31. Amore a prima vista

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«Buongiorno.»

Panico, paura.

Riccardo si era presentato a sorpresa da Fisco Germoglio.

«Buongiorno.»

Il volto di Freya era stato attraversato da una smorfia confusa, mentre con le dita si era messa a giocherellare con il bordo di una risma di fogli. Non avevano mica pattuito che la cosa sarebbe rimasta segreta?

Che ci faceva lì, senza appuntamento? Aveva controllato l'agenda quella stessa mattina, la sua presenza non era stata richiesta. Le soluzioni potevano essere tre:

- Si era perso;

- Era impazzito;

- Era impazzito e aveva appena deciso di annunciare ai colleghi che fossero finiti a letto insieme, magari sventolando il paio di mutande che lei, casualmente, non aveva trovato la mattina successiva;

Si era sistemato i capelli chiari con il gel, la camicia era talmente ben stirata da farle pensare che un secondo prima di presentarsi, lui le avesse dato un'ultima passata con il ferro — il che escludeva la prima opzione. Dietro a quella visita si nascondeva dell'intenzionalità neanche troppo celata. Avrebbe dovuto rallegrarsene, ma un cattivo presentimento le suggeriva di non festeggiare troppo.

Il geometra di raro si gettava a capofitto in azioni sconsiderate, perciò, se si trovava là, un motivo doveva esserci.

Riccardo si fermò un istante a osservarla, un mezzo sorriso compiaciuto a piegargli le labbra rosee. Non provava un briciolo di vergogna, sembrava starla spogliando con gli occhi.

Freya picchiettò scocciata un piede.

«Datti un contegno!» sussurrò impaziente. «Smettila, non è il momento né il luogo.»

Riccardo si lasciò sfuggire una risata sommessa.

«Mi dica cosa vuole.» continuò lei, ora con voce più alta e professionale.

«Devo stampare questi due file.» rispose il ragazzo.

Le porse una chiavetta USB che, non appena inserita nella porta del computer, le rivelò la presenza di due documenti stranamente leggeri. Una ventina di Kb ciascuno.

Sospetto, molto sospetto.

Freya sollevò lo sguardo su di lui: si era poggiato al suo bancone e la guardava fisso.

«Mi dica che non sono virus.»

«Certo che no.»

Poteva davvero fidarsi? Aprendoli, il computer non le esplose. Le premesse erano positive.

Ma il dubbio non scemava via: erano due pagine mezze vuote. Perché mai Riccardo, possessore di uno studio — ergo dotato di stampante — si presentava alla sua porta?

«Che bella stazione radio, cos'è?»

Freya lo guardò in tralice.

«Scusi?»

«Che stazione è? Radio Bergamo?»

«Io... non lo so.»

«Chieda, per favore.»

La ragazza corrugò le sopracciglia e, senza perderlo di vista, pronunciò:

«Gigi!»

Qualche istante successivo, il signor Gigi cacciò fuori la testa dal suo ufficio. Scorgendo Riccardo, il titolare assottigliò gli occhi con fare guardingo.

Allora non era l'unica a fiutare la bizzarria.

«Riccardo», si corresse, «Valsecchi, qui, mi chiede che stazione radio stiamo ascoltando.»

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora