𝟒𝟔

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                               𝑹𝒖𝒊

Come rientro nell'appartamento e mi chiudo la porta alle spalle, arriccio il naso.
La fragranza al cocco è molto forte in questo punto.
Ed è strano visto che se ne è andata più di due ore fa.

«Oh?» domando con le orecchie tese e pronte a ricevere una risposta.
Ma niente, tutto tace.
Alzo le spalle e mi avvio verso la cucina.
Appoggio sopra la mensola la carne che ho comprato e mi lavo le mani.

Mangio in completo silenzio.
L'unico rumore che sento è il suono dei miei denti che stritolano la carne.
Ricordo che un tempo, lo trovavo tremendamente fastidioso.

Sentire gli alimenti che vengono masticati è una cosa che mi urtava a livelli indescrivibili.
Che siano i miei o specialmente degli altri.

Ma da quando i pensieri e i ricordi, hanno preso a tormentarmi la mente, ora sento solo che quelli, altro che le masticate.

Porto le mani dietro la testa e mi allungo sulla sedia, seguendo con lo sguardo tutti i suoi indumenti che hanno riempito il mio salotto da poco più di una settimana.

Sono quattro giorni che la evito e sembra sia un classico ormai.
Ma se prima lo facevo per necessità, dato che sono stato da sempre infastidito da chiunque non sia la mia ombra, ora lo faccio per lasciarle i suoi spazi.

«Prima che qualcuno si faccia del male, in questo caso io, è meglio non continuare con questo»
Nonostante la difficoltà nel capire gli altri, ho afferrato il concetto.

Quindi in poche parole, le piaccio.

E sono arrivato all'unica conclusione per cui ciò, è potuto accadere:
È matta.
O pazza da legare.

Possiedo tutti gli aggettivi dispregiativi che possano esistere.
Quali tra i tanti, ha potuto suscitarle un interesse?

Sì ok, ammetto di avere provato un tremendo fastidio quando l'ho vista tra le braccia di Herman.
Stessa sensazione, di quando il biondino le accarezzava le dita fuori da quella gelateria.
Ma arrivare a quel punto, no.
Impensabile.

È bella da farti prendere un colpo, e il suo carattere pungente mi stuzzica in un modo osceno.
Ma...
Bah, lasciamo perdere.

Scuoto la testa, alzandomi.
Ripongo i piatti sporchi nel lavandino e tiro fuori dalle tasche il pacchetto di sigarette.

Mi affaccio alla finestra e faccio innescare la fiamma, buttando poi fuori il fumo.
Le luci del locale sono ancora accese, evidentemente staranno ancora festeggiando.
Guardo l'orario, quasi le 23.

Uno scricchiolio mi porta ad affilare lo sguardo.
Vedo la faccia di Haruto sbucare fuori dal portone, affacciarsi, per poi guardare a destra e sinistra.
Socchiudo le palpebre.
Chi sta aspettando?

Spengo la cicca nel posacenere, ma prima di chiudere la finestra, vedo uscire anche Toshiba, che allunga un braccio per indicargli un posto d'auto vuoto lì vicino.

Mi acciglio, non capendo cosa diamine stiano facendo e rimango a fissare le loro facce dannatamente serie anche quando sento il telefono vibrarmi.
Non staccando mai gli occhi da quei due nerd, lo porto all'orecchio, senza vedere il mittente.
«Porcaccia di una troia puttana Rui!»

Sono costretto ad allontanarlo per verificare che la voce corrisponda a quella di un Hiro altamente infuriato, parolacce incluse.
«Che cazzo vuoi?»
«Una cosa dovevi fare! UNA!» urla facendomi intuire che il motivo per la quale quei due stiano lì fuori, a cercare chissà cosa, è collegato al raro nervosismo di Hiro.

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