7. Tre buone ragioni per chiamare la polizia

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Si era diretta verso casa del nemico con i sottofondi musicali rilassanti utilizzati da Margherita a lezione nelle orecchie e, soprattutto, tanta voglia di risolvere la questione da persone civili. La furia omicida del giorno precedente si era dissipata quasi del tutto, e la ragazza era abbastanza sicura di potersi dare un freno.

Poi però Riccardo aveva deciso di volersi divertire ignorando il campanello di casa e la Freya nera di rabbia aveva fatto il suo mistico ritorno.

Peccato, i buoni propositi alla fine c'erano stati tutti.

Per invogliare il bambino ad abbandonare quella ridicola sceneggiata, aveva premuto il citofono e non aveva più allontanato il dito per almeno tre minuti — per la serie: o mi ascolti, o perdi l'udito in maniera irreversibile.

L'immensa bestiaccia nera non la smetteva di abbaiare da altrettanto tempo e i vicini sembravano sul punto di mettere mano al telefono fisso di casa per chiamare i carabinieri.

Ironico, avrebbe dovuto farlo lei.

Infine, dopo un lasso interminabile in cui persino il cane sembrava essere arrivato al punto di perdere la voce, Riccardo si stancò del proprio gioco e uscì dal garage, spingendo con un sogghigno la sua graziella arrugginita — forse anche per evitare che alla belva scoppiasse un aneurisma.

«Scanna, sta' buono.» disse in direzione del cane.

Scanna, il nome perfetto per la bestia di Satana che era.

All'udire i passi del proprio padrone, il Terranova zampettò scodinzolante in direzione del ragazzo come un tenero Corgi, quasi a volergli dire: hai visto? Guarda come ho tenuto alla larga questa spaventosa minaccia.

Freya, dal canto suo, osservava il progressivo avvicinarsi del suo nemico con gli occhi ridotti a fessure e le narici ballerine. Questo aprì il cancello sempre con la sua usuale espressione orgogliosa e, un attimo prima di spintonare il biciclo verso la sua proprietaria, lanciò l'ennesima provocazione.

«Neanche un grazie?»

La ragazza sgranò gli occhi: grazie per cosa? Per averle rubato il mezzo e averla lasciata a piedi?

«Perdoni?» domandò incredula.

«Le sto restituendo la bici. Buona educazione vuole che si esprima riconoscenza a chi ci fa un favore.» replicò l'altro con semplicità, come se avesse dato fiato ad una constatazione qualsiasi.

Freya lo guardò attonita per un secondo, prima di controbattere irritata:

«Buona educazione vuole anche che non si sottraggano gli oggetti altrui.»

«Buona educazione vuole che non li si lasci poggiati alle proprietà dei vicini.»

La ragazza, sempre più stizzita e vicina al tracollo emotivo, incrociò le braccia al petto con fare di sfida.

«Forse avrei dovuto denunciarla per furto?»

Solo allora Riccardo sembrò rendersi conto dell'entità della fesseria, potenzialmente lesiva persino per la propria fedina penale — fino a quel giorno candida come un bucaneve. Al mutare dello sguardo del geometra, Freya prese sicurezza di sé e decise di rincarare la dose.

«Proprio una bella pubblicità per suo padre. Già mi immagino gli articoli di giornale: figlio del sindaco in gattabuia per scippo.» disse tagliente lei. «Ora che ci penso avrei guadagnato molto di più a fare questa benedetta telefonata; le prove, dopotutto, me le aveva fornite lei stesso.» terminò con una citazione al bigliettino su cui Riccardo aveva lasciato la propria firma.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora