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VIRGINIA

Mi spostai una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio. Ero nervosa. Tra pochi minuti avrei conosciuto la mia nuova famiglia. Lucia, l'assistente sociale, mi ripeteva di stare tranquilla, diceva che sarebbe andato tutto bene, avrei adorato tutto, anche il nuovo Stato in cui avrei vissuto. La Spagna mi era sempre piaciuta, mamma mi aveva insegnato la lingua alla perfezione dato che suo padre era spagnolo. Non avrei mai immaginato di essere adottata da una famiglia spagnola dopo la sua morte. Mi sembrava quasi uno scherzo del destino.

"Virginia, ecco, loro sono Carmen e Paul" disse Lucia indicandomi una coppia che sorrideva tenendosi per mano. Lei aveva lunghi capelli biondi e boccolosi e grandi occhi blu come il mare, era vestita elegante, si vedeva che aveva stile. E anche soldi per comprare tutti quegli abiti di marca. L'uomo aveva un sorriso caloroso, a primo impatto mi trasmetteva tranquillità. Era alto e muscoloso e i suoi capelli, castano grigio, erano più radi al centro della testa. I suoi occhi verdi si incontrarono con i miei, verdi, e per un attimo mi sembrò che fossimo davvero padre e figlia.

Ci avvicinammo a loro che mi salutarono con un caloroso abbraccio, come se non ci vedessimo da tanto tempo. Apprezzavo il calore che volevano trasmettermi, avevo bisogno di un amore così incondizionato. Mi mancava mia mamma, l'avevo vista morire. Anche se erano passati sette anni io non riuscivo a dimenticare i suoi occhi che si chiudevano davanti a me mentre mi diceva "Ti voglio bene Vir".

I miei nuovi genitori finirono di firmare tutti i documenti per ultimare l'adozione con Lucia, che mi salutò abbracciandomi forte. Mi veniva da piangere. Lei era stata la persona che mi aveva sostenuto in questi sette anni in cui ogni giorno mi sembrava di voler morire per raggiungere mamma. Lei mi aveva insegnato ad essere felice, ad apprezzare ogni piccola cosa che mi succedeva. Le dovevo moltissimo. E ora lei se ne stava andando e io non potevo fermarla.

La guardai allontanarsi e allora sì, scoppiai a piangere. Carmen mi strinse a lei e apprezzai il suo silenzio. Capiva quando era necessario parlare e quando era meglio stare in silenzio. Aveva una grande sensibilità.

Mi portarono alla macchina. Era una di quelle macchine nuovissime e modernissime che avevo visto tante volte sui giornali dei ragazzi all'orfanatrofio. Chissà cosa avrebbe detto Marco, oppure Giacomo o Cristiano di questa macchina. Avevano sempre desiderato averne una. Sorrisi pensando a loro.

Dopo una mezz'oretta di macchina ci fermammo davanti a un cancello.

"Ecco siamo arrivati" disse Paul.

Non potevo credere ai miei occhi.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora