JONAS
"Carmen, posso chiederti una cosa?" chiese Virginia a mia mamma. Stavo guardando la televisione mentre mangiavo le lasagne, ma ero curioso di sapere cosa le avrebbe chiesto. Quella ragazza mi incuriosiva.
"Dimmi pure tesoro" rispose mia mamma. Mi faceva ridere sentirla chiamare tesoro una ragazza che aveva appena conosciuto. So che lo faceva per farla sentire a suo agio, ma mi faceva comunque ridere. Non chiamava tesoro nemmeno papà, per quanto lo amasse non glielo dimostrava con le parole ma con i fatti. Non ero geloso di Virginia, assolutamente, ma mi divertiva assistere alla metamorfosi di mamma.
"Cucinate sempre italiano? Se lo fate per me, non ce n'è bisogno. Mi piace la cucina spagnola" disse Virginia. Dopo qualche secondo aggiunse "Mia mamma cucinava spagnolo". Notai la tristezza nel suo sguardo, tratteneva le lacrime.
"Oh cielo, se preferisci la cucina spagnola basta dirlo cara, non é un problema per me!" disse mamma.
"Non intendevo questo. Dico che per me é indifferente, ora se mi vuoi scusare vado in camera mia a studiare" rispose lei, con fare un po' scocciato. Secondo me era solo un modo per nascondere le lacrime che minacciavano di uscire.
"Questa sera, se ti va, io e Paul vorremmo parlarti della tua adozione. Va pure a riposarti ora".
Virginia si allontanò dopo averle fatto un cenno con il capo. Non mi salutò neanche e la cosa mi diede fastidio, non volevo essere invisibile nella sua vita. Ma non sapevo cosa volevo essere per lei. Un fratello, forse. Ma avevo anche pensato di scoparmela. Magari quando era arrabbiata, mi eccitava ancora di più.
VIRGINIA
Salii in camera piangendo. Perché avevo parlato di mia mamma? Non dovevo farlo. Non dovevo essere un peso per Carmen,così gentile e disponibile. Le avevo fatto del male, ne ero sicura. Si vedeva che si impegnava molto per avere una buona impressione su di me, e io, in cambio, ero strafottente.
Entrai in camera sbattendo la porta. Chissà cosa volevano dirmi lei e Paul questa sera. In effetti mi ero sempre chiesta perché avessero voluto adottare me, che dopo un anno sarei diventata maggiorenne e avrei potuto vivere da sola. Ero curiosa. Mentre ero immersa nei miei pensieri, ancora con la guance rigate di lacrime, la porta si aprì e vivi entrare quell'affascinante playboy del mio fratellastro. Aveva un sorrisino malizioso stampato in faccia che svanì non appena mi vide piangere.
"Che ci fai qui Jonas?" chiesi, forse in modo troppo stronzo.
"Volevo chiederti se avevi bisogno dei libri, per la scuola intendo... I miei vecchi libri di terza" rispose lui. "Perché piangi?" aggiunse, sedendosi affianco a me sul letto.
"Vattene"
"Voglio aiutarti"
"No, non lo vuoi!" urlai, promettendomi di abbassare il volume della voce "altrimenti oggi mi avresti accompagnata in classe e non abbandonata da sola. Ma magari avevi di meglio da fare, per esempio scoparti una puttana in bagno!". Mi resi conto solo dopo di quello che avevo realmente detto. Non dovevo farmelo scappare. Mi aspettavo un urlo di rabbia, una delle sue frasi stronze. Ma lui mi sorprese.
"Gelosa, piccola? Non ho pensato che dovevo accompagnarti, tutto qui. Dai, dimmi perché piangi" disse sedendosi ancora più vicino a me, mettendo anche le gambe distese sul letto.
Mi lasciai andare, non so di preciso perché. Piansi ancora di più e tra i singhiozzi mi lasciai scappare che mi mancava tanto mia mamma. Lui mi mise un braccio attorno alle spalle e io appoggiai la mia testa al suo petto. Mi sentivo protetta, per la prima volta in vita mia. Nemmeno gli amici dell'orfanatrofio, che erano nella mia stessa situazione, riuscivano a tranquillizzarmi così.
Dopo qualche minuto, finalmente calma, alzai la testa e guardai Jonas negli occhi. Un brivido mi percorse la schiena. Era così bello.
"Allora, mi presti i tuoi libri?" gli chiesi, facendo il sorriso più felice che riuscivo a fare in quel momento.
Lui ricambió quello scambio di sguardi e sorrisi e, solo quando si alzò per andare a prendere i libri, farfugliai un "grazie Jo".
Studiai due ore quel pomeriggio, avevo sempre amato studiare e i miei obiettivi li avevo sempre raggiunti. Da grande sarei voluta diventare medico. Specializzazione in oncologia. Infantile, magari. Volevo aiutare tutte quelle persone che, come mamma, si dovevano subire ogni giorno la lotta contro il cancro. Avevo visto i suoi terribili effetti sulla pelle della persona più importante della mia vita e avrei solo desiderato vedere quel dolore sparire. Dovevo tentarci, tentare di annullare tutto quel male e diventare medico poteva essere il mio tentativo per farlo.
Toc toc. Qualcuno bussava alla porta. Ero certa che non fosse Jonas, lui sarebbe entrato e basta.
"Avanti" dissi.
"Ciao tesoro" disse Paul. Con lui c'era Carmen. Ricordai di quello che mi avevano detto: dovevamo parlare della mia adozione. Li feci accomodare sul letto di fianco a me. Eravamo tutti così vicini, sembravamo quasi una famiglia vera.
Carmen parlò.
"Senti Virginia, lascia che ti racconti perché ti abbiamo adottata. Vogliamo essere sinceri con te, al 100%, per questo te ne parliamo. Conosciamo tuo padre. Siamo vecchi amici di tuo padre. Eravamo amici quando lui e tua madre stavano insieme da giovani, non avevano una relazione seria ma penso che questo tua madre Marta te l'abbia detto. Tuo padre si chiama Julian, lo sai?"
Risposi di sí con un cenno del capo. Questa volta continuò Paul a parlare.
"Io e Julian eravamo amici da giovani, lo conobbi quando andavamo all'università. È fuggito quando Marta é rimasta incinta, non voleva prendersi una responsabilità così grande. Ma io non sapevo che Marta fosse incinta, altrimenti l'avrei fermato!".
"Mi avete adottata perché ve l'ha detto lui?" dissi con le lacrime agli occhi. Non avevo mai sentito parlare di mio padre, quel vigliacco che non aveva neanche avuto il coraggio di prendersi cura di me.
"No tesoro, lascia che ti spieghi. L'anno scorso Julian é entrato in carcere per spaccio di droga, furto.. cose così. Non so come sia venuto a contatto con quel mondo, ma dopo che ha lasciato Marta nessuno di noi l'ha più sentito" continuò Paul "ci ha contattati, non so di preciso perché e ci ha parlato di te, per la prima volta. Io mi sono arrabbiato moltissimo quel giorno, ho urlato, gli ho detto tutte quelle brutte cose che mi ero tenuto dentro per tutti gli anni in cui non si era fatto sentire". Paul si fermò, non riusciva più a continuare per la voce strozzata dal pianto. Carmen lo capì e continuò a parlare. Era incredibile come si capivano quei due, se non era amore il loro..
"Quando siamo tornati a casa, abbiamo cercato nelle nostre cose vecchie, della gioventù, il numero di Marta che nel frattempo avevamo perso di vista. Non eravamo proprio amici suoi, la conoscevamo per via di Julian, quando lui era sparito sapevamo solo che era tornata in Italia. Nessuno sospettava della tua presenza. L'abbiamo chiamata ma nessuno ha risposto al telefono. Ci siamo informati e dopo qualche mese abbiamo saputo della sua morte. Abbiamo scoperto di te e abbiamo capito che quello che volevamo era prenderci cura di te, fare quello che la dolce Marta non aveva più potuto fare. Ed eccoci qui".
Carmen finì di parlare e ci ritrovammo tutti e tre in lacrime. Li abbracciai. Ero felice. Sapevo che non mi avevano adottata per un capriccio o per un motivo vano. Volevo sapere di più su mio padre, ma non era quello il momento. Carmen mi diede un bacio sulla guancia e Paul mi spettinò i capelli. Poi mi lasciarono sola, capendo che avevo bisogno di pensare con calma.
~Che ne dite ragazzi? Fatemi sapere cosa ne pensate, commentate! Bacione
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Amore fraterno
RomanceVirginia ha 17 anni anche se é più matura di tanti adulti. Ha perso sua madre quando aveva dieci anni ed é stata adottata da una famiglia di Madrid. Carmen e Paul, i genitori adottivi, la adorano. Ma lo stesso non sembra fare il fratellastro, l'affa...