𝟒𝟓

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«Caffè?»
Scuote la testa, continuando a leggere un libro dalla copertina scura, senza titolo.

Annuisco accennando un sorriso amaro, per poi sedermi sul divano.
Ormai non mi degna più nemmeno di uno sguardo.
È come se stessi perennemente sola in casa.

Soffio contro il vapore che fuoriesce dalla mia tazza mentre accavallo le gambe, muovendone una con nervosismo.

È da quella sera che mi evita.
Quattro giorni in cui non fa altro che rispondermi con monosillabi.
Come se un'aura oscura l'avesse circondato e non gli desse via di scampo.

Cupo.
Nervoso.
Assente.
Molto più del solito.

E lo ero anche io quella sera, quando eravamo rientrati a casa.
Non sapevo come comportarmi.
Gli ho praticamente confessato che sto iniziando a provare qualcosa per lui, quindi vedere quel tipo di reazione, mi ha fatto sentire in estremo disagio.
Ho pensato anche di andarmene ma la questione Kaito non me lo permette.

Dovrei fare come Haruto, far finta di niente.
Lui sì che ha affrontato come si deve un palo.

Sii più matura, Amelìe.

Osservo il suo profilo concentrato.
Oltre a trovarlo costantemente attraente, provo anche del fastidio per come si sta comportando.

Ok, ci sta che io ti abbia messo in imbarazzo, sempre se così si sia sentito, ma a che serve portare il muso?
Dannazione, dovrei essere io quella alterata o scocciata.

Sbuffo guardando l'orologio.
Le 19.
Bene, a breve dovrebbe attuarsi il piano "festa a sorpresa per Yuri".

Mi alzo e prendo dall'appendiabiti la mia giacchetta nera.
Sotto indosso dei semplici jeans scuri a vita alta, abbinati a una maglia bianca a maniche lunghe alquanto corta.
«Dove stai andando?»

Aah, allora la lingua ce l'ha ancora.
«Alla festa alla quale non vuoi partecipare.» ribatto con un tono annoiato, prendendo poi la borsa.

Ma non appena sento il tintinnio delle sue chiavi, mi giro.
Lo ritrovo in piedi, con una mano appoggiata al muro, intento ad infilarsi le scarpe.

Questa cosa mi sta dando seriamente sui nervi.

Tutto quello che fa è sempre per dovere, per di più controvoglia dato che il suo approccio nei miei confronti, dopo la confessione, è peggiorato drasticamente.

«Non scomodarti.» non riesco a non usare un tono derisorio «Dovrò solamente attraversare la strada, puoi continuare a leggere in santa pac—»
«Finiscila.»

Alzo un sopracciglio «Di fare?»
Solleva lo sguardo, tremendamente serio «Di usare quel tono con me.»

Oh, questa poi è super mega strepitosa!

«Dico sul serio, non ti devi scomodare.» mi rassegno, evitando di controbattere mentre apro la porta.
Tanto è inutile rispondere alle sue pretese.

«Anche io sto dicendo sul serio. Non parlarmi in quel modo.» asserisce raggiungendomi.

Prendo un lungo respiro e mi giro, ma sussulto appena ritrovo il suo viso a un palmo dal naso.
«Andiamo.» mi prende per una spalla per poi spingermi fuori dalla porta, facendomi imbestialire a livelli eclatanti.

«E lasciami, cazzo!» me lo scrollo di dosso, facendogli guizzare le sopracciglia in alto.
«Ma che cazzo di problemi hai?» chiede tra l'allibito all'alterato.

«Io, non ho nessun tipo di problema.» mi indico «Ti sto solamente dicendo che devo attraversare questa fottutissima strada e sarò arrivata.»
«Cosa che fai tutti i giorni per andare a lavoro: accompagnata da me, quindi non capisco perché ora stai reagendo come un'idiota.»

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