24. Assicurati che il tuo Grillo Parlante...

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Dormiva serena, la povera ingenua.

Il petto nudo si sollevava e si abbassava con un ritmo regolare, il lenzuolo stropicciato era scivolato a terra dopo che questa vi si fosse rotolata dentro. La radio sveglia segnava le tre di notte — l'ora del Diavolo, avrebbe detto la sua vittima.

Ricordava quando questa aveva iniziato a farneticare come non volesse mai ritrovarsi sveglia a quell'ora, per paura di entrare in contatto con qualche entità maligna. Se solo avesse aperto un occhio e ci fosse stata un po' più di luce, avrebbe sorpreso Freya al suo capezzale, intenta a sorridere sadicamente come uno di quei demoni che tanto temeva.

Prima ancora che potesse fermarsi e pensarci su una seconda volta, la ragazza sollevò con lentezza la padella che reggeva in mano; in un movimento aggraziato ma deciso, assestò con un mestolo di legno un colpo sicuro sul culo. Il gong che ne derivò fu talmente rumoroso, da rimbombare contro le pareti della stanza messa a soqquadro.

Sicuro l'aveva sentito anche la vicina di piano.

Margherita sussultò sul suo letto e, come se si fosse allenata per farlo, sfilò d'istinto da sotto il cuscino un coltellino svizzero.

Ma tu pensa, se solo avesse deciso di fare quella fesseria qualche passo più avanti, si sarebbe addirittura presa una pugnalata.

La donna arrancò sul materasso per raggiungere la lampada sul comodino e poter illuminare quella spaventosa figura che si ergeva ai piedi del suo letto — teneva sempre l'arma puntata dritta verso di lei, come se temesse che potesse aggredirla da un momento all'altro. Freya la vide strizzare gli occhi quando la luce colpì le sue iridi scure ma, invece che rilassarli una volta abituatasi, questa corrugò anche sopracciglia e naso. Non tentò nemmeno di nascondere il suo tamburo improvvisato.

Il viso di Margherita era appena diventanto rugoso come quello di un Bulldog francese. Freya vi leggeva sopra tutta la sua voglia di ammazzarla. Ma lei chiuse le palpebre per un istante — forse un tentativo di tenere a bada l'istinto omicida; fece un paio di respiri lenti e profondi, dopodiché le spalancò all'improvviso e riassunse l'espressione furibonda di prima.

«Sei matta!» strepitò.

Altra cosa che, senza ombra di dubbio, la vicina di piano aveva potuto udire senza alcun problema.

«Si può sapere cosa cazzo ti sia passato per quella testa bacata?!»

Margherita lasciò cadere il coltello sul coprimaterasso, si girò per lasciar cadere a terra le gambe nude.

A dire la verità nemmeno Freya sapeva dire con assoluta certezza cosa l'avesse spinta a imbracciare, alla simpatica ora delle tre di notte, un wok antiaderente e un vecchio mestolo di legno. Forse si era infastidita a vedersi mettere da parte da Riccardo quando la coinquilina era rincasata, quella stessa sera, ma da qui a creare un'orchestra improvvisata, se ne faceva di strada... era ricolma di rancore, ma non riusciva a definirne il motivo.

Margherita non era nemmeno la colpevole, ma visto che al momento poteva rifarsi unicamente su di lei, aveva deciso di mettersi all'opera.

«Volevo solo ripagarti con la tua stessa moneta.» ribatté Freya. «Questo è per tutte le notti insonne che mi hai fatto fare, quando ti portavi a casa tutti quegli uomini.»

Margherita sbatté le palpebre un paio di volte.

«No, dai. Mi stai prendendo in giro.» disse scuotendo il capo.

E invece no, Freya non la prendeva in giro: le stava solo rifilando una bugia più semplice da accettare da ambo le parti.

«Devi aver bevuto o fumato qualcosa, perché mi rifiuto di credere che tu l'abbia fatto da lucida.»

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora