Cassetta XXX

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Eravamo tutti sul camper in viaggio verso un centro commerciale disperso fra le montagne. Verso l'infinito ed oltre direi.

Questa sera ci sarebbe stata la festa di Capodanno dell'hotel e il code dressing era elegante, ma nessuno di noi si era portato un abito lungo o uno smoking. Sia chiaro però, io l'abito lungo non lo avrei mai messo.

«Ma ci riesci a non prendere una buca una volta tanto Martino?»
«Clar io centro tutti i buchi.»
«Ora che lo so sto più tranquilla.»

Evelin aveva fatto una faccia disgustata, ma non era quello a preoccuparmi. Quello che mi metteva ansia era il fatto che lei, Serena ed Alice confabulassero fra di loro a bassa voce. Era la seconda volta in una settimana che pensavo che qualcuno stesse organizzando il mio omicidio.

Il resto del gruppo dormiva da in piedi: Irene sbavava con la testa sulle gambe di suo fratello e Nicola non era da meno solo che la testa l'aveva appoggiata sul gomito di Gabriele, questo dormiva a sua volta anche lui con un rivoletto di bava, in fondo negli ultimi due posti c'erano Federico, Samuele ed Edo che parlottavano anche loro. I tre avevano uno sguardo fisso su di me, mentre le tre ragazze passavano lo sguardo dal cellulare di Evelin a me in un modo inquietante. Mancavano due persone all'appello.

«Piccioncini potreste smetterla di pomiciare sui sedili di mezzo?»
«Clar tu hai bisogno di un nuovo passatempo. Non puoi interromperci ogni volta, se sei gelosa sappi che non ti inviteremo per una cosa a tre.»
«Leo taci o giuro che prendo la cintura di cuoio che ho in baita e ti costringo ad impiccarti. La cicatrice sulla fronte non sarà nulla in confronto.»
«Mi manca Venezia con le scimmie addestrate.»

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Arrivati al centro commerciale ci dividemmo in gruppi ed io finii per ritrovarmi con l'accoppiata più strana del secolo. Serena ed Evelin che collaboravano per aiutarmi a trovare un vestito decente per la festa.
Dopo aver preso circa cinque vestiti mi spinsero in un camerino che spacciarono per vuoto. Ma di vuoto c'è solo il mio stomaco tutte le volte che non mangio a pranzo.

Dentro c'era Federico con una camicia blu con il simbolo della Lacoste sopra i jeans blu che si stava guardando allo specchio. E, ahimè, dovetti ammettere che era un vero e proprio gnocco vestito così.

«Ah, se volevi vedermi nudo bastava dirmelo.»
«Mi hanno spinta qua Serena ed Evelin, il loro umorismo é pessimo.»
«No no, Gabriele é pessimo a provarci con Evelin mentre sta con Serena, il pollo arrosto senza le patate come contorno é pessimo, la minestra con i ceci é pessima, il loro umorismo fa solo schifo.»
«Ah, bastava dirmelo se non volevi che al ristorante ordinassi il pollo arrosto senza le carote come contorno.»

Mi stava guardando con uno sguardo confuso ed era indeciso se ridere oppure sparare un'altra battuta acida. Alla fine rise e mi lanciò addosso la sua felpa dell'Adidas, io appoggiai i vestiti e scoppiai a ridere pure io.

«Siete bloccati dentro lo sapete?»
«Galline in gabbia, come il film.»
«Evelin era Galline in fuga.»
«Galline arrosto.»
«Ho fame.»

«Fateci uscire adesso, è stato molto divertente.»
«Se ti sei nascosta la chiave nel reggiseno Evelin non penso ci sia tanto da cercare.»
«Simpatico, è nascosta in quello di Serena.»
«Per uscire vi dovrete baciare e vogliamo una foto amori miei.»
«E io voglio dei pastelli colorati.»
«Non sto scherzando angioletti, fatelo o rimarrete lì a lungo.»

Provai ad arrampicarmi sulle porte del camerino, ma dall'altro lato c'era una signora in biancheria che mi gridò contro e mi diede della pervertita. Mi sentivo come Adamo ed Eva cacciati dal giardino dell'Eden. Evelin faceva il serpente.

«Baciami e basta. Un bacio a stampo normale non morirai tranquilla e non ti sveglierò dal tuo sonno perenne, non sono il principe azzurro.»
Federico iniziò ad avvicinarsi ed io non volevo fare altro che scappare via, sono sicura di aver grattato anche le porte come fanno i gatti per uscire dalla gabbietta.

E poi all'improvviso sentii dei fuochi d'artificio. Era un po' presto però per quelli. Infatti capii che era uno sparo di pistola, ma non eravamo coinvolti in nessuna sparatoria. E poi capii. Era una banda di ippopotami che muovevano il didietro a ritmo di quella canzone del film Madagascar "Mi piace quel che muovi e allora muovi!".

Federico mi stava baciando e non era un bacio a stampo.

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Per fortuna quella sera si erano ubriacati quasi tutti. Io no, non avevo voglia di ubriacarmi solo di evitare delle persone specifiche.

Nel grosso salone chiunque faceva qualunque cosa ed io volevo vomitare come sempre, avevo perso la voglia di fare le battutine strane.
Le coppiette del gruppo limonavano sul divano, Serena e Martino combattevano una guerra con la saliva, ma Gabriele era troppo ubriaco per accorgersene. Samuele, Federico e Nicola cantavano a squarciagola Call me maybe sopra un palco molto carino addobbato con qualcosa che sembravano essere pellicce di animali morti.

Non avevano un gran gusto in hotel per le decorazioni. Vidi Evelin scappare sul terrazzo e la seguii senza esitazioni. Avevo bisogno di respirare anche io.

«Eve? Stai bene? Sembra che qualcuno abbia provato a fare dei festoni migliori con il tuo vestito.»
«Uno scimpanzé ci stava provando, ma una mantide religiosa gli ha ficcato una zampa in un'occhio.»
«Religione. Arriviamo sempre lì. Guarda vedo le tavole dei dieci comandamenti su quella montagna.»
«Mi chiedevo cosa facesse il prete.»
«Sento Laudato Si di San Francesco.»
«No cretina senti solo Come and get your love dei RedBone che proviene dal salone.»

Che bella la musica anni settanta. Mi immaginavo già un registratore a cassetta con i nastri che giravano, ma sapevo perfettamente che erano solo andati su YouTube a digitare qualche tasto. Mancava così poco alla mezzanotte.

«Siamo bozze di Dio registrate su cassette, lui e gli angeli si ascoltano la musica della nostra vita.»
«Anche a me piace la musica anni settanta, è così ballabile in coppia.»
«Chiamalo miracolo o coincidenza, ma credo che forse il prete avesse ragione. Ogni cosa che ci succede è segnata nel nostro destino e non possiamo cambiarla.»
«Clar ad ognuno di noi spetta un miracolo dicono. Il mio miracolo è stato quando sei arrivata tu.»

E questa volta erano davvero i fuochi d'artificio. Con colori migliori dei miei evidenziatori con le torte. E adesso la sentivo bene la colonna sonora della nostra vita. Ero pronta a sentire o vedere tutte le cassette che mi erano state riservate insieme alla mia nuova migliore amica.

Le Bozze di  DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora