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JONAS

Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu l'orologio, appeso accanto al letto, che segnava le due del pomeriggio. Avevamo dormito fino a tardi, ma non avevamo riposato molto quella notte.

Mi voltai verso il lato del letto matrimoniale dove giaceva Virginia, ma non la vidi. Il letto era vuoto.

Mi alzai, dopo aver indossato i vestiti della sera precedente, pensando che fosse in bagno oppure che fosse scesa a pranzo con i miei genitori, essendosi svegliata prima di me. Ma lei era seduta ai piedi del letto, per terra, che fissava il vuoto. Non stava piangendo, ma intuii che doveva averlo fatto fino a poco prima in quanto gli occhi erano visibilmente lucidi.

"Piccola" le sussurrai dolcemente, sedendomi accanto a lei sul pavimento.

"Cosa abbiamo fatto, Jo..".

"L'amore" le risposi, schioccandole un bacio sulla guancia.

"Non dovevamo".

"Ci amiamo, non c'è niente di male. Stai tranquilla".

"Non hai usato il preservativo, cazzo! Ma possibile che sei così sbadato? E poi non ci amiamo, eravamo ubriachi, abbiamo sbagliato" urlò, scoppiando in singhiozzi. Mi sentii gelare il sangue. Il preservativo. L'avevo indossato solo la prima volta.. ma poi avevamo fatto l'amore di nuovo. E non l'avevo messo.

"Non preoccuparti, c'è una farmacia poco più in là della spiaggia.. ti accompagno a prendere la pillola, d'accordo?" chiesi, cercando di controllare le emozioni.

"Non dovevamo farlo" continuò a ripetere.

"Perché amore?".

"Perché non stiamo insieme, non più, e perché..".

"Perché?" la invitai a continuare.

"Perché non ti amo. E sto con Lucas" disse in un sussurro, guardando verso il basso. I miei occhi si riempirono di lacrime. Piansi, disperatamente, davanti a lei. Non mi importava di quello che poteva pensare: io la amavo ed ero sicuro che anche lei non mi fosse indifferente.

"Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami, Virginia, perché non ti credo!" sbottai,  alzandomi in piedi di scatto.

"Non ti amo" ripeté, guardando fisso davanti a lei.

"Guardami negli occhi, cazzo! Non tirare in ballo Lucas, perché non l'hai chiamato in questi giorni, non ci hai parlato! Se amassi lui, lo chiameresti!".

Lei si alzò e corse in bagno, chiundendosi dentro a chiave. Picchiai più volte con i pugni sulla porta. Ed urlai, con tutto il fiato che avevo in gola. Ma lei non aprì.

VIRGINIA

Almeno chiusa in bagno non potevo vedere Jonas piangere. Era stata la visione più brutta della mia vita, dopo la morte di mamma. Ah, quanto avrei voluto che fosse stata lì con me. Mi avrebbe aiutato a capire cosa provavo in quel momento.

Amavo Jonas, probabilmente lo amavo davvero. Fare l'amore con lui, quella notte, era stata la cosa più bella dell'ultimo periodo. E avergli confessato i miei sentimenti, mi aveva fatto stare bene. Anche se, al mio risveglio, avevo dato la colpa all'alcool.

Avevo tremendamente paura di un altro tradimento, di soffrire ancora, che preferivo evitare tutto nascondendo le mie emozioni. Ma lui, lui che mi conosceva meglio di chiunque altro, aveva colto quel tremore nella mia voce che svelava la bugia.

Ci mancava solo il preservativo che si era dimenticato di indossare la seconda volta che avevamo scopato. Quella mattina, ripensando alla notte trascorsa, mi ero accorta di quel dettaglio fondamentale. Sarei andata in farmacia a prendere la pillola del giorno dopo, anche se quello mi faceva tornare in mente alcuni tra i ricordi più brutti dell'orfanatrofio, come la mia prima volta. Quel mostro, che mi rifiutavo di chiamare per nome, non aveva indossato il preservativo  e mi aveva trascinata di forza alla farmacia del paese il giorno successivo. Era stato duro con me, troppo duro. Mentre inghiottivo la pastiglia, con lui che si preoccupava solo di non essere padre, giurai a me stessa che non avrei mai voluto trovarmi in quella situazione un'altra volta. Ma eccomi lì, come quattro anni prima, chiusa in un bagno a piangere per il figlio che sarebbe potuto crescere dentro di me se non avessi preso quella pastiglia.

Aprii la porta, perché prima o poi avrei dovuto farlo. Quello che vidi mi riempii di tristezza, perché mi sentivo tremendamente in colpa. Jonas continuava a piangere, seduto al lato del bagno, aspettandomi. Si alzò in piedi e mi abbracciò, ma mi liberai immediatamente da quella stretta che mi faceva solo venire voglia di baciarlo.

"Vado in farmacia" gli dissi, infilandomi un paio di infradito. Indossavo una canottiera rossa e dei pantaloncini verdi che non si abbinavano per niente, ma quella mattina appena alzata scelsi i primi abiti che vidi nell'armadio. Ed ora non avevo la minima intenzione di mettermi a cambiarmi.

"Ti accompagno".

"Non è necessario".

"È importante, Nini, ci tengo davvero" rispose, asciugandosi le lacrime sulle guance.

"Però aspetti fuori, é una cosa che voglio fare da sola".

"Ma.." tentò di ribattere.

"Niente ma, se vuoi accompagnarmi muoviti. E aspetta fuori" ordinai, uscendo dalla stanza, seguita da un Jonas stupito dalla mia fermezza.

JONAS

Durante il tragitto verso la farmacia non parlammo. Nemmeno una parola. Quel silenzio mi terrorizzava, ma stavo ancora pensando alle dure parole scambiate con Virginia poco prima. Si dice in vino veritas, giusto? Quindi mi amava, perché me l'aveva detto da ubriaca. Ma non ne ero così sicuro, avevo perso tutta la fermezza dimostrata durante la nostra discussione. Possibile che non riuscissimo ad essere due persone normali? O litigavamo, o facevamo l'amore. Eravamo incredibili.

"Sicura che non vuoi che ti accompagni?" le domandai, vedendola dirigersi un po' titubante verso l'ingresso della farmacia.

"Sicura" rispose, facendo aprire la porta automatica del negozio. Mi sedetti su una panchina molto vicina, dalla quale potevo vedere l'interno del negozio. Era l'unica cliente e fui felice di quello, perché magari si sarebbe potuta sentire in soggezione davanti ad altre persone. La dottoressa la condusse in una porticina sul retro dalla quale, cinque minuti dopo, riuscì visibilmente più triste. La dottoressa le accarezzò i capelli e l'accompagnò all'uscita.

Quando vidi Virginia la abbracciai, pronto anche ad un rifiuto da parte sua, che però non accadde. Ricominciò a piangere con la testa nell'incavo del mio collo, mentre le accarezzavo i capelli.

"Sht, tranquilla, é tutto finito".

"Doveva essere finito quattro anni fa.." la sentii sussurrare. Mi staccai dall'abbraccio e la guardai negli occhi.

"Che cosa?".

"Niente".

"Che cosa, Nini?".

"Ho già preso la pillola del giorno dopo".

"La tua prima volta?" chiesi. Lei annuì. Provai un odio incontrollato per quel ragazzo che se l'era scopata, senza sentimenti, approfittando della sua giovane età. Mi sentii un po' un mostro nel ricordare i tempi in cui mi fottevo anche due ragazze al giorno nei bagni della scuola. Ma almeno, non erano bambine indifese, ma puttanelle che volevano solo divertirsi.

"Scusami" le dissi, guardandola dritta in quei fantastici occhioni verdi, velati dalle lacrime.

"Non è colpa tua. Ora, però, non parliamo mai più di questa notte. D'accordo?".

Anche se a malincuore, risposi di sì.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora