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JONAS

Avevo passato tutto il pomeriggio e parte della serata nella mia stanza, fatta eccezione per una passeggiata fino alla cucina all'ora di cena. Avevo mangiato un semplice panino imbottito, non avevo né voglia né intenzione di mettermi a cucinare. Non era mai stato il mio forte fare il casalingo, un panino sarebbe andato più che bene.

Ascoltavo la musica con le cuffie al massimo volume, come se il rumore della musica dovesse sovrastare il rumore dei pensieri che mi ronzavano in testa. Inutile dirlo, riguardavano tutti Virginia.

Come non detto, la porta si spalancò e me la ritrovai davanti. Indossava una morbida e larga felpona che le arrivava fino a metà coscia e poi aveva le gambe nude. La trovai estremamente irresistibile. Poi, notai gli occhi rossi e gonfi e il viso pallido. Possibile che gli uomini pensino sempre prima al fisico e poi al viso?

"Nini, che succede?" le chiesi, scattando in piedi e spegnendo la musica.

"Dov'è il termometro?" mi domandò. Ora che la osservavo meglio, non sembrava per niente in ottima forma.

"Mettiti a letto che te lo cerco, d'accordo?".

"Ho freddo".

"Prendi una coperta nel primo cassetto del mobile" le urlai, mentre correvo in camera dei miei alla ricerca del termometro.

Tornai qualche istante dopo e la trovai nel mio letto, sotto due coperte. Sembrava così piccola, dolce, indifesa. Ero imbambolato a guardarla, poi un suo lamento soffocato mi riportò alla realtà.

Mi avvicinai sedendomi sul letto e infilandomi sotto le coperte, al suo fianco. Temevo in un suo allontanamento improvviso che non arrivò.

"Nini, mettiti questo sotto l'ascella, dai" le sussurrai dolcemente, porgendole il termometro. La osservai mentre compiva quell'operazione con estrema lentezza, caratteristica di una persona non nel pieno delle sue forze. Era visibilmente debole, malata.

Dopo un minuto il termometro suonò e lei me lo porse, affinché potessi leggere. 38,6. Mi alzai immediatamente e tornai in camera con acqua e una pastiglia, che Virginia inghiottì immediatamente, aiutandosi con un sorso d'acqua.

"Piccolina, stai meglio?" le chiesi.

"Ho freddo" mi rispose lei.

"Vuoi un'altra coperta, vuoi che ti porto a letto?" domandai.

"Voglio stare qua" mi disse, prendendomi la mano e obbligandomi ad avvicinarmi. I nostri corpi erano appiccicati, le gambe intrecciate sotto le coperte. La sua testa era appoggiata sulla mia spalla e io le accarezzavo i capelli, lasciandole qualche bacio di tanto in tanto.

Ci addormentammo così, uniti, in quell'abbraccio dolce. Era tanto che non dormivo così beatamente. Esattamente dall'ultima notte che avevo passato con quella ragazza.

VIRGINIA

Mi svegliai quando il sole era già alto nel cielo, lo capii perché la stanza era illuminata. Jonas dormiva beatamente al mio fianco, lo guardai e mi lasciai scappare un sorriso. Quanto era bello. D'un tratto, però, mi ricordai che era lunedì e che c'era scuola!

"Jo, hei, pigrone" gli dissi, scuotendolo per svegliarlo.

"Giorno principessa" mi rispose lui, ancora con gli occhi chiusi "come stai?".

"Meglio, grazie, ma tu dovresti essere a scuola ora! Io ho la scusa della febbre ma tu..".

"Sono maggiorenne, stare a casa non é un problema dato che mi giustifico da solo" mi interruppe lui "e poi oggi voglio stare con te".

Rabbrividii per la sua incredibile dolcezza, per il modo in cui mi guardava e mi parlava. Ma non mi dovevo lasciare incantare, non più, dovevo ricordarmi che si era scopato un'altra donna. Così, mi allontanai bruscamente da lui e mi alzai.

"Nini, provati la febbre" mi richiamò lui, passandomi il termometro. In fondo aveva ragione, dovevo controllare la mia situazione fisica, così ubbidii. 37,4. Stavo decisamente meglio, poi avevo dormito benissimo, quindi posso dire che ero quasi in ottima forma.

"Prendi un'altra pastiglia, così ti passerà del tutto la febbre" aggiunse Jonas. Mi piaceva la sua premura, mi sentivo al centro dell'attenzione, mi sentivo unica. Lo seguii in cucina mentre mi prendeva la medicina e mi versava un bicchiere d'acqua.

Indossavo ancora la felpa e non avevo nulla sulle gambe, sentivo il suo sguardo che continuava a posarsi su esse. Devo ammettere che anche lui, con quella maglietta attillata e i pantaloni a vita bassa non era niente male.

Ci sedemmo sul divano guardando i cartoni animati. Mi piaceva quella tranquillità, quel ritrovare un'infanzia che non avevo mai avuto, quel sentirmi ricoperta di attenzioni che avevo sempre desiderato.

"Jo, mi abbracci?" gli domandai in un sussurro. Non so cosa mi prese esattamente,  avevo bisogno di sentire il suo calore come quella notte.

"Tesoro, vieni qui" rispose lui, e mi lasciai andare. Mi sedetti sulle sue ginocchia, non dopo avergli lasciato un bacio sul naso.

Volevo lui, ne ero ogni giorno più consapevole. Ma lui, mi voleva? Non ne ero certa. Due giorni prima aveva scopato un'altra e probabilmente gli interessava quello anche da me, nient'altro. Rendermene conto mi faceva male. In orfanatrofio mi avevano preso troppo in giro con l'amore, mi scopavano e mi abbandonavano in continuazione. Mi ero ripromessa che, una volta uscita, non mi sarei più fatta illudere da un ragazzo. Ma forse, ci stavo ricascando.  Era più forte di me. L'attrazione per Jonas era più forte della mia ragione.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora