La batteria di Tip si era scaricata.
Toccare ferro non era servito a nulla.
Una fortuna che, in quella mattinata di fine inverno, il meteo fosse passabile: niente nuvole, niente nebbia e un timido sole non ancora abbastanza intenso da riscaldare l'aria, ma neanche tanto debole da far calare le temperature. Decidendo di fare un piacere alla propria forma fisica — che con la stagione fredda aveva assunto la forma di una pera — Freya si era diretta a lavoro in bicicletta.
Una volta parcheggiata vicino all'entrata, la segretaria aveva respirato a pieni polmoni l'aria fresca mattutina, soddisfatta di quella pedalata da neanche due chilometri. Aveva salutato i colleghi con lo stesso spirito di un alpinista di ritorno da una faticosa scalata e, emettendo dei sospiri profondi, si era ripromessa di non farsi rovinare lo spirito da niente e da nessuno.
Peccato che però, a fine giornata lavorativa, tutto ciò che rimaneva della sua bici era un biglietto appeso alla cancellata su cui era stata poggiata.
"Nessuno le ha mai raccomandato di non abbandonare la propria spazzatura su suolo pubblico?
Riccardo"
Doveva trattarsi di uno scherzo.
Freya fissò il pezzo di carta stropicciata come se non credesse ai propri occhi. Dopo attaccarsi al pacchetto di sigarette e fumarsele una dopo l'altra per il nervoso, l'avrebbe strangolato a mani nude.
Decisa a rendere realtà le sue fantasie omicide, la segretaria ignorò il vociare dei colleghi che abbandonavano l'ufficio e le auguravano una buona serata, incamminandosi a piedi verso casa del ladro. Ma percorsi neanche duecento metri, si vide raggiungere dall'auto grigio topo di Diego.
«Non eri mica arrivata su due ruote?» le domandò incuriosito, dopo averla affiancata e aver abbassato il finestrino.
«Le due ruote me le ha rubate quel bastardo di Riccardo. Sto andando a riprendermele.» replicò l'altra, trattenendosi dal pestare i piedi a terra.
A sostenere le proprie accuse, la ragazza infilò il braccio nell'abitacolo per mostrargli la prova. Diego scosse la testa, borbottando tra sé e sé.
«Salta su, ti accompagno.»
Troppo arrabbiata persino per inveire, Freya non fiatò fino a che la macchina non si fermò davanti casa Valsecchi, una villetta bianca con giardino e circondata da una siepe alta e ben curata. Si lanciò contro il citofono per premerlo come un'ossessa ma, già al primo trillo, per poco non cadde all'indietro per lo spavento: un grosso Terranova nero si era scagliato energicamente contro il cancello, abbaiando e ringhiando come se volesse sbranarla. Una volta essersi ricomposta, Freya prese coraggio e si attaccò ancora al campanello, lasciando che questo emettesse un suono lungo e ininterrotto.
«Esci, stronzo psicopatico!» urlò per sovrastare i latrati della belva. «Maledetto, restituiscimi la bicicletta!»
Al diavolo l'educazione e il rivolgersi a vicenda dandosi del lei, Freya era fuori di sé
Alcune teste curiose emersero da dietro le finestre delle abitazioni vicine, allarmate dal baccano e dalle urla della ragazza. Diego, ancora in auto, sollevò i finestrini oscurati per evitare che il vicinato lo riconoscesse.
Poi finalmente la porta d'ingresso di villa Valsecchi si aprì. Tuttavia dietro di essa non c'era Riccardo — così come si aspettava lei — ma il padre. Aveva appena insultato il primo cittadino, poteva andare peggio di così?
Non appena la bestiaccia infernale udì i passi del proprio padrone avvicinarsi, gli corse incontro scodinzolando fiera. Il signor Valsecchi invece appariva meno felice, con una maglietta troppo stretta per l'addome globoso e lo sguardo di chi ha già il telefono pronto per allertare le autorità giudiziarie.
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La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)
Humor🎶VINCITRICE DEGLI WATTYS 2022 PER LA CATEGORIA "NEW ADULT" «Si sposti.» «Scusi?» «Si sposti, le ho detto.» ripeté lui stizzito. «Mi faccia entrare.» Tanto per ribadire il concetto, le picchiettò la stampella sul lato del piede. Il messaggio era ch...