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𝑹𝒖𝒊


Stufo di osservare le tegole legnose del soffitto, mi alzo dal letto.

Una volta che il bollitore fischia, verso il tè in una tazza, mentre con i denti estraggo una sigaretta dal pacchetto.

Avrei attaccato fra un paio d'ore se qualcuno non mi avesse fatto licenziare.

Lo stipendio di quella vecchia megera, mi permetteva di non toccare un solo yen dal mio conto.
Milioni di yen che staranno facendo la muffa lì dentro.

Ma non ha alcuna importanza.
Faccio finta che non esistono, come tutto il resto.

Cercherò qualcos'altro, tanto ho già memorizzato qualche numero e già da domani inizierò proprio da un fast food, dove richiedono un personale cordiale e di bell'aspetto.

Il primo termine, fa alquanto ridere: Cordiale.
Non so nemmeno se sia un verbo o un aggettivo, figurati.

Parlando del secondo... colui che alloggia nei miei boxer avrebbe qualcosa da ridire. Sono sei mesi che non prende un po' d'aria.

E sei mesi d'astinenza, rendono la cordialità un fattore ancora più estraneo.

Infilo il giacchetto di pelle nero e mi incammino verso l'unica cosa che ho portato via a quello.
Una Honda Nsx nera.
L'unico lusso che stonerebbe con il mio nuovo stile di vita, ma anche il solo che mi ha permesso di fuggire da lui.

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Parcheggio davanti alla biblioteca e una volta entrato, faccio un cenno a Lya, la responsabile.
È l'unica donna con la quale scambierei volentieri due parole.

Sarà forse perché è stata l'unica a non aver condiviso il tuo letto?
Aah ma che schifo cazzo, ha più di sessant'anni!

«Rui! Puntuale come sempre.» sorride accentuando alcune rughe intorno agli occhi.
«Allora?! Di cosa hai voglia stamattina?»
Beh Lya, se te lo dicessi risulterei alquanto volgare.

«Nulla di nuovo, il solito reparto.» mi appoggio al bancone.
E come da prassi, iniziano le solite domande sul perché scelgo sempre quel genere e il perché sono sempre da solo.

Chi cazzo va in una biblioteca in compagnia se al minimo bisbiglio esce fuori Hitler stesso, con tanto di megafono?
Ho già visto come questa graziosa signora cambia personalità quando qualcuno osa solo starnutire "disturbando".

Rifilando le classiche e falsissime scuse, mi dirigo verso il dodicesimo scaffale.
È un reparto dedicato solo ai gialli e all'umorismo nero, un sottogenere di satira che tratta di argomenti seri o addirittura tabù.
Il mio reparto.

Nel momento esatto in cui estraggo un libro dalla copertina nera, lo spazio lasciato da quest'ultimo, mostra una figura che saltella con l'intenzione di prendere un libro posto fin troppo in alto.

Assottiglio lo sguardo quando, oltre alle chiappe apparentemente sode, ha qualcosa di familiare.

All'ennesimo salto riesce a prenderlo, facendone però ricadere tre, di cui uno le finisce dritto in fronte.
Mordo le labbra per non ridere quando la sento imprecare a bassa voce.

Ma appena si gira, siamo in due a farlo perché, porcadiunaputtanaladra, è impossibile cazzo.
È una fottuta persecuzione.
Tredici milioni di abitanti e devo incontrarla per la terza volta.

Vedendola dirigersi verso Lya, mi nascondo dietro lo scaffale dato che ci saranno sì e no cinque metri a dividerci.

«Le basta solo un documento e ha al massimo una settimana per riportare l'articolo.» le spiega.
Annuisce per poi passarglielo.
«Laurent, è corretto?» chiede registrandola nel computer.
Laurent...
Perché non mi è nuovo?

«Ah ma quindi è francese? E di dove?»
Certo che Lya non vivrà tanto a lungo se il detto dei cent'anni fosse vero.

«Sì, sono nata a Parigi ma ormai sono a tutti gli effetti una cittadina giapponese.» risponde ridendo.
Ma tu pensa che culo.
Alzo gli occhi al cielo.

«Sicuramente la Francia si ritroverà con un tesoro in meno ragazza mia, sei splendida!»

Sto per vomitare.

Non sento alcuna risposta, si limita ad abbassare il capo timidamente.
Oh ma certo...
Ora fa anche la tenera mentre a me lo zigomo, formicola ancora.

«Buona giornata Amelíe.» la saluta.
Amelíe?
Amelíe Laurent, Francia... biblioteca.
Oh cazzo.

È il nome della fottuta scrittrice a cui ho salvato il numero pochi giorni fa.

Seguo con lo sguardo la francesina prendere posto sotto un grande albero nel giardino.
Non so il perché, ma penso proprio che il fast food dovrà ficcarsi nell'ano la cordialità e il bell'aspetto.

«Benvenuta a Tokyo, Amelíe!» ghigno davanti alla sua temporanea serenità.






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