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VIRGINIA

"Nini, posso farti una domanda?" mi domandò Jonas, dopo che ci eravamo fatti le coccole a vicenda per più di venti minuti.

"Dimmi" dissi sorridendo.

"Prometti di rispondermi?".

"Mmm, non lo so, dipende".

"Prometti piccola".

"Va bene, prometto".

"Perché hai pianto l'altro giorno, quando andava tutto così  bene? Stavo solo parlando di quello che mi piaceva fare, spiegami se ho detto qualcosa che ti ha dato fastidio" rispose lui. Oh no, avevo promesso, avrei dovuto rispondere. Non volevo parlargli di mia mamma, eppure sapevo di doverlo fare. Per me, soprattutto, perché tutto quel silenzio, quel chiudermi in me stessa, mi stava distruggendo.

"Non è colpa tua, Jo" dissi, pur sapendo che non si sarebbe accontentato di quella risposta.

"Spiegami, cazzo, Virginia ti voglio capire".

"Vorrei che tu potessi farlo, ma non puoi".

"Fammi tentare" mi supplicò. Non potevo resistere a quella dolcezza, a quel reale desiderio di aiutarmi. Era incredibile, quel ragazzo mi faceva fare cose che non mi sarei mai immaginata di fare, come per esempio parlare di mamma.

"Riguarda mia madre" confessai.

"Cioè?" chiese lui, prendendomi il viso e lasciandomi un bacio casto sulle labbra. Era il suo modo per tranquillizzarmi ed io lo adoravo.

"Il rosso. Era il suo colore preferito, il nostro colore preferito".

"Mi dispiace piccola, non ne parleremo più" rispose abbracciandomi.

"Adesso però voglio spiegarti" sussurrai, con un groppo alla gola. Sapevo che avrei pianto, prima o poi, ma quello era il mio momento, il momento in cui avrei finalmente potuto fare i conti con il mio dolore. Un dolore che era sempre rimasto nascosto dentro di me.

"Dimmi tutto, io ci sono e ci sarò sempre".

"Il rosso era il nostro colore perché é quello dei nostri capelli. I miei sono meno rossi di come erano i suoi.. Lei li amava. Anche quando ero piccola, me li pettinava sempre con dolcezza e poi faceva lo stesso con i suoi".

Scoppiai a piangere, il mio corpo tremava per i tanti singhiozzi. Jonas cercava di calmarmi, abbracciandomi e baciandomi i capelli con dolcezza.

"Quando si é ammalata" continuai "la chemio glieli ha fatti perdere. Io ero piccola allora e le chiesi perché si era tagliata i capelli che tanto amava. Mamma cercava di essere forte per me, ma l'emblema di tutta la sua bellezza, cioè quei capelli rossi, non c'era più. La vedevo, davanti allo specchio, mentre si accarezzava la testa calva e per poco non piangeva".

"Oh tesoro, mi spiace così tanto" mi rispose Jonas dolcemente. Alzai lo sguardo e lo vidi, piangeva con me. Una lacrima gli attraversava la guancia e gli cadde sulla maglietta. Gli lasciai un bacio sulla guancia, proprio dove era passata la lacrima, e mi lasciai abbracciare da lui appoggiando la testa nell'incavo del suo collo.

JONAS

"Nini, non andiamo a scuola okay? Preferisco stare qua con te ora" le dissi, consapevole che non eravamo del clima adatto per ridere con gli amici. Lei annuii.

Era incredibile quanta forza avesse quella ragazza. Il male che le era stato fatto era tantissimo ed ammiravo la forza che aveva avuto. Ora capii, tutti quei pianti e quel suo chiudersi in se stessa avevano un senso. La morte della madre era stata la tragedia più grande della sua vita, speravo di non provare mai quel dolore perché non sapevo se avrei avuto il suo coraggio di andare avanti.

"Jo" mi chiamò lei, facendomi voltare a guardarla negli occhi. Quanto amavo quegli occhioni verdi, due pozze profonde in cui mi perdevo ogni volta che la guardavo.

"Che ne sarà di noi domani?" mi domandò lei. Eccola, la domanda che non avrei mai dovuto sentire. Di certo non avremmo potuto parlare con i miei genitori, non potevamo dire loro che ci eravamo baciati, perché ai loro occhi eravamo fratelli. Ma con i compagni, cosa avrei dovuto dire ai miei compagni? Il comportamento a scuola mi preoccupava. Non volevo ammetterlo a me stesso, ma sapevo che dire di avere una storia con Virginia significava rendere ufficiale la fine della mia epoca da playboy.

"In che senso Nini?" le chiesi, pur sapendo esattamente cosa intendeva. Avevo bisogno di guadagnare tempo.

"Tra noi. Ci baciamo ogni tanto, cosa siamo noi esattamente? E cosa saremo per gli altri a scuola?".

"Una.. coppia" dissi tutto d'un fiato.

"Stiamo insieme?" mi chiese lei, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Volevo stare con lei, lo volevo tanto, perché le volevo talmente tanto bene che forse era amore vero.

"Se tu lo vuoi sí piccola".

"Quindi niente più puttanelle da scopare nel bagno?" domandò, preoccupata dal fatto che sarei potuto rimanere lo stesso di sempre.

"Niente più puttane in bagno" confermai, più a me stesso che a lei. Dovevo stare molto attento. Amare Virginia non era sufficiente per farmi stare lontano da quelle ragazze tutte tette e culo senza un minimo di cervello. Sapevano come ottenere quello che volevano ed io, invece, non sapevo se sarei stato così forte da stare lontano da loro.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora