17. In genere è molto peggio

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«Ti ci devo portare, ci vado tutti gli anni! Vedrai, Freya: non te ne pentirai.» affermò esagitato Diego.

Le nuvole in cielo erano tinte di arancione, sembravano fatte di zucchero filato. Qualcuno del suo condominio doveva star tenendo una festicciola per celebrare qualcosa, in quella serena giornata di metà aprile, perché i bassi della cassa erano vagamente udibili in tutta la via. Il furgone di "Valsecchi s.r.l." era parcheggiato sempre nello stesso preciso posto di tutte le sere. Sembrava una sera come tante altre.

«Verrò. Mi hai convinta con lo street food.»

Stava spingendo la graziella come tutte le sere e Diego, al suo fianco, ciondolava con entrambe le mani nelle tasche. Stavano parlando di una sagra di un paese non molto lontano da Valle d'Arnosio — finalmente un argomento diverso, avrebbe voluto esultare lei — e, il fatto che questo l'avesse invitata senza mostrare alcun imbarazzo, lasciava presagire che il flirt fosse stato per il momento messo da parte.

«In questi giorni mi leggo bene il programma e ti faccio sapere, allora.» replicò Diego risoluto.

Si fermarono poi l'uno di fronte all'altro e Freya gli sfoggiò un bel sorriso. Con un po' di fortuna avrebbe incontrato un'altra ragazza con i suoi stessi interessi e l'avrebbe declassata a semplice amica.

«Ci sentiamo in questi giorni?»

«Certo che sì.»

E poi ecco rispuntare la vergogna. La segretaria si stava giusto domandando quanto avrebbe dovuto preoccuparsi, prima che questo facesse un passo avanti per abbracciarla.

D'accordo, glielo concedeva: per qualcuno non abituato al contatto fisico, quel genere di manifestazione poteva causare un po' di disagio.

Freya rispose alla stretta del collega con più calore, ma fu comunque la prima ad allontanarsene. Quando si voltò per incamminarsi verso il portone d'ingresso del condominio, notò Riccardo in piedi, poco distante da esso. Li guardava inespressivo con il capo leggermente inclinato a destra, come i cani quando cercano di comprendere qualcosa. Una volta scoperto, si raddrizzò come se nulla fosse. Il piglio freddo, tuttavia, permase e, prima di ricominciare a camminare in direzione del furgone, non era riuscito a trattenersi dal far ballare gli occhi tra i due. Infine aveva squadrato Diego con superiorità, quasi stesse osservando una mosca in mezzo al piatto.

Anche Freya si era fermata per un istante, poi però aveva ripreso i propri passi — un po' più rigidi, ma comunque orgogliosi.

Incrociandosi, Riccardo si schiarì la gola.

«'Sera.»

«Buonasera.»

E lei era sfilata via. In genere si girava sempre per salutare di nuovo Diego, dal momento che questo aspettava sempre che lei oltrepassasse la soglia di ingresso prima di andarsene, ma questa volta preferì sparire e basta.

Era fuggita via così velocemente da non udire la provocazione di Riccardo nei confronti di Diego.

«Questa mi è nuova: adesso hai pure la morosina?»

E da una parte fu meglio così.

Man mano che saliva le scale, le parve sempre più ovvio come quella musichetta orrenda che rimbombava per tutta la via provenisse dal suo stesso appartamento. Il pianerottolo le ricordava l'ingresso di una discoteca. Margherita si stava ascoltando uno dei suoi tanti sottofondi strategici per aumentare qualche fantomatica abilità cognitiva. Assurdo che i vicini non si fossero mai lamentati per quel brutto vizio.

Non appena aprì il portone blindato, la potenza della cassa nuova la portò quasi a coprirsi le orecchie.

«Spegni quella cosa!» urlò.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora