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JONAS

Incredibile. I miei genitori non mi avevano mai spiegato il vero motivo dell'adozione di Virginia. O meglio, non me lo avevano mai spiegato del tutto. Sapevo solo che era figlia di vecchi amici rimasta orfana, nel raccontarmelo avevano tralasciato la questione del padre in galera. Che vigliacco. Scappare e lasciare una donna incinta da sola, abbandonare amici e familiari e tornare, 16 anni dopo, nelle vesti di ladro e spacciatore.

Avevo origliato dal balcone. La mia camera e la camera di Virginia erano collegate da quel lungo balcone che si affacciava sul giardino. Quel balcone portava anche alla stanza degli ospiti e allo studio di papà. Comunque, la mia sorellastra aveva lasciato la finestra aperta mentre parlava con i miei genitori per cambiare aria ed io avevo sentito tutto. Rimasi lì, anche dopo che i due adulti se ne andarono. Ebbi modo di sentire Virginia che piangeva e continuava a ripetere "brutto bastardo" tra un singhiozzo e l'altro.

Avrei tanto voluto starle vicino, ancora come quel pomeriggio. La conoscevo da soli due giorni ma mi ero talmente affezionato a lei che stavo male se lei stava male. Cosa mi stava succedendo? Ero Jonas Lopez, il diciannovenne puttaniere della scuola superiore di Madrid. Di solito le ragazze non mi facevano questo effetto. Di solito non volevo consolarle e abbracciarle ma scoparle fino allo sfinimento. Di solito. Quella volta era diverso.

Ricordai dei libri che le avevo prestato e decisi di utilizzarli per poterla vedere. Tornai in camera mia e da lì mi diressi verso la sua stanza. Non potevo entrare dalla finestra o si sarebbe insospettita. Bussai, ma non aspettai risposta per entrare.

"Hei Nini, perché piangi? I miei ti hanno raccontato tutto?" dissi, facendole credere che sapevo di suo padre già in precedenza. Lei annuì, non voleva parlarne e la capivo perfettamente.

"Ero venuto per sapere se avevi bisogno di altri quaderni per scuola" le sussurrai, ricevendo un cenno del capo come 'no'.

Feci per andarmene, a quanto pare non voleva proprio parlarmi, quando sentii un suo braccio che mi stringeva il polso mentre mi alzavo dal suo letto.

"Stai qui con me" mi disse lei ancora in lacrime.

Mi sdraiai al suo fianco e la abbracciai. Lei appoggiò la sua testa sul mio petto e si lasciò calmare dalle mie parole di conforto, dalle mie carezze e dai baci che le lasciavo sui capelli al profumo di lavanda.

Non volevo scoparmela. Era strano, ma così stavo benissimo.

Ci addormentammo così, abbracciati, dimenticandoci della cena. Le bastava avere me per non piangere più e a me bastava lei, per essere felice.

VIRGINIA

Sentii la sveglia che suonava. Ma non riuscivo a muovermi, era come se qualcosa mi tenesse bloccata. Jonas. Cosa ci faceva quel figo nel mio letto? Poi ricordai e mi feci scappare un sorriso. Avevamo dormito insieme dopo che lui mi aveva consolata. Ero felice, non dormivo così beatamente da mesi.

"Jonas, hei, Jonas" gli dissi scuotendolo un po'.

"Buongiorno piccola" mi rispose con il suo sorriso sexy stampato sul viso. Arrossii. Era così incredibilmente incantevole.

"Spostati che devo spegnere la sveglia, idiota! " risposi io ridendo. Lui si alzò e si diresse in camera sua. Ci dovevamo preparare per la scuola. Io mi vestii velocemente, avevo saltato la cena ed avevo molta fame, non vedevo l'ora di scendere a fare colazione. Mi misi una camicia rosa cipria con dei jeans scuri, stivaletti di pelle nera e un golfino. Mi pettinai i capelli in una treccia sulla spalla destra, mi misi un filo di eyeliner nero e il mascara, poi aggiunsi un tocco di gloss trasparente sulle labbra. Sorrisi allo specchio, presi lo zaino e scesi, finalmente, per la colazione.

Scherzai con Jonas mentre eravamo seduti a tavola. Carmen ci guardava, felicissima nel vedere che andavamo improvvisamente d'accordo.

"Dai ragazzi, muovetevi o farete tardi" ci disse. Lasciai che Jonas uscisse a prendere la moto e ne approfittai per parlare un attimo con mia madre adottiva.

"Carmen, ma mio papà com'era da giovane? Intendo prima di diventare un criminale" le chiesi.

"Era un bravo ragazzo, un po' pazzo e mooolto irresponsabile, ma gli volevamo molto bene io e Paul. Quando se n'è andato, sparendo nel nulla, Marta è tornata in Italia, e noi l'abbiamo odiato per tanto tempo per il male che aveva fatto a tutti noi, tua madre compresa. Anche se nulla sapevamo di te" mi rispose.

"E adesso, cosa pensi di lui?".

"Virginia, non importa cosa penso io.." sussurrò.

"A me importa davvero!".

"Penso che sia stato solo un coglione, tesoro, abbandonare tutti non dicendo niente a nessuno e farsi vivo solo nel momento del bisogno. Dal carcere ci ha chiamati per avere aiuto economico per pagarsi un avvocato".

"L'avete aiutato?".

"No, Virginia. Non dopo aver saputo che aveva abbandonato Marta e te per tutti quegli anni. Poi era colpevole, non avrebbe mai vinto la causa. I soldi sarebbero andati persi. Abbiamo preferito stare dalla parte della legge" rispose Carmen, con gli occhi che guardavano verso il pavimento, forse era preoccupata del fatto che avrei potuto non capire la loro scelta.

"Avrei fatto lo stesso, grazie" le dissi abbracciandola. Ero felice che non avessero aiutato quell'uomo che tanto mi aveva fatta soffrire e che aveva ridotto mia mamma a piangere di nascosto per non farsi sentire. Non si meritava di uscire dal carcere, era colpevole dei reati che aveva commesso.

Poi uscii, per raggiungere Jonas e andare a scuola.

Amore fraternoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora