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VIRGINIA

Eravamo ancora abbracciati sul balcone quando Jonas si accorse che tremavo per il freddo. Senza dirmi nulla, improvvisamente mi prese e mi caricò sulla sua spalla, mentre io mi dimenavo per liberarmi e gli tiravo pugni sulla schiena.

"Lasciami andare Jooo" urlai, fingendomi arrabbiata.

Mi portò in camera sua continuando a ridere e mi lanciò sul suo letto.

"Ahi, mi hai fatto male, bastardo!" gli dissi.

Lui si sedette di fianco a me, senza dire niente e mi mise un braccio intorno alle spalle. Appoggiai la testa su di lui e chiusi gli occhi, stavo così bene in quell'abbraccio, il suo profumo mi dava tranquillità.

"Scusa per prima" sussurrai "hai fatto bene a non approfittarti di me".

Lui si limitò a stringermi ancora di più a lui e a lasciami un bacio sulla fronte. Probabilmente era pensieroso,  perché sembrava distante, distaccato e aveva lo sguardo fisso nel vuoto.

"Cos'hai?" gli domandai.

"Davvero la tua prima volta avevi 13 anni?".

Fui io a diventare distante e distaccata dopo questa domanda e mi limitai a rispondere "non voglio parlarne", voltando la testa dall'altra parte.

"Nini, sai che per qualsiasi cosa io sono qui, vero?" mi chiese lui, prendendomi la testa tra le mani e obbligandomi a guardarlo negli occhi. Ah, i suoi occhi azzurri come il mare. Mi ero dimenticata quanto fossero belli.

Mi limitai ad annuire e lui mi sorrise, dopo di che mi lasciò un bacio sul naso.

"Ti voglio bene" mi disse, con un tono che mi sciolse il cuore.

"Anche io" risposi, prima di immergermi  nuovamente nel suo abbraccio.

JONAS

Ero nervoso e non capivo perché. Virginia era abbracciata a me, sul mio letto, e stavo benissimo con lei. Ma allora perché ero nervoso? Probabilmente dipendeva da quanto mi aveva appena detto. Era cresciuta troppo in fretta, a 13 anni aveva fatto sesso per la prima volta, ma ero sicuro che non fosse per amore. Probabilmente qualche ragazzo più grande di lei le aveva fatto credere di amarla. Mi venne voglia di trovare quel ragazzo che aveva rovinato l'adolescenza alla mia piccola, quella ragazza che mi stava facendo impazzire.

In quel momento mi resi conto di quanto lei doveva avere sofferto, di quanto fosse stata dura la sua vita in orfanatrofio. Era venuta qui e aveva scoperto che il padre era un incosciente che era fuggito senza dire niente non solo a sua madre, ma anche a tutti i suoi amici, e che ora era in carcere per spaccio e furto. Virginia ogni tanto crollava, mi ricordavo ancora quella sera in cui ci addormentammo insieme nel suo letto, dopo che lei passò la serata a piangere.

Adesso la situazione era più o meno la stessa. Non piangeva, é vero, ma stava male. Avrei dato qualsiasi cosa affinché lei si fidasse di me e mi raccontasse il suo passato, così che io potessi aiutarla.

"Nini, scendiamo a cena?" le domandai, accarezzandole i capelli e spostandone una ciocca dietro l'orecchio.

"Mh-mh" fece lei, alzandosi. Mi sorprese quando mi prese la mano e, come avevo fatto io poco fa, si avvicinò al mio viso per darmi un bacio. Fui sorpreso, pensando che mi volesse dare un bacio sul naso, quando lei appoggiò le sue labbra sulle mie. Fu un bacio leggero, casto, esattamente come quello del mese precedente, in moto prima di partire per la scuola.

Sempre tenendoci per mano, raggiungemmo i miei genitori nella sala da pranzo, staccandoci solo quando fummo davanti a loro. Non dovevano sapere di noi. Ma cosa c'era tra noi?

VIRGINIA

Ero a letto che ripassavo matematica per la verifica, mentre ripensavo agli avvenimenti con Jonas di quel pomeriggio. Mi ero fatta scappare della mia prima volta e, a quanto pare, aveva anche capito che non era stato per amore. Cristiano aveva quattro anni più di me, mi diceva che se gli volevo bene dovevo farlo. E io lo feci.

Jonas voleva che io mi aprissi a lui, che mi confidassi. Ma non ero ancora pronta per farlo, non mi fidavo abbastanza, avevo paura dei suoi giudizi, di cosa avrebbe potuto dirmi. Eppure l'avevo baciato, avevo avuto bisogno di risentire quel sapore, il suo sapore, su di me. Il mio gesto l'aveva sorpreso, ma ero sicura che ne era stato felice, glielo leggevo negli occhi.

Mi addormentai così, con il sorriso sulle labbra ancora impregnate del suo sapore e con il libro di matematica aperto sulle ginocchia.

Quando la sveglia suonò, erano le 7 del mattino. Dopo aver spalancato la finestre per far prendere aria alla stanza, mi buttai in doccia ricoprendomi di bagnoschiuma alla lavanda. Avevo chiesto a Carmen di continuare a comprarmi sempre quella profumazione, senza specificare che era quello che usava mia mamma. Era un piccolo gesto che me la faceva sentire più vicina, che mi faceva sentire simile a lei. Anche mamma, esattamente come me, teneva molto ai suoi capelli rossi, andava dal parrucchiere una volta al mese per sistemare la frangetta e togliere le doppie punte. La chemioterapia glieli aveva tolti. Mamma Marta, così allegra, così forte, senza quei ricci rossi non era più stata la stessa, aveva perso la sua identità, la sua caratteristica. Tutti, quando la descrivevano a qualcuno che non la conosceva, la chiamavano 'quella con i capelli ricci e rossi'. Mamma era bellissima.

La giornata iniziò male, perché quando inizio a pensare a mamma tutto mi sembra inutile, triste, senza senso. Mi vestii a caso, con dei jeans chiari e un maglioncino nero e mi pettinai di fretta i capelli. Misi un filo di mascara, per far notare le mie ciglia che erano talmente chiare che non si sarebbero viste senza.

Feci colazione da sola, in silenzio, e uscii dietro Jonas che mi avrebbe portata a scuola, come ogni mattina. Non parlammo molto, era tutto tornato come prima degli avvenimenti di quel week end.

Arrivati a scuola, però, notai che il mio fratellastro era diverso. Non era andato dai suoi amici, dalle sue puttanelle. Era seduto vicino a me sul muretto davanti alla scuola e mi teneva la mano, accarezzandomela dolcemente con il pollice.

"Come mai non vai da Andres oggi?" gli chiesi.

"Hei piccola, pensi che ti lascerei mai qui da sola?" rispose lui.

"Di solito lo fai".

"Non lo farò più" disse, avvicinandosi a me e lasciandomi un bacio sul naso. Ripensai al giorno precedente quando io, con la apparente scusa del bacio sul naso, lo avevo baciato davvero e mi scappò un sorriso.

La campanella ci salvò da quella situazione imbarazzante, ma quando mi alzai per andare in classe, lui mi tenne la mano e volle accompagnarmi.

Ero così felice quando stavo con lui, ma quel cambiamento improvviso nel suo comportamento mi spaventava. Ero certa che dipendesse tutto dalla confessione riguardo la mia sessualità, lui da vero cavaliere mi voleva difendere.

Gli buttai le braccia al collo per salutarlo e poi gli lasciai un leggero bacio sulla guancia.

"Buona giornata piccolina" mi sussurrò.

"Anche a te Jo" risposi io, staccandomi ed entrando in classe con un sorrisino stampato sul viso.

Tra me e Jonas era cambiato qualcosa, ma non sapevo esattamente cosa. Mi ritrovai a pensare ai cinque giorni a casa da soli e un brivido mi percorse la schiena.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora