18. Margherita torna a casa

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Si potevano dire tante cose di Tip — che fosse fedele, resistente a qualsiasi tipo di intemperia, dura a morire — ma non che fosse una buona compagna di viaggio, dopotutto, si faceva pregare per qualsiasi cosa!

Ma adesso che le giornate erano sempre più lunghe e le temperature erano in rialzo, Tip era stata messa in aspettativa per venir sostituita da lunghe camminate o pedalate. Di quel passo Freya sarebbe arrivata alla prova costume con due polpacci da calciatore.

Diego la tallonava da quando avevano salutato il signor Gigi e il suo largo sorriso luminoso: non solo era contento perché Margherita l'aveva contattato, ma perché Diego gli aveva pure detto che sarebbe andato a casa di Freya e costui aveva finito per credere di possedere delle doti da Cupido.

Povero illuso, l'unico motivo per cui la segretaria aveva deciso di rischiare la sorte e cenare insieme nel proprio appartamento, era perché Diego si era dapprima offerto di sistemarle il lavandino che perdeva.

Per una volta, Freya gli aveva concesso di guidare la sua bicicletta mentre lei, seduta sul portapacchi posteriori, pregava di non cadere per terra alla prima buca o al primo dosso.

Però alla fine erano giunti davanti al condominio sani, salvi, e soprattutto sudati — Diego per la fatica, Freya per la paura.

«Che pedalata rinvigorente!» esordì lui.

La collega gli riservò uno sguardo poco convinto, ma non osò controbattere. Si riprese piuttosto la bici e la trascinò verso il portone d'ingresso per andarla a lasciare nel sottoscala. C'era puzza di cemento, i muratori discutevano in dialetto bergamasco di qualcosa che Freya, straniera, non riusciva a comprendere.

Incrociarono Riccardo e la sua fedele sedia di plastica al secondo piano, occupato a controllare i lavori di quella che sarebbe divenuta la porta dell'ascensore. Quasi avesse riconosciuto il passo frettoloso di Freya salire le scale, si voltò verso la rampa di salita.

«Buonase—»

Si bloccò alla vista di Diego e aggrottò le sopracciglia chiare.

«Buonasera.» replicò lei.

Ma Riccardo mantenne lo sguardo fisso su Diego per qualche attimo, prima di voltarsi e dare le spalle a entrambi — come se qualcuno potesse credere che non l'avesse scorto.

«Fai come se fossi a casa tua: appendi lì la giacca, se vuoi togliti le scarpe, ma mettile là sotto perché il casino di Margherita basta e avanza. Il lavandino di cui ti parlavo è questo qui.» recitò Freya in modo meccanico, una volta entrati nel bilocale.

«Margherita?» domandò Diego.

S diresse verso la cucina da cui proveniva il fastidioso ticchettio incriminato.

«Il lunedì finisce tardi.»

Erano soli.

Diego deglutì.

Freya emerse dallo sgabuzzino con una scatola degli attrezzi impolverata, mai utilizzata in tutti quei mesi di permanenza a Valle d'Arnosio né da lei, né dalla coinquilina.

«Prendi quello che ti serve. Se non lo trovi qui dentro, lascia perdere: vuol dire che non ce l'abbiamo.» proseguì con la medesima intonazione.

Diego si immerse nel proprio lavoro annuendo. Il sedere gli uscì dall'orlo superiore dei jeans. Freya si sforzò di non guardare e per non disturbarlo o distrarlo, si andò a sedere sul divano.

Senza Tv accesa, sottofondi musicali bizzarri o Margherita stessa, in quell'appartamento si stava proprio bene. Ma dopo qualche minuto di pace, ecco arrivare l'elemento perturbatore: qualcuno aveva bussato al portone d'ingresso.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora