10. Allora è un vizio

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«Tocca a te andare a buttare la spazzatura!» latrò Margherita, digrignando i denti con fare minaccioso.

«Non c'è bisogno che ti comporti così, per l'amor del cielo. Ti ricordo che sei tu quella che lascia sempre in giro la propria roba.»

Freya, spazientita dall'accusa di essere una sudiciona, corrugò le sopracciglia e le riserbò uno sguardo intimidatorio a cui l'altra, tuttavia, non badò. Margherita, per contro, le lanciò la solita occhiataccia, incrociò le braccia e la fissò mentre questa faceva un nodo al sacco nero della pattumiera. Era assurdo pensarci, ma Freya non ricordava di averla mai vista tanto nervosa — nemmeno quando tutte le sue conquiste erano stati a un soffio dal metter mano al suo Muro del The. A proposito di quest'ultime, la donna non ne portava più nessuna a casa da quasi un mese per amore di Francesco, che adesso frequentava in maniera ufficiosa.

«E comunque è così che intendi presentarti al cospetto del tuo amato, questa sera a cena?» le domandò Freya, provocatoria.

Margherita, ancora più irritata, si sfilò uno stiletto per lanciarglielo contro, ma la segretaria lo evitò richiudendosi immediatamente la porta alle spalle. La scarpa si schiantò contro di essa e, prima di trotterellare giù per le scale divertita, Freya poté sentire la coinquilina lasciarsi andare in una serie di imprecazioni liberatorie.

Si strinse con più forza il cappotto contro il corpo quando, aprendo il portone d'ingresso, venne investita da una corrente d'aria fredda.

Tornata sull'uscio di casa, non ci fu verso di attirare l'attenzione di Margherita: la donna, per puro dispetto, aveva alzato a tutto volume la radio e, al fine di farla desistere, si era anche messa a cantare a squarciagola. Sbuffando, Freya imboccò per la seconda volta le scale e uscì a chiamarla dalla strada.

Ingenuamente non aveva considerato possibili vendette e non aveva pensato di portare con sé le chiavi.

Nella migliore delle ipotesi qualche vicino avrebbe chiamato la polizia, infastidito dalla musica indiana trasmessa a intensità improponibile e dal vocalizzo stonato della donna.

La sfrattata di casa si posizionò proprio sotto alla finestra della sua camera, certa che questa vi si fosse rintanata all'interno per finire di prepararsi per l'appuntamento.

«Margherita!» la chiamò.

Niente.

«Fammi entrare!» urlò di nuovo.

Ancora nessuna replica. Eppure Freya era sicura di star venendo sentita. A riprova di ciò, la vicina del piano inferiore — quella puzzolente — scostò le tende per capire chi stesse urlando.

«Margherita! Brutta cretina!» la insultò Freya, ancora senza ricevere alcuna replica. «A trent'anni ancora sei messa così?!» concluse alzando la voce.

«Ma tu guarda, sto vivendo un dèja - vu.»

Non c'era stato bisogno di voltarsi e guardare in faccia il suo interlocutore, perché aveva già riconosciuto il timbro e, soprattutto, il tono irrisorio.

Le si avvicinò per avere una vista migliore della finestra della stanza di Margherita; la sagoma della donna interruppe momentaneamente la luce proveniente da essa, prova che questa fosse là dentro e che la stesse ignorando.

«Prego, infierisca.» replicò arrabbiata Freya, con il tic alla narice che, alla vista del geometra, era aumentato in frequenza in modo esponenziale. «Come se non fosse già sufficiente dividere casa con una bambina.»

Invece di vessarla, Riccardo si guardò attorno come in cerca di qualcosa. Freya, sempre più spazientita, si portò le mani a coppa ai lati della bocca.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora