𝟓𝟑

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«Tu non sta parlando seriamente. Scherzi, giusto?»
I grandi occhietti nascosti dietro le spesse lenti, si alzano più e più volte sul soffitto di questa boutique o centro estetico o—insomma, ancora non mi è ben chiaro dove diamine mi abbia portata.

«Rilassati per favore.» sbuffa per quella che è l'ennesima volta, facendomi innervosire ancora di più.
«Ti vorrei ricordare che alla festa di primavera non ci siamo andate.»
E dici bene dato che un serial killer ti aveva rapita.
«Quindi, ora che siamo a fine maggio, parteciperemo a questa festa. E queste qui sono le condizioni, punto.»
Oh beh, mille grazie.

Oggi è il 18 Maggio e si terrà il Festival di Nikko, conosciuta meglio come Festival Toshogu.
È una festa dove migliaia di samurai marciano fino al santuario, in ricordo di Tokugawa Ieyasu.
Che sinceramente detto, chi sia, ancora non l'ho capito. Credo un militare giapponese.

Comunque, dopo aver trascorso la mattinata con Rui, Yuri mi ha telefonato, mettendomi al corrente di questo festival.
Inizialmente ne rimasi affascinata.
Finalmente, dopo praticamente una vita che volevo farlo, avrei avuto l'occasione di indossare un kimono.

Il fatto che Rui avesse rifiutato all'istante, mi fece rimanere un po' male.
Ma d'altronde potevo immaginarlo, ed è per questo che alla fine me lo sono fatta andare bene lo stesso.

Ancora più esilarante però, è stato il fatto che non ero a conoscenza di piccoli e insignificanti, a detta di Yuri, particolari.
Partiamo dal presupposto che è passata a prendermi direttamente nella caffetteria dove stavamo facendo colazione.
Una volta salutato Rui, mi ha portato in questo quartiere tradizionale.
Ma quest'ultimo, prima di andarsene, ha pensato bene di informarla che, questa notte, la sottoscritta gli avrebbe privato il sonno, ed è per questo che se ne andrà a casa a riposare.

Informazione essenziale per Yuri, a quanto pare.

Un'ora di tragitto in cui non ha fatto altro che chiedermi centomila dettagli sull'evoluzione della nostra relazione.
A me, sembra di averle detto tutto.
Quanto a lei invece, continua ad insinuare che mancherebbero le parti migliori. È per questo che, anche adesso, un leggero broncio contorna il suo viso.
Tiene palesemente il muso.

Ma se lo può anche tenere dato che io non le ho mai chiesto se le spinte di Toshiba alternino di ritmo, e quale sia il modo in cui le preferisco.
Dio, vive di dettagli quella donna.

Tornando a noi, questo quartiere è tutto molto verde e pieno di piccoli ruscelli limpidissimi.
Le diverse specie di volatili, che svolazzano ovunque e con quel loro leggero cinguettare, ti danno un senso di tranquillità, natura e pace.

Molte case e negozi sono allestiti con le decorazioni tipiche della festività, quali le armature di quei tempi, bancarelle con vari tipi di alimenti e tanti, tantissimi kimoni.

Ed eccoci qui, ai tanto ambiti e fatidici vestiari a forma di T, lunghi fino alle caviglie e con le maniche ampie.

«Ce ne sono diverse di tipologie, Amelìe» questa era stata la sua prima risposta, alquanto allusiva per quanto riguarda quest'ultimi.
E okay.
È vero e ci sta che ce ne siano di tutti i tipi, non me n'ero preoccupata chissà quanto.

Fino a quando, una volte entrate dentro questa boutique, il proprietario ce ne aveva mostrati alcuni.
Belli.
Dio, quanto erano belli.
Lunghi, di mille colori e altrettante fantasie.

Il gentil signore si è fortunatamente dileguato, lasciando me e la spiritosa ma non troppo, simpatica persona che mi sta affiancando, da sole.
«Dai sbrigati, è appena andato via e ti garantisco che non entrerà per i prossimi cinque minuti.» dice spingendomi dentro allo spazioso camerino.
Cinque minuti, come se bastassero per infilare questo coso.
«Non è questo il punto.» socchiudo le palpebre stringendo la stoffa rossa che tengo in mano.

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