Cassetta XXVIII

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Non dico niente, perché quando Evelin ti porta in una discarica non devi dire niente. Devi stare in silenzio ed aspettare che qualche divinità che ti ha a cuore rimproveri la tua amica e le dica di non buttarti in un cassonetto.

Queste erano le conseguenze di avere un'amica con un canarino asmatico e ciccione. Beh okay, non era colpa di Nachos se stavo per essere buttata via in un cassonetto, ma quel canarino ormai era un segno distintivo.

«Almeno fai la differenziata no? Devo stare nell'organico...»
«Cretina non mi sto liberando di te, se avessi voluto ti avrei prima uccisa no?»
«Non mi avresti sollevato nemmeno con la telecinesi. E non credo che qualcuno ti coprirebbe se commettessi un omicidio.»

Mi trovavo al centro di una grossa piattaforma che era circondata da paletti sui quali erano posati diversi oggetti tra cui un telefono giallo fluo, un cane di ceramica rosa ed un grosso vaso con disegnate delle emoji sorridenti. Tutta spazzatura.

«So che il mio regalo non era per te a Natale, ma ho deciso di fartelo lo stesso.»
«Uhm... Mi hai regalato la casa che rispecchia la mia vita? O forse era una metafora per dire che mi hai ricongiunta con i miei fratelli e le mie sorelle?»
«Tu e Gabriele non siete fratelli.»

Prese una grossa mazza da baseball rossa e posò la torcia che si era portata dietro. Mise degli occhiali protettivi sugli occhi e dei guanti dal colore discutibile alle mani. Poi impugnò per bene la mazza (no ai doppi sensi) e si scagliò verso di me.

Lo sapevo che avrei fatto una brutta fine cavolo. Chiusi gli occhi per prepararmi all'impatto sulla faccia e mi chiesi se aveva nascosto anche dei vestiti puliti lì da qualche parte.

Ma niente mi scontrò. Anzi mi passò vicino ed io smisi di tremare solo quando mi accorsi di avere della ceramica rosa nei capelli. Sesto senso femminile.

«Pensavo volessi fare di me una frittata, non aggredire gli oggetti orrendi di ceramica.»
«Io ti credevo intelligente una volta. Poi ho sbattuto la testa e sono diventata come te.»

Evelin mi passò l'arma ed un nuovo paio di occhiali. Per fortuna non aveva un altro paio di guanti color verde vomito con le renne disegnate sopra. Erano una di quelle cose che mi avrebbe regalato mia cugina di terzo grado in America.
Poi mi indicò il vaso di prima ed io dopo un urlo barbarico mi ci fiondai contro come se non ci fosse un domani.

«L'ho fatto perché sei lunatica, almeno sfoghi la tua rabbia.»
«Posso usarla su Federico?»
«Solo se me la lasci usare su Nicola.»
«Andata.»

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Entrati in baita sentivo già troppo silenzio. Nessuna voce. Nessuno scricchiolio. Nessun urlo barbarico.
Poi sentii un forte tonfo e due voci.

«AH AH.»
«Leo levati di dosso, non sei leggero.»
«PRESA! Trovata Alice ora non scappi più.»
«Il solito guasta feste... Non ho voglia di contare di nuovo.»

Io ed Evelin ci scambiammo uno sguardo complice e silenziosamente e con la mazza in mano di lei ci avviciniamo ai due litiganti. Stava andando tutto bene, ma si vede che qualcuno aveva avuto la nostra stessa idea solo che l'aveva applicata su di noi.

Qualcuno mi mise una mano sulla bocca e qualcuno fece lo stesso con Evelin. Cercai di mordere il palmo di quella persona, ma non funzionó così dopo essere stata portata dietro un muro leccai la sua mano.

«Ew. Clarissa ma che schifo, contieni la tua fame.»
«AHIA!Evelin ma ti pare il caso? Non cercare più di staccarmi un mignolo, mai più.»
«Andrea dimmi che quella mano non è quella che usi per fare i lavori manuali a Leo o inizio a vomitare.»
«Sono sinistro, ti è andata bene.»

Tirai un sospiro di sollievo mentre Evelin guardava in cagnesco Nicola. Lui si stava succhiando il sangue da un dito stile vampiro dark.

«Perchè avete una mazza da baseball?»
«Storia lunga. Perché voi vi nascondete?»
«Storia lunga.»

Usava le mie stesse carte contro di me quel figlio di puttana eh. Feci un cenno verso Evelin per fargli usare la mazza su Nicola, ma al contrario lei gli tiró un calcio sugli stinchi. Io risi abbastanza forte ed Andrea mi mise di nuovo una mano sulla bocca. La sinistra questa volta. Mi divincolai e sputai un po' di saliva lì accanto.

«Mancano solo Andre e Nic. Dove cazzo siete?»
«Ti stai facendo il mio ragazzo?»
Andrea arrossì alle parole di Leo ed io ne approfittai per rifilargli una testata sul naso. Lottavo come i cervi. O come le capre. Dipende dal punto di vista.

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«Fatemi capire bene.»
«Tu non capisci mai nulla Clar.»
«Non che tu sia meglio Evelin.»

Le feci una linguaccia mentre aspettavo che quei cretini dei miei amici mi rispiegassero cosa fosse successo. Non avevo colto molto solo le parole "mutande", "nascondino", "perdente" e "Federico". Non in questo ordine precisamente.

«Allora abbiamo deciso di giocare a nascondino e in una delle partite fatte abbiamo segnato una penitenza per chi avesse perso. Deve andare in giro in mutande.»
«Okay ma chi ha perso Serena?»
«Fede.»

Evelin scoppiò a ridere vedendo la mia faccia inorridita e non la smetteva più. Presi un cuscino e cercai di soffocarla anche se sapevo che poi avrei preso tutto il suo carico di sfiga addosso a me. E di mio ne avevo già abbastanza.

«E passerò tutto il mio tempo con te piccina così potrai goderti il mio fisico fantastico.»
«Se vuoi ti lascio anche il mio posto nel letto matrimoniale per una sera.»
«PENSAVO DI AVERTI SOFFOCATA EVELIN!»

Si alzò ed inizio a correre, uscì di fretta e si scontró con il cameriere che avevamo incontrato a cena. Lei sorrise e lui sorrise. Ma io avevo cose più importanti di cui occuparmi. Presi la mazza e le andai incontro.

Le Bozze di  DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora