Capitolo 36

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"Ma amare non vuol dire avere pietà, o pena per qualcuno. Amare è così irrazionale, che va oltre questi sentimenti."

Parole e parole, fino ad ora avevano sentito soltanto parole. Quell'uomo non aveva parlato di armi o tecniche di combattimento, ma di strategie di persuasione. Per loro invece, era solo un modo fallace per far cadere tutti in una fossa che non aveva via di uscita. 

 -Lo conoscevi? - gli chiese Brigitte affinché confermasse i suoi sospetti. 

 - No, mai visto - rispose Tobias lungo il corridoio. Per fortuna non c'era nessuno a sentirli - Sono passati tanti anni da quando sono qui, e mi sembra strano che non lo abbia incrociato nemmeno una volta - esclamò, come se qualcosa non gli tornasse. Quell'uomo non la raccontava giusta. Brigitte rimase in silenzio, cercando di analizzare la situazione. In effetti, anche se John era un tipo losco, il suo discorso non faceva una piega: se obblighi qualcuno a fare qualcosa che non vuole, difficilmente lo porterà bene a termine. Al contrario, se lo motivi, farà di tutto per raggiungere il suo obiettivo. Eppure come avrebbero fatto a convincere l'intero Cave? Intanto continuarono a camminare, tenendosi ognuno i propri pensieri per sé. Brigitte osservò Tobias, e sembrava avere la stessa espressione che aveva in palestra. Si vedeva lontano un miglio che fosse preoccupato. Svoltarono per un altro corridoio, e a distanza videro Viktor affiggere l'ultima delle molteplici locandine che aveva incollato tra una porta e l'altra. Tobias si rivelò confuso, e non fece neanche in tempo a fermarlo che il pover'uomo si era già volatilizzato. Si avvicinarono curiosi, e ciò che trovarono fu solamente un semplice dépliant bianco con scritte in rilievo dorate. 

 - The eleventh quest - lesse ad alta voce Tobias, scandendo bene parola per parola. Questa prima scritta occupava la maggior parte del foglio, mentre sotto ce n'era un'altra con caratteri più piccoli - Questa sera alle 21, in palestra - continuò a leggere, notando alla fine del volantino la firma del Capo. 

 - Cos'è questo? - domandò Brigitte, con gli occhi iniettati dall'ira. Più passava il tempo, e più si sentiva presa in giro. Cos'era the eleventh quest? - Non ne ho la minima idea - replicò sorpreso, dando ancora un'occhiata alla locandina. Brigitte la strappò con le unghie, e poi l'accartocciò gettandola sul pavimento. Tutto questo però fu inutile: decine di volantini come quelli erano affissi sulle pareti del Cave. Poteva sembrare un'illusione ottica, ma in realtà non lo era. Le pareva di trovarsi in un labirinto. 

 - The eleventh quest: questa sera alle 21, in palestra - rimbombò una voce umana dagli altoparlanti del centro d'addestramento. Se quello era uno scherzo, non era divertente. E se fosse stato un incubo, avrebbe voluto svegliarsi immediatamente. 

- Hai sentito? - fece Tobias, raggiungendola. Si guardò intorno, e nemmeno lui poteva credere ai suoi occhi. - Purtroppo sì - rispose distratta, riflettendo in realtà sulla questione. Per quanto aveva capito, non si celebravano molti eventi al Cave. Quindi doveva trattarsi di qualcosa di davvero importante. E al momento l'unica cosa importante era...

 - La missione! - esclamò Brigitte, come una bambina che indovina la risposta giusta - Questa sera il Capo annuncerà la missione a tutti - proseguì mettendo insieme alcuni tasselli di un puzzle infinito. 

 - Non lo farà lui. É impossibile che si faccia vedere - la corresse Tobias - Ma perchè l'undicesima prova? Cosa significa? - Si domandò, ormai consapevole di essere solamente una delle migliaia di pedine nelle mani del Capo. Era come se si trovassero in un videogioco: lui era l'ideatore e tutti gli altri il frutto della sua invenzione. Brigitte scosse la testa, non riuscendo a trovare alcuna spiegazione. Rispetto a questo, un problema di geometria analitica sarebbe stato più semplice da risolvere. Infatti, più i minuti passavano, e più il grado di difficoltà sembrava aumentare.

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