La mattina mi svegliai accanto al ragazzo con cui avevo passato una notte bellissima. Dopo tanto tempo mi ero concessa a qualcuno perché lo volevo e non perché dovessi farlo per suo volere. Era stata - dopo un tempo indefinito, ma lunghissimo - la sensazione più bella in assoluto. Eccitazione era salita alle stelle, sia quella fisica che quella sentimentale.
Ora è qui che dorme beatamente, mentre io non faccio che pensare al fatto che ho compiuto la maggiore età a mezzanotte e che appena scenderò e finirò la colazione, dovrò invidermi quello stupido marchio. Ma tutto pur di avere delle risposte sulla mia famiglia. Il ragazzo aprì gli occhi incatenando quel grigio limpido nel mio nero. Era una sensazione nuova per me, svegliarmi accanto a qualcuno con cui la notte prima avevo scambiato un piacere carnale. Era rimasto, o meglio io ero rimasta, perché questa era la sua stanza. Ci sorridemmo e dopo poco io ero in camera mia a lavarmi e vestirmi. Una manica corta e un jeans lungo era ciò di più carino che riuscii a trovare. Del resto era il mio compleanno e - non so nemmeno io il perché di questo mio contorto pensiero - lo passai con ciò che si avvicinava di più ad una famiglia e, il marchio, a un regalo.
Scesi le scale e ogni gradino che facevo mi diveniva sempre più pesante. Sentivo che stavo camminando verso l'oblio. Sentivo i passi strascinati, come se avessi una palla legata alla caviglia e, forse, l'avevo davvero, - come tutti - solo che era invisibile ed aveva un nome. Un nome che metteva i brividi solo a nominarlo: destino. Tutti ne siamo legati e non possiamo di certo sfuggirgli, ci troverà sempre e comunque, non possiamo cambiarlo. È scritto e resterà così per sempre. Crederci o meno è soggettivo, ma un qualcosa più grande di noi esiste. Un qualcosa che ci ha scritto la vita e metterà più un punto. Possiamo chiamarlo destino, dio, fato o come vogliamo, ma la sua forza è troppo ed è invincibile.
È così che mi sentivo quella mattina destinata all'oblio. E non c'era niente che io potessi fare. Avevo diciotto anni e dovevo solo accettare il marchio. Le mie ombre scalpitavano per tornare indietro. Cercavano di portarmi in camera e farmaci chiudere dentro. Restare in un angolo in balia dei miei pensieri, di loro. Varcai la porta del salone. Il lungo tavolo apparecchiato con i più svariati cibi: uova, bacon, frutta, dolce e salata. Il mio stomaco era chiuso, bloccato a qualsiasi tipo di ingerimenro, ma la mia maschera doveva tenere forte. Ora più che mai. I miei coetanei entrarono, scambiandomi cenni di capo come a dirmi ''Hey tanti auguri. Ora anche tu subirai questa sorte''. Non sapevo se esserne orgogliosa o meno. Era improbabile perdere questa battaglia, Voldemort era troppo potente per un ragazzino di neanche diciotto anni. Harry Potter non avrebbe mai potuto batterlo. ''Il bene vince sul male''. Questa è la frase che ci hanno sempre ripetuto, - sin da bambini - ma io non ci ho mai creduto. Vince chi gioca d'astuzia, di furbizia, di anticipo, usando il gioco sporco. Chi è leale perde. È il ciclo della vita. Il più forte vince sul più debole. E, per quanto il ragazzo sopravvissuto potesse essere potente, Lord Voldemort lo era mille volte di più. L'unica speranza che poteva avere il grifondoro era Silente, ma il Signore Oscuro aveva pensato anche a questo. Il giovane Malfoy - il ragazzo che mi aveva fatto passare una notte bellissima - era stato incaricato di un compito assai difficile: ucciderlo. Un'impresa ardua, difficile che non ammetteva errori. Eravamo stati divisi a coppie per lavorare: Mattheo e Draco dovevano assassinare Silente, Tom e Regulus dovevano escogitare un piano per vincere la guerra. E poi c'ero io - una ragazzina cresciuta in una famiglia di persone fidate al bene, convinta di essere la loro bambina che poi ha scoperto di essere stata adottata, insicura e piena di complessi - che dovevo riparare un certo armadio svanitore e permettere di far entrare i mangiamorte ad Hogwarts. Un piano che sarebbe di certo riuscito solo se Malfoy e Riddle junior fossero riusciti nel loro compito.-Tanti auguri, Eithel- mi sentii sussurrare nell'orecchio destro.
-Grazie- risposi freddamente.
Mangiammo in silenzio. Solo Bellatrix Lestrange sghignazzava e mi parlava dei benefici di essere una mangiamorte.
L'ho sempre avuta seduta a sinistra. Aveva una mente contorta e sadica e mi piaceva, era molto simile alla mia. Da subito mi ci trovai in sintonia, potevo quasi definirla un'amica.
Lucius Malfoy, di fronte a me, era l'unico che non gradiva la mia presenza. Mi ha sempre disprezzata e non ha mai mancato occasione per farmi sentire a disagio. Anche ora, durante il pasto, mi guardava in modo truce come a volermi dire qualcosa. La moglie, invece, era una donna fenomenale. La amavo. Era tutto l'opposto della mia e mi aveva fatto chiedere più volte se anche mie madre sarebbe stata così nei miei conforti, se solo avesse vissuto più a lungo.
L'uomo dai capelli bianchi continuava a lanciarmi occhiate di sottecchi, iniziavo a irritarmi parecchio.-Signor Malfoy, ha per caso qualcosa da domandarmi?- gli chiesi mentre addentavo una fetta di bacon croccante. Tutti smisero di mangiare, compreso il Lord, per osservarci. Posate a mezz'aria furono riposate nei piatti facendo calare un silenzio assordante che venne interrotto dalla voce lenta dell'uomo.
-Nulla, cara- tornò a mangiare, ma io non sono una che vede facilmente e così continuai imperterrita assumendo il mio carattere strafottente e illeggibile che mi caratterizzava.
-Sa.. non gradisco particolarmente essere osservata - mi leccai le labbra -e lei continua a farlo. Qualsiasi domanda lei abbia sono certa possa porla qui davanti a tutti- Draco strabuzzò gli occhi per il mio atteggiamento e tutti e tre i suoi cugini facevano fatica a trattenere le risate.
-Certamente- si asciugò la bocca - Vedi mi domando cosa tu ci faccia in mezzo a noi. Non hai nessuna caratteristica che possa avvicinarsi minimamente a quelle dei mangiamorte o al nostro signore- sorrise credendo si averla avuta vinta.
-Se il vostro signore ha chiesto espressamente di avermi nella vostra combriccola, significa che qualche caratteristica dovrò pur averla come voi, non trovate?- sorrisi a mia volta alzandomi da tavola e andando accanto a Voldemort.
-Inoltre, mi deve delle risposte e lui non vuole assolutamente che il suo piano fallisca o che io riveli i suoi piani al mondo intero, non è così Voldemort?- parlai accanto all'orecchio di quest'ultimo.
-No infatti. Lucius taci- e così fece. Mi guardò in modo truce, ma lo avevo messo in imbarazzo davanti a tutti e questo mi bastava.
***
-Il braccio- aveva detto l'Oscuro Signore poco tempo dopo nel salone del Manor.
Tutti eravamo qui riuniti per la mia cerimonia. Proprio come era stato per Draco e Regulus. Gli porsi il braccio sinistro in attesa. Spinse tra le vene la sua bacchetta. Un senso di vuoto iniziò a pervardermi. Sentivo la mia essenza scivolare via, finché sul braccio non rimase che quel marchio nero. Non potevo tornare indietro. Ero sua e lui era mio. Il nostro patto era ancora sigillato. Avrei scoperto ogni minima cosa riguardante il mio passato.
Bellatrix urlò dalla gioia correndo ad abbracciarmi e canticchiare una strana melodia. Ciancischiò qualche complimento e parole di fierezza. Io invece tenevo gli occhi fissi in quelli di Voldemort.-------------
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in love with both of them
FanfictionEithel Jonson una ragazza poco considerata dalla famiglia. Sarà costretta ad andare ad Hogwarts... riuscirà qualcuno a sciogliere il suo cuore di ghiaccio? Ma soprattutto ci sarà qualcuno in grado di capirla fino in fondo? - presenza di droghe, alco...