Il giorno dopo la mia colossale sbronza, il Comandante mi grazia non facendomi allenare, forse per evitare di dovermi correre dietro con il secchio per il vomito. Così mi limito ad aiutare alcune donne nella tenda delle provviste ed Enya mi porta un infuso a base di erbe, per farmi riprendere prima. Straordinariamente, funziona alla perfezione.

Passo i successivi giorni ad addestrarmi con la spada e a corpo libero finché, una mattina, Makenna non si propone di insegnarmi a usare anche l'arco.

Mi mostra come individuare quale sia il mio occhio dominante e mi consegna l'arco più adatto a me. Mi spiega come posizionarmi, come incoccare e mi fa scegliere il bersaglio che preferisco.

Inspiro profondamente e scocco la freccia, solo per vederla infilzarsi miseramente nel terreno. Faccio qualche altro tentativo e scaglio frecce nelle più disparate direzioni; il capotribù mi corregge pazientemente, sistemandomi il gomito e l'impugnatura dell'arco, mentre trattiene a stento le risate.

Inspiro di nuovo, cercando di concentrarmi.

Prendo la mira.

La freccia trafigge l'aria e si infilza in un frutto che pende da un ramo parecchio distante dal bersaglio che avevo scelto.

«Imparerai, non preoccuparti»

Dopo qualche ora, ci avviamo verso l'accampamento; rimangono pochi giorni prima della partenza e dobbiamo ancora portare a termine i preparativi.

Mentre camminiamo, un pensiero sottile si fa spazio in mezzo agli altri, striscia lentamente e riesce ad arrivarmi dritto al cuore.

«Makenna, posso andare a fare una domanda al vostro oracolo?»

«Certo. Posso sapere cosa vorresti chiedergli, o è un segreto?»

Rifletto un momento se rivelare o no quello che ho intenzione di domandare all'oracolo; Makenna mi piace, è sempre stato gentile con me ed è un ragazzo forte e dolce allo stesso tempo, non mi sembra poi così azzardato aprirmi con lui.

«Secondo te, io potrei farcela da solo? A trovare l'Ampolla sacra e gettarla nel Pozzo, intendo...»

«Cosa?!» mi scruta con aria perplessa. «Perché mai dovresti farlo da solo?»

«Magari, se andassi solo io... eviterei agli altri di rischiare la vita...» le parole mi escono come un sussurro, non sono neanche sicuro che mi abbia sentito.

«Kees... so che sei tu il Prescelto, ma questa guerra non è solo tua. Molti hanno perso persone che amavano a causa degli Huai e dei loro mostri, quindi, sono disposti a sacrificare le loro vite, pur di riportare la pace nelle isole» mi si avvicina, scompigliandomi i capelli con una mano, come è solito fare. «Non sei solo in questa battaglia. Ricordatelo»

Ripenso a tutte le battaglie interiori che ho combattuto senza nessuno al mio fianco. Penso alle volte, dopo la morte di mia madre, in cui la paura di rimanere solo mi assaliva. Se ne stava in agguato, in un angolino del mio cuore, pronta a colpire quando meno me lo sarei aspettato. Mi costringevo ad abbozzare sorrisi durante il giorno per non farmi vedere triste e impaurito dagli altri. Ne andava anche del mio posto di lavoro. Nessuno avrebbe voluto veder danzare e spogliarsi un gomitolo di paura e tristezza. Dovevo essere provocatorio, sensuale e sfacciato. A volte, però, la paura riemergeva e mi assaliva, lambendo la carne del mio cuore. Tra le oppressioni che portava con sé, anche il dolore della perdita e l'ansia per il futuro venivano a farmi visita. Una battaglia mille contro uno.

E invece, ora, non sono solo.

Non sono solo.

Arriviamo all'accampamento e siamo subito accolti calorosamente da Lexa, che ci salta addosso leccandoci la faccia.

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