Cassetta II

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Stavo camminando tranquillamente per il parco, osservavo le luci dei lampioni che si stavano spegnendo lasciando spazio libero alla luce del sole. Adoro passeggiare per il parco, indossare il mio fantastico cappello al primo vento, ma, come sanno tutti, Milano non é la città ideale dove passare le stagioni fredde a meno che tu non ti voglia ritrovare sotto forma di ghiacciolo ed impacchettato in una di quelle confezioni da gelato.

Chi voglio prendere in giro, non ero affatto tranquilla. Per la mente avevo più di mille pensieri: andare a comprare le crocchette dietetiche per gatti visto che il mio era così grasso da sembrare un blob, a malapena gli si vedevano spuntare le zampe fuori da quell'ammasso di ciccia e pelo dove secondo me nascondeva anche le mie pinzette per le sopracciglia; cercare gli ingredienti per cucinare qualcosa di non tossico per la festa degli universitari a settembre, anche se mi sarei divertita a vederli stramazzare sul pavimento mentre imploravano il mio aiuto; dimenticarmi della figuraccia fatta perdendo a freccette nel lontano 2014 con un ragazzino di dieci anni che per penitenza mi aveva costretto a scolarmi un'intera cassa di birra e non vi dico cosa successe dopo...

Insomma la mia attenzione era più bassa della mia autostima, così mentre camminavo mi scontrai con qualcosa. O meglio all'inizio pensavo fosse qualcosa, perché assomigliava molto a un cespuglio rigoglioso quello intorno alla testa della ragazza. Caddi a terra e così tutte le sue cose, stavo raccogliendo il mio zaino quando il cespuglio mi disse con un tono più acido delle caramelle Rossana regalate dalle nonne:
«Potresti anche chiedere scusa e magari guardare dove vai.»
Alzai gli occhi al cielo, ero sconvolta dalla sua reazione e dal suo comportamento infantile. Non risposi alla provocazione.

A questo punto si ci aspetta che una persona normale raccolga le sue cose e se ne vada da dove é venuta, ma questa ragazza non doveva aver nutrito bene il cricetino nella sua testa. Inizia a mormorare parole in una lingua a me oscura, una di quelle formulette che si legge nei libri di magia. E quando mi resi conto che mi stava lanciando una maledizione era già troppo tardi.

«No, ti prego sono già sfigata di mio non lanciarmi nessuna maledizione!»
Il suo viso era tirato in un ghigno sadico, indecisa sul da farsi. Avevo le mani nei capelli e ripetevo alcuni controincantesimi imparati negli anni durante le maratone di Harry Potter. La ragazza raccolse ciò che aveva in mano precedentemente e mi guardó ancora per un tempo che a me sembró infinito. Sorrise in modo maligno.
«Doppio negativo uguale positivo.»

Rimasi lì seduta in mezzo al parco come una cretina. Mi alzai, corsi verso l'uscita, come al solito volevo vomitare.

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Ero vicina alla chiesa di casa mia. Sono credente, ma non praticante. Volevo eliminare la maledizione.

Entrai ed ero pronta a vedermi saltare addosso una suora con qualche volantino della chiesa e di strane feste o qualche prete desideroso di confessarmi, prima di rinchiudermi dentro il confessionale e dirmi di mettermi a dieta.

«Buongiorno cara, come posso aiutarti?» Un prete sulla settantina scendeva gli scalini di quello che credo si chiami sagrato. A mio tempo ero stata sommersa dalle pagine di arte da studiare. Il prete indossava una di quelle strane tuniche che lo facevano assomigliare ad un dissennatore senza cappuccio e al collo portava un crocefisso. Volevo correre e piangere fra le sue braccia. Capitano tutte a me.

«Ecco, io... É una richiesta strana lo so, ma vorrei che... Beh mi togliesse una maledizione. »
Mi guardò con uno sguardo stupito.
« Sa avendo esperienza con gli esorcismi... Pensavo che forse... Ne eravate capaci.»
Mi guardò di nuovo e poi scoppiò a ridere. Il messaggero di Dio stava ridendo di me. La risata riecheggiava all'interno dell'edificio.

« Cara noi non pratichiamo esorcismi, non ci crediamo nemmeno. Perché lo pensi?»
Diventai rossa fino alla punta delle orecchie e mi sbattei una mano sul viso.
«Sa le campane alle 3, l'ora delle streghe...» rise di nuovo.
« É colpa del nostro pettirosso addestrato, di notte a volte scappa dalla serra del chiostro e vola sul campanile. Poi si nasconde sotto la campana ma non riesce mai ad uscire e così la campana suona. In teoria non dovrebbe essere funzionante. »
Ora ero arrabbiata. Un pettirosso addestrato era la causa della mia insonnia. Gli avrei volentieri scatenato contro Polpetta, quel concentrato di grasso e pelo che é il mio gatto, ma dubito che avrebbe fatto un salto più alto di mezzo centimetro. Probabilmente si sarebbe messo a rotolare sul pavimento, mentre starnutiva a causa del raffreddore che si prendeva tutti gli inverni.
«Un pettirosso addestrato male.» dissi con tutto l'acido in corpo.

Il prete mi guardò torvo. Ecco avevo fatto arrabbiare anche l'unico che era disposto ad aiutarmi.
« Non possiamo annullare nulla di inesistente. Comunque se crede di avere una maledizione forse se la é meritata. Dio non fa errori cara, fa progetti. »
Sì girò e mi lascio lì vicino ad una panca graffiata.
« Progetti venuti male. Bozze. » borbottavo mentre uscivo desolata.

Le Bozze di  DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora