15. Due per sì, una per no

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È sera, hai appena finito di lavorare. Le giornate si stanno finalmente allungando, il sole non è ancora tramontato e, se solo non fosse per quella fastidiosa brezza montanara, si starebbe bene anche senza giubbotto. Stai tornando a casa a piedi, l'aria è pulita e gli uccellini svolazzano in giro.

Bello, vero?

Ma se ti dicessi che non sei sola? No, non ti sta seguendo uno stalker, nemmeno un pericolosissimo serial killer armato di ascia — se è questo che stai iniziando a temere. E chi, allora? Ti starai chiedendo.

Il nome "Diego" ti dice forse qualcosa?

A Freya, purtroppo, sì.

Purtroppo perché nemmeno il rituale con l'hamburger di soia era servito a qualcosa. Purtroppo perché costui sembrava davvero intenzionato a confessarle i propri sentimenti, nonostante il fato glielo avesse più volte impedito. Purtroppo perché, soprattutto, non voleva rovinare quello splendido rapporto d'amicizia per del futile amore non corrisposto.

«Sono felice di averti conosciuto.» stava dicendo lui.

«Sono felice anche io.»

Peccato che lei lo fosse in una maniera diversa da quella di Diego. Mentre lei l'aveva sempre visto come una spalla amichevole su cui dormicchiare durante un film, lui aveva finito per cedere e etichettarla come un possibile interesse amoroso.

Camminando, Diego aveva finito per avvicinarlesi inconsciamente sempre di più a ogni passo, e adesso che non mancavano più di cinquecento metri all'appartamento di Freya, erano pressoché spalla contro spalla. Sarebbe bastato molto poco per toccarla, giusto il coraggio di allungare la mano e...

«Ho letto una ricerca sull'amicizia tra uomo e donna!» proruppe Freya con così tanto entusiasmo da far sobbalzare il collega.

«Ah sì?»

«Sì! Gli studiosi dicono che in realtà non esista e che uno dei due provi sempre un po' di attrazione per l'altro, ma io non ci credo. Noi due, dopotutto, siamo amici.»

Una mossa meschina, ma andava fatta.

Diego incassò il colpo in modo magistrale: non si mise a piangere, non si disperò e, ultimo ma non per importanza, non controbatté per affermare il contrario. Freya sperava comunque di non averlo ferito troppo.

«Sono d'accordo.» mormorò.

E basta. Freya gli lanciò un'occhiata in tralice per assicurarsi che non iniziasse a singhiozzare in silenzio, ma Diego, per quanto più rallentato rispetto a prima della sua insinuazione, stava reggendo bene. Avrebbe voluto scusarsi e spiegargli che non era l'uomo adatto a lei, ma proprio non aveva il cuore di dargli una delusione maggiore.

Il suo condominio era ormai davanti a loro, così come il minaccioso furgoncino che recitava "Valsecchi s.r.l." e che le ricordava che, purtroppo, il temuto inizio dei lavori era giunto. Freya vi si fermò vicino con aria abbattuta: senza ombra di dubbio Riccardo era nei paraggi.

«Quindi è oggi il gran giorno.» commentò Diego.

«Così sembra.»

Un muratore sporco di calce fece il giro del condominio e si avvicinò al retro del camion per recuperare altro materiale. Freya lo guardò con l'espressione cupa di chi si è appena ritrovato in mezzo a una veglia funebre. Sollevò lo sguardo verso la finestra della camera di Margherita: era chiusa, non era ancora arrivata a casa.

Una piccola luce in una giornata grigia.

Margherita doveva essere in compagnia di Francesco o a far la spesa per sé.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora