𝟓𝟖

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𝑹𝒖𝒊

«Credo di aver creato un mostro.» sbadiglio, appoggiando i gomiti alla ringhiera del balcone.

Socchiudo le palpebre non appena i primi bagliori dell'alba si fanno mano a mano più accesi.
Rabbrividisco, percependo una leggera folata di vento riempire la mia pelle di brividi. È quasi piacevole, avendo la pelle ancora bollente dalla doccia appena fatta.
Estate o inverno che sia, la temperatura che sceglierò sarà sempre quella lavica.

Mordo le labbra e scuoto la testa quando ripenso ad alcune immagini di questa notte. «Porca puttana...» sorrido e mi stiracchio, percependo ogni muscolo come intorpidito. No. Forse è più appropriato dire tutte le immagini di questa notte, a giudicare dal risveglio immediato dell'amicone quaggiù.

Se l'idea iniziale di metterla in imbarazzo nel ristorante, da sotto quel tavolo e coperto dalla lunga tovaglia che nascondeva quello che le stavo facendo, mi fece impazzire; ho dovuto ricredermi quando, appena entrati nel mio appartamento, fu lei a sorprendermi.

Credo abbia capito fin troppo bene quale fosse stato il mio intento. Portare alla luce ogni suo pensiero indecente, descrivendo ogni mio tocco su di lei, ogni bacio, morso, leccata— «Porca troia.» sospiro pesantemente.
L'ho anche sculacciata, Cristo Santo.
E, cazzo se le è piaciuto. Mi ha minacciato, quella stronza, dicendomi chiaramente che non dovevo smettere.

«Rettifico: ho appena creato un mostro.» borbotto, sistemandomelo alla bell'e meglio, sotto all'asciugamano.

Entro in casa, ricordandomi del vero motivo per cui mi sono svegliato così presto.
Non che sia una novità, chiaro. Ma ad essere sincero, è da un po' che mi pesa alzarmi dal letto. È decisamente gratificante e riconosco che sia tutto merito di quella moretta che a breve dovrò accompagnare a quella maledetta visita in ospedale.

Percorro il corridoio e le mani vanno ad allentare il laccio dell'accappatoio scuro che indosso «Il caffè ti si fredda, dormigliona.» sorrido, immaginandola già con la faccia immersa nel cuscino, con tanto di bavetta.
Sì, l'ho vista sbavare in un paio di occasioni e gongolo ogni volta che la vedo impallidire ed imbronciarsi quando glielo faccio notare.

Alzo però un cipiglio confuso, quando vedo la porta del bagno aperta e la luce accesa. Ghigno, spalancandola subito dopo «Qui qualcuno si è degnato di alzars— che cazzo hai?» la vedo a terra, seduta davanti alla tazza del water.

«Ehi ehi, aspetta!» mi inginocchio, prendendole il viso tra le mani quando noto che sta annaspando a corto di fiato. La fronte sudata e dal colore giallognolo.
«Non...» prova a dire, ma chiude gli occhi e inizia a prendere lunghi respiri dal naso. «Senti lo stimolo ma non riesci a buttar fuori nulla?» tento, sperando di averci preso cosicché non si sforzi ulteriormente. Annuisce.

Con la preoccupazione che aumenta ad ogni secondo, riesco a svolgere ogni passaggio in maniera totalmente calcolata e discreta: l'ho aiutata a lavarsi il viso, a vestirsi, l'ho mantenuta per tutto il tragitto da casa, alla macchina, fino all'ospedale.

Ho perso la mia lucidità però, quando all'ingresso, un'infermiera continuava a richiedere la Social Health Insurance di Amelìe.
Le avrò ripetuto, sì e no, trenta volte che possedeva quel tipo di assicurazione sanitaria e che aveva già un appuntamento con il cazzo di Dottor Kim.
Fortuna volle, che poco prima di scaraventarle addosso qualsiasi cosa avevo a tiro, lo stesso dottorino, decise di fare la sua comparsa.

La rassicurò, confermando la mia versione e sentii perfino dirle a bassa voce di consultare il computer prima di richiedere l'assicurazione di un paziente.
Solo lì scoprii che era una tirocinante.

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