27. Vittima di un sortilegio

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Per Margherita quello era un grande giorno: aveva assunto la pillola abortiva. Era ormai trascorsa la settimana prevista per legge e, dunque, non c'erano più ostacoli che la separavano dal suo obiettivo.

Nonostante non si rivolgessero la parola da giorni — ovvero dalla sorpresa del disordine nel Muro — Freya si sentiva comunque agitata per la coinquilina. Nervosa, ma anche felice di non doversi arrabattare a baby sitter in un futuro molto prossimo.

Margherita non le aveva detto molto quella mattina, se non che sarebbe andata in ospedale, e Freya non le aveva posto ulteriori domande.

Quel giorno Riccardo non era passato da Fisco Germoglio; piuttosto ovvio, a dir la verità, ma la segretaria aveva comunque sperato in segreto di vederlo oltrepassare l'uscio.

Al suo posto ci aveva pensato Diego a marcarla stretta come un giocatore di calcio. Era andato a domandarle come stesse e se volesse prendere un caffè circa sei volte; due per chiederle informazioni a random su alcuni dossier che lui stesso aveva in ufficio; mentre in tre occasioni si era limitato a cacciare fuori la testa dallo studio, darle un'occhiata, e sparire nel più totale silenzio.

Il signor Gigi, invece, doveva aver intuito chi fosse lo scarafaggio travestito da Grillo Parlante: stranamente le aveva fatto stampare e ristampare decine di documenti perché, a suo dire, colmi di difetti. Come biasimarlo: aveva fatto la figura dello scemo con Margherita e, oltretutto, aveva dovuto pagare venti euro a Orietta per un totale fallimento.

In cima alla pila di disgrazie, non mancava che una confessione improvvisa di Diego. Per evitare che questa si presentasse, Freya rifiutò ancora una volta il suo invito ad accompagnarla a casa. Vista l'ultima tendenza dell'intera popolazione di Valle d'Arnosio a manifestare al mondo i propri sentimenti, voleva proprio evitare che anche il collega decidesse di cavalcare l'onda.

Era giunta pressoché indisturbata all'incrocio subito precedente al suo palazzo. Ritrovatasi davanti al solito cartello che recitava: "Via del Tarassaco", Freya fece un respiro profondo; si sporse oltre la siepe ad angolo di una villetta a schiera per farsi un'idea della situazione: Riccardo era sempre in giardino.

Il battito cardiaco accelerò all'improvviso, il respiro si accorciò.

«'Orca miseria!» imprecò tra sé e sé.

Fece un altro sospiro per motivarsi. Un attimo dopo prese a camminare a passo di marcia in direzione di casa, decisa a superarlo il prima possibile — magari anche senza farsi notare. Ma man mano che la figura slanciata del ragazzo diventava sempre più nitida, le parve sempre più ovvio come ciò fosse poco realistico.

Come pensava di mimetizzarsi? Infilandosi dei rametti nei capelli e fingendosi una pianta?

Riccardo si era piazzato strategicamente nei pressi del portone, l'unico modo per scavalcarlo senza che se ne accorgesse, consisteva nel sparargli da lontano un dardo sedativo.

Quando si trovò ad appena una decina di metri da lui, Freya si portò una mano a lato del viso, abbassò il capo, e accelerò ancora.

«Buonasera.»

Come previsto, il piano si era rivelato un fallimento.

«A lei.»

E s'infilò nella tromba delle scale.

Non si pose troppe domande davanti alla melodia indù, ma davanti al crescente odore di bruciato con il salire dei gradini, Freya iniziò a preoccuparsi che Margherita avesse deciso di dare alle fiamme l'appartamento. Magari qualcosa era andato storto dal ginecologo e, presa dalla più nera disperazione, la donna aveva preferito diventare cenere piuttosto che madre. Al formarsi di questo pensiero, Freya percorse il tragitto che la separava dalla coinquilina correndo. Ancora una volta frugò nella borsa con foga alla ricerca delle chiavi — mentre il tanfo di camino acceso filtrava da sotto lo spiraglio.

La regola della psicologia inversa (#Wattys2022)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora